Il cinema de laMeneghello
Razzismi d’Europa
“Animali selvatici”, il nuovo film del romeno Cristian Mungiu, racconta come gli orrori del razzismo siano arrivati ovunque in Europa, anche in Transilvania. Ma un’altra vita è possibile…
Chi sono gli animali selvatici che danno il titolo al nuovo film del regista romeno Cristian Mungiu? Siamo noi. Più aggressivi degli orsi che hanno ripopolato la Transilvania grazie ai finanziamenti della UE, più tragici dei vampiri leggendari di questo pezzo di terra tra Ungheria, Romania e Moldavia, boschi senza fine da cui si può solo fuggire per cercare lavoro in Germania, anche se i tedeschi li chiamano zingari. Animali selvatici è un film duro ma anche sorprendentemente poetico.
C’è innanzitutto una storia. Matthias, uomo taciturno e arrabbiato che lavora in un mattatoio tedesco, torna al suo villaggio in Transilvania, ha una moglie, un figlio piccolo ammutolito dalle paure suscitate dalle ombre del bosco, e l’amore per Csilla, una violoncellista sensibile e bellissima che dirige il panificio locale. L’inquietudine si respira fin dalle prime scene. A rivelare cosa si nasconde dietro la maschera di una comunità apparentemente solidale, basta l’assunzione nel panificio di tre lavoratori dello Sri Lanka. L’intolleranza verso chi è “diverso” esplode.
Quegli uomini con la pelle di un altro colore non possono impastare il loro pane, non possono entrare nella loro chiesa, devono andarsene. Non è un caso: gli “animali selvatici”, benedetti dal prete del villaggio, allevano i figli insegnando che la pietà è dei perdenti e che l’unico rapporto possibile, con gli orsi o con i propri simili, è sempre un rapporto di forza. È la grande menzogna che sta dilagando nell’Europa dei populismi e dei nazionalismi, Italia inclusa, purtroppo.
Il titolo originale del film è molto più rivelatore: RMN, ovvero la risonanza magnetica di un luogo, di una comunità, dell’intero Occidente. Mungiu esegue questo esame con determinazione chirurgica. Ma non si nega momenti di poesia e anche di mistero. Il piccolo Rudi rivela in un disegno che ha visto nel bosco un uomo impiccato, perciò la paura, perciò il mutismo. È la morte che farà davvero suo nonno. Premonizione? La poesia attende lo spettatore nell’ultima scena del film, una poesia che il regista ha voluto ermetica. Ringrazio l’amica Giusi Raimo per averne scoperto il senso. Matthias torna da Csilla, lei sta suonando il violoncello come fa tutte le notti, dal bosco emergono le ombre degli orsi incantati dalla sua musica. È il suo segreto, la rivelazione che un’altra vita è possibile, oltre le specie, oltre le etnie, oltre le paure.