Un Paese senza diritti
Pillole di destra
Una buona cartina al tornasole della politica della nuova destra sui diritti è fornita dagli orientamenti del governo sulla pillola anticoncezionale: ogni sforzo (e ogni propaganda) punta a premere sull'Agenzia del farmaco per bloccarne la distribuzione gratuita. Vediamo come
Ad aprile 2023, l’AIFA, l’Agenzia Italiana del Farmaco, ha concesso l’accesso gratuito alla pillola anticoncezionale a tutte le donne, un passo risolutivo in una vexata quaestio, ancora fortemente influenzata dalla Chiesa Cattolica. Cionondimeno, al governo sono bastate solo poche settimane per complicare la situazione. Nonostante l’aborto sia legale dal 1978, c’è ancora molta strada da fare in materia di diritti delle donne. L’accesso all’aborto rimane difficile a causa dell’alto numero di ginecologi che si definiscono obiettori di coscienza e rifiutano di praticare aborti, come consentito dalla legge italiana.
La distribuzione gratuita e incondizionata di contraccettivi in tutta Italia, concessa dall’AIFA, avrebbe invece seguito l’esempio di altri paesi europei come Spagna e Francia, nonché delle regioni Emilia-Romagna e Toscana, che hanno già approvato questa misura mesi fa. Il costo stimato per la misura sarebbe di 140 milioni di euro all’anno, una somma perfettamente sostenibile per lo Stato secondo quanto riportato da Wired. Le premesse per portare avanti l’agevolazione sarebbero promettenti, ma gli organi dell’AIFA controllati dal governo non sono d’accordo.
Nonostante i comitati tecnici dell’agenzia avessero già approvato la disposizione sulla contraccezione gratuita, il Consiglio di Amministrazione, l’organo che sovrintende alle decisioni dell’agenzia, ha bloccato la misura sollevando diverse preoccupazioni. Queste vanno dalla salute fisica delle donne alla diminuzione delle nascite, a motivi religiosi e morali. Le preoccupazioni sollevate dal governo non sono solo dichiarazioni politiche alla stampa, ma anche opinioni che trovano spazio nel Consiglio di Amministrazione, che ha il potere decisionale finale, ed è fortemente influenzato dalla politica attuale, a partire dal suo consiglio di amministrazione, che è nominato dal Ministro della Salute. È da sottolinare che l’accesso alla contraccezione non rientra tra le cause effettive del basso tasso di natalità in Italia.
Il consiglio dell’AIFA è composto da cinque membri, tre dei quali sono occupati da persone vicine alla Lega o che ne fanno parte. L’organo più importante dell’agenzia è pertanto attualmente governato da figure conservatrici, se non di estrema destra, i cui partiti da tempo si sono pronunciati contro il diritto delle donne all’aborto e hanno strizzato l’occhio a organizzazioni come Pro Vita & Famiglia. Parlando con Ansa.it della misura proposta, Maria Rachele Ruiu, membro del consiglio di Pro Vita & Famiglia, ha recentemente detto: “Non c’è nulla di più pericoloso per la salute delle donne che banalizzare questioni che le riguardano direttamente, come l’aborto, la contraccezione, il genere e la prostituzione”.
Il consiglio di amministrazione non solo ha messo in discussione se la contraccezione debba essere rimborsata per tutte le donne in età fertile, ma ha anche suggerito che dovrebbe essere disponibile solo per coloro che hanno difficoltà finanziarie o che rientrano nell’età compresa tra i 19 e i 26 anni. Il governo di destra, che da quando Giorgia Meloni è stata eletta ha fortemente sostenuto i cosiddetti valori tradizionali della famiglia e ha dato priorità al basso tasso di natalità in Italia, si era già opposto alla decisione iniziale presa dall’AIFA.
In particolare, Lavinia Mennuni, senatrice di Fratelli d’Italia, ha chiesto all’agenzia di riconsiderare la sua decisione e di concentrarsi sul sostegno alla gravidanza e alle famiglie. Ha suggerito anche che dovrebbe essere il governo ad avere l’autorità per decidere sulla disponibilità della pillola contraccettiva, anziché l’AIFA.
È preoccupante come non sia stata data alcuna considerazione alle vere cause del basso tasso di natalità in Italia, come la mancanza di mezzi che le famiglie hanno per crescere effettivamente i figli. Si sono invece incolpati la contraccezione e l’aborto, qualificandoli come strumenti egoistici che le donne usano per non creare una famiglia. Ironia della sorte, se il governo è così contrario all’aborto, dovrebbe considerare le statistiche dell’Emilia-Romagna e della Toscana, che hanno dimostrato come la contraccezione gratuita abbia ridotto notevolmente le richieste di aborto. Questo dovrebbe essere un obiettivo del governo stesso, dal momento che si è pronunciato contro l’aborto e desidera limitarlo. In ogni caso, l’accesso alla contraccezione in Italia è già limitato, e non solo le richieste di aborto sono più elevate nelle regioni in cui l’accesso alla contraccezione è più limitato, ma il basso tasso di natalità persiste in tutto il paese, nonostante le limitazioni.
Si ipotizza che la strategia del governo sia un tentativo di ritardare l’approvazione della misura da parte del Consiglio di Amministrazione dell’AIFA, fino all’entrata in vigore della riforma dell’Agenzia; riforma che è stata all’ordine del giorno del governo di Giorgia Meloni fin dal via libera dei due comitati tecnico-scientifici alla distribuzione gratuita della pillola.
Questa riforma, che eliminerebbe la figura del direttore generale e unificherebbe i due comitati tecnici, potrebbe essere un modo per limitare l’autonomia dell’agenzia. Attualmente ci sono un presidente (nominato dalle amministrazioni regionali) e un direttore generale (nominato dal Ministero della Salute): queste due figure concilierebbero sia l’aspetto politico che tecnico dell’organizzazione. La riforma metterebbe tutto il potere nelle mani di una sola persona, rendendo l’Agenzia meno tecnica e più politica. Il governo ha giustificato ciò dicendo che l’Agenzia attualmente è troppo lenta nel processo decisionale.
Nel frattempo, oltre a quella di Pro Vita & Famiglia, si sono moltiplicate le opinioni radicali nei confronti dei diritti delle donne. I gruppi anti-aborto in Italia hanno intensificato la loro opposizione alla legge 194 e il governo di destra di Giorgia Meloni ha mostrato tolleranza per questi gruppi opponendosi all'”ideologia del gender”. Le associazioni, a loro volta, hanno affermato di “concordare al 100% con Meloni” poiché ha promosso proposte di legge volte a limitare il diritto all’aborto nel paese.
Tra le altre cose, Meloni ha parlato al controverso Congresso della Famiglia che si è svolto nel 2019 a Verona. Il congresso è stato oggetto di dibattito nella stampa ed è stato definito omofobo da diverse associazioni; le polemiche hanno, tra le altre cose, riguardato gli organizzatori del congresso che hanno distribuito gadget in plastica a forma di feti con la frase “l’aborto ferma un cuore che batte”. Questo approccio all’aborto non dovrebbe sorprendere, dal momento che l’anno scorso il senatore Maurizio Gasparri, rappresentante di Forza Italia, ha proposto un emendamento al codice civile che riconoscerebbe il feto come essere umano, classificando di fatto l’aborto come omicidio.
Il risultato di questa confusione intellettuale è un preoccupante rovesciamento dei diritti delle donne.
Anche se il governo fosse davvero intenzionato a proteggere i diritti dei bambini non ancora nati limitando l’accesso alla contraccezione, come hanno ammesso loro stessi, il basso tasso di natalità in Italia persiste. Nel frattempo, finora le statistiche mostrano che migliorare l’accesso alla contraccezione non ridurrebbe il tasso di natalità, ma al contrario, ridurrebbe il numero di aborti praticati, che in alcuni casi sono fisicamente ed emotivamente pesanti per le donne. Il risultato di questa confusione intellettuale è un preoccupante rovesciamento dei diritti delle donne, che può avere conseguenze altamente negative per i genitori e i loro figli in futuro, poiché costringerebbe coloro che non vogliono farlo a crescere un bambino non desiderato e, molto probabilmente, infelice.
Al contrario, i cittadini e i parlamentari dovrebbero chiedersi come creare un Paese in cui le giovani coppie, che desiderano iniziare una famiglia, possano davvero farlo.
Originariamente pubblicato su commonspace.eu. La fotografia accanto al titolo è di Roberto Cavallini.