Gabriella Pistone
Un convegno a Roma

Qualcuno era di sinistra

A cent'anni dalla nascita, un incontro ricorda la figura di Lucio Libertini, militante della buona politica, uomo che scelse la missione di stare dalla parte di chi voleva risolvere i problemi dei più deboli

Questa mattina, dalle ore 10,30 presso Palazzo Giustiniani a Roma e nel pomeriggio, alle ore 15, presso il Centro per la Riforma dello Stato Fondazione Basso, in via della Dogana Vecchia a Roma, si svolgerà un incontro su “Lucio Libertini: il socialismo in azione”. Anticipiamo l’intervento che terrà Gabriella Pistone.


Quando la primavera scorsa (2022) ho ricevuto dall’Archivio Marini di Pistoia un invito affinché li contattassi e il segretario dell’attuale comitato nazionale Roberto Niccolai mi disse che si trattava dell’idea di ricordare Lucio Libertini per i cent’anni dalla nascita, non vi nascondo che ho provato una forte emozione. L’idea mi è giunta del tutto inaspettata, anche se da tempo molto desiderata. E oggi siamo qui, a cent’anni più uno dalla sua nascita e a trent’anni dalla sua morte. E al Senato dove lui ha lavorato incessantemente per oltre vent’anni lo ricordiamo in un convegno insieme ad importanti relatori: Pier Ferdinando Casini, Aldo Agosti, Giovanni Russo Spena, Anna Finocchiaro, Claudio Signorile, Piero Fassino, Fausto Bertinotti.

A seguire si svolgerà un altro incontro al Centro Riforma dello Stato con altri relatori, tra i quali mi piace citare Fabio Maria Ciuffini, Giorgio Benvenuto, Roberto Musacchio, Vincenzo Vita, Michele Prospero e ancora Fausto Bertinotti.

E Lucio lo merita davvero questo ricordo: il suo impegno, la sua passione politica lo meritano davvero, i suoi scritti, i suoi percorsi, le sue idee, le persone che hanno lavorato con lui e per lui lo meritano come pure i suoi familiari e gli amici che lo hanno amato, seguito e stimato. 

Quindi potete immaginare la gratitudine che sento per l’Archivio Marini – oltre il secolo breve, che ha voluto coinvolgermi in questa avventura (perché tale è stata!) presentando al Ministero della Cultura un progetto per ricordare Libertini, al quale abbiamo lavorato come comitato nazionale scientifico con dedizione con passione e anche con molta cordialità reciproca. 

Io ho conosciuto Libertini nei primi anni Ottanta; poi sono stata accanto a Lucio con mia figlia Cristina per ben undici anni. Sono stati anni molto importanti per me, per noi, sia politicamente ma soprattutto umanamente. Un uomo con un sorriso dolcissimo, molto attento agli affetti, assai generoso. 

In fine il grande dolore per la sua morte e il grande rammarico che se ne sia andato troppo presto quando era ancora ampiamente immerso nella lotta politica e quando aveva iniziato a scrivere un libro di storia (non autobiografico) Lungo viaggio nella sinistra italiana prima nel ‘90 in Sardegna per poi in seguito continuarlo a Roma. 

Poi a gennaio ‘91 il Congresso di Rimini dove prese vita Rifondazione Comunista e poi la morte il 7 agosto del ‘93. 

Ricordo che Lucio, da capogruppo, solo dieci giorni prima di morire, il 29 luglio, parlò in aula del Senato con un ampio intervento in occasione della discussione della Legge di programmazione economica e finanziaria per il 1994.

Poi è cambiato il mondo ma l’esigenza delle classi più svantaggiate in nome di una società più giusta non è cambiato affatto, anzi. 

Lucio era un uomo molto impegnato con una capacità lavorativa senza pari, un vulcano di idee e di progetti, un uomo molto curioso, che amava approfondire e studiare, davvero appassionato e convinto degli argomenti di cui scriveva e parlava. I suoi interventi in Parlamento di una chiarezza e di una semplicità senza pari fino all’ultimo giorno della sua vita, sono la testimonianza di quanto tenesse a portare avanti il suo lavoro, il programma di modernizzazione dell’Italia attraverso una programmazione del territorio, della stretta connessione tra territorio e ambiente, quale nodo essenziale dello sviluppo, di un sistema integrato dei trasporti e le sue valenze economiche e sociali, una seria programmazione del mercato delle abitazioni e via dicendo. Coniugando sempre tutto questo con la centralità sociale. 

Questi temi trattati da lui in Parlamento, nelle assemblee pubbliche di partito, negli incontri di settore con i responsabili dei coordinamenti tematici, nella famosa rivista di settore ParComit, da lui ideata e fortemente voluta, sono raccolti anche in una pubblicazione che costituiva il programma dei settori da lui diretti presentata nel congresso del PCI dell’ormai lontano 1985.  Sono di una modernità e di una attualità strabiliante. 

Riprendo solo due capoversi, a sfondo politico-sociale, di questo scritto che recitano così: “Scopo di questo scritto è proprio quello di trarre il bilancio di una complessa esperienza di lavoro in un comparto tanto vasto e importante (ambiente, casa, trasporti, servizi e comunicazioni, sono almeno un terzo del sistema economico), di indicare il filo rosso di un discorso di prospettiva, e di raccordarlo ad un ragionamento politico più generale sulla lotta sociale e politica in Italia e sul ruolo del PCI”.

“Condivido il fastidio che molti provano nell’ascoltare o nel leggere interventi nel dibattito comunista che, riproponendo in astratto, o nel fumo di vaghi ideologismi, la questione del capitalismo e del socialismo, sviano dai problemi reali e riportano indietro la discussione e la ricerca. E il fastidio diviene irritazione di fronte ad interventi come quelli di Carandini su Repubblica, che tratta il PCI – una forza di milioni di uomini, uno dei due grandi partiti italiani – alla stregua di un bambino scemo che debba essere condotto per mano a rifarsi un volto, una identità e perfino un nome, accomodandosi sull’esistente, rinunciando alle ragioni originarie che l’hanno fatto sorgere e crescere sino ai livelli attuali (…). Esso nasce da tutti coloro che, in un modo o nell’altro, sostengono che il socialismo sia una cosa vecchia, superata, ammuffito il marxismo, spenti i miti del comunismo (e non mi riferisco ai socialismi “reali” dell’Est), e che dunque rimarrebbe in piedi solo il modello del riformismo socialdemocratico, tuttavia anch’esso messo in discussione da un ritorno liberista. Si sostiene da questa parte che in un mondo nel quale le classi vanno scomparendo e le condizioni di produzione si trasformano, il movimento operaio e la sinistra sarebbero sopravvissuti a sé stessi, privi di strumenti culturali per analizzare il corso della storia o individuare una prospettiva. Su questa base si invitano i comunisti italiani a compiere un salto storico, ad accettare il sistema come è, adeguandosi ad una linea socialdemocratica di basso profilo”.

In sostanza rifiutando tutto questo, riporta nel suo scritto un’analisi approfondita che valorizza il servizio di un benessere sociale e di una centralità dell’individuo da cui non si deve prescindere. E traccia una modernizzazione anche del Partito. Ho trovato utile riportare questi virgolettati poiché mi sono sembrati di una particolare attualità.

Certamente un precursore, un visionario concreto che già nell’85 parlava compiutamente di alta velocità, di metropolitane, del Mose di Venezia, del Ponte sullo Stretto, di piani alloggiativi, di programmazione del territorio, di politica fiscale, un uomo che continuamente ripeteva bisogna entrare nel merito dei problemi, non fermarsi alla superficie e ai luoghi comuni.

Non sono entrata e non voglio entrare nelle pieghe del suo percorso politico, iniziato nel lontano ’45 passando attraverso varie fasi politiche e terminato con Rifondazione Comunista, che ha sempre pensato come un Partito e mai come un Movimento, perché altri storici, politici, costituzionalisti, tecnici, lo hanno fatto benissimo e, con molta competenza, ne hanno tracciato il carattere ricordando il valido contributo che un uomo come Lucio insieme ad altri compagni nelle fasi diverse della sua vita politica ha lasciato al variegato mondo della sinistra italiana.  Posso dire in conclusione che non ho conclusioni da fare se non ringraziare tutti coloro che hanno partecipato a questo progetto e che interverranno ai prossimi eventi organizzati in memoria di un uomo che certamente non aveva nulla di antico ma, fermo nei suoi principi ispiratori, “che le classi esistono eccome”, è stato nella modernità un grande anticipatore.

Facebooktwitterlinkedin