Coincidenze letterarie
Da Vesper a McEwan
Storia di un incontro mancato tra il romanzo-saggio di Bernward Vesper, "Il viaggio" e il nuovo libro di Ian McEwan, “Lezioni” che lo richiama (per non dire che lo ricalca) senza mai nominarlo...
C’è un antefatto dal quale partire per questa doléance senza cahier: il romanzo-saggio di Bernward Vesper (nella foto qui accanto) Die Reise (März-Verlag KG, Jossa 1977) tradotto in italiano da Bruna Bianchi, Il viaggio (Feltrinelli, 1980). L’ho letto appena uscito con grande interesse; per i molti temi affrontati e anche per l’incompletezza, dovuta al suicidio dell’autore, che ha trasformato quelle 469 pagine in un grande affaccio sul suo ambizioso laboratorio.
Nel 1967, dall’unione tra Bernward Vesper e Gudrun Ennslin, nasce Felix a cui Il viaggio è dedicato (Esiste un lettore di questo libro. Felix). Nel ’68 Gudrun Ensslin abbandona compagno e figlio per legarsi ad Andreas Baader e alla lotta armata (con altri fondano la RAF, Rote Armee Fraktion).
Nel 1971 Bernward Vesper muore suicida nella clinica psichiatrica di Hamburg-Eppendorf.
Imprigionata nel 1972, assieme ad altri membri della RAF, Gudrun Ennslin muore “suicida” (stando alla versione ufficiale) nel carcere di massima sicurezza di Stammheim la notte del 17 ottobre 1977 (oltre a lei, quel “suicidio collettivo” ha coinvolto anche Andreas Baader e Jan-Carl Raspe. Irmgard Möller sopravviverà alle ferite).
Pubblicato incompleto sei anni dopo la morte dell’autore, Il viaggio è definito, dalla «Stuttgarter Zeitung», “il tentativo di descrivere con assoluta sincerità le lotte, la disperazione, l’impotenza e l’onnipotenza della generazione extraparlamentare”.
Per la sua articolata struttura (tre viaggi al contempo: uno fisico da Dubrovnik a Tubinga, uno psichedelico e uno nel passato nazista del padre di Vesper “un bianco raggio di luce collegava la sua figura con la figura di Adolf Hitler”), per il tragico destino dell’autore e per essere specchio fedele di uno dei momenti più critici della storia tedesca postbellica, Il viaggio è un libro importante, al quale la nicchia dei pochi lettori che non smettono di apprezzarlo continua ad andare stretta, ma tant’è.
Tracciato a grandi linee l’antefatto, passiamo al fatto. Ovvero, il modo singolare con cui l’ultimo romanzo di Ian McEwan – Lezioni (Einaudi, 2023), traduzione di Susanna Basso – si lega al romanzo di Vesper riuscendo a non farne mai parola.
A un terzo circa del libro il protagonista di Lezioni, Robert Baines, dopo il concerto di Bob Dylan a Londra del 1981 incontra per caso l’anglo-tedesca Alissa, quattro anni prima sua insegnante al Goethe Institut. Robert sa che lei ha cominciato a cimentarsi con la scrittura e le chiede notizie del suo romanzo: “Continua a crescere. Ma ci siamo quasi” risponde lei.
Due anni dopo quell’incontro casuale Alissa si presenta a casa di Robert. Nasce una relazione, convivono. Nel 1985 hanno un figlio. Non dura molto perché lei, senza una spiegazione, lascia Robert e il figlio di pochi mesi. Anzi, sparisce, al punto che per tre anni attorno a Robert prendono corpo spiacevoli sospetti polizieschi sulle cause di quella sparizione. In realtà lei è tornata in Germania, oltre che per fare i conti con la propria origine, per scrivere. In breve, ha successo e diventa famosa grazie a un romanzo, Die Reise, Il viaggio…
A questo punto della lettura, ho subito pensato a un’imminente triangolazione col romanzo di Vesper. Nella realtà, è pubblicato circa dieci anni prima di quello pubblicato, nella finzione, da Alissa, difficilmente avrebbe potuto sfuggirle. In Lezioni la Storia è così presente da diventare una sorta di continuo deuteragonista, e Alissa vive in Germania, scrive in tedesco, nella sua famiglia si sono occupati di antinazismo (la madre ha fatto ricerche sulla vicenda della Rosa Bianca), è insomma un’intellettuale attenta alla dimensione civile e politica di una nazione divisa e votata a riunificarsi. Molto difficile immaginarla all’oscuro del romanzo di Vesper. Se anche lo avesse ignorato lei, il suo editore avrebbe dovuto avvertirla che non poteva servirsi di un titolo così tragicamente già impiegato (gli editori certe cose le sanno).
Ma giunto alla fine, letti anche i ringraziamenti di McEwan, de Il viaggio di Bernward Vesper non ho trovato traccia. Indispettito per quello che mi sembrava un incomprensibile silenzio, ricordo di aver avuto la tentazione di chiederne conto ad Alissa, e subito, esaurita tutta la sospensione dell’incredulità concessa, avendo ricordato che un personaggio di romanzo è molto simile a un figlio minorenne, e perciò è irresponsabile, dentro di me ho accantonato Alissa e ho posto la domanda a McEwan.
McEwan, gli ho chiesto dentro di me, sapevi o non sapevi dell’esistenza del libro di Vesper quando hai deciso di dare quel titolo al libro del successo di Alissa? Se sapevi, interessato come sei a far scorrere il romanzo nei visibili argini della Storia, perché non hai fatto interagire Alissa con Vesper (una parolina, un accenno, un pensiero su quanto ingiusto fosse il silenzio su quell’unica opera dello sfortunato scrittore, suo conterraneo)? Quandanche questa interazione si fosse posta di traverso sulle ragioni di una trama che non poteva permettersi infedeltà al progetto, perché non hai citato almeno tra i ringraziamenti anche il libro di Bernward Vesper come ispiratore di quello scritto da Alissa?
Se invece sia tu che i tuoi editori ignoravate l’esistenza del Die Reise originale (volendo ambientare un libro di successo negli anni Ottanta/Novanta in Germania, una piccola ricerca in rete sarebbe stato il caso di farla), se lo ignoravate, dicevo, ammetterai che è una bella coincidenza che oltre a usare quel titolo tu abbia costruito un personaggio femminile, Alissa, così simile, per certi versi a Gudrun Ensslin nella decisione di lasciare compagno e figlio per seguire il proprio daimon. Certo, in quella strana letteratura di serie B che è la realtà, Die Reise lo scrive l’abbandonato Bernward che infine è così gentile da prestare, nella finzione romanzesca e senza che nessuno lo sappia, il titolo della sua unica opera a un’Alissa troppo presa dall’edificazione di sé da non avere neanche lei il tempo di verificare l’originalità del suo titolo (e neanche lei, com’è successo a te, Ian, è stata supportata dai suoi editori).
Da molto, non seguo i supplementi cultura dei quotidiani però, in rete, schegge superficiali di quanto si muove nell’ambito delle loro pertinenze le colgo, e poi frequento ogni mese un gruppo di lettura dove tutti, invece, non solo non si perdono mezzo supplemento ma fanno di quelle assidue letture il baricentro dei loro orientamenti. Insomma, anche se non mangio, annuso, e fra le tante cose sentite, lette, orecchiate intorno a Lezioni, mai nessuno che abbia colto, anche solo di sguincio, questo incontro mancato fra realtà e finzione; ipoteticamente vicine a riconoscersi, ma così incapaci di farlo da causarmi un dispiacere infinito (temo che oggi, un libro come Die Reise, non apparirebbe in nessun supplemento cultura).
Da ciò, la profonda gratitudine per chi volesse o smentire la mia scontrosa disinformazione citando l’articolo che invece, grazie a Lezioni, avrebbe interrotto la forzata inesistenza di Vesper, o convincermi, altrimenti, che non devo provare disappunto per il silenzio che continua a perseguitarlo anche quando l’occasione di esistere si è presentata perché, come si dice, in letteratura, date le frequenti affinità tra simili, le coincidenze sono all’ordine del giorno. E poi, insomma, cosa voglio? Se uno arriva a sparire, be’, in qualche modo se la sarà anche voluta.