Italiani in Sudamerica
I “papaya Salvietti”
Storia della famiglia Salvietti, tra La Spezia e La Paz: una saga che incrocia l'Italia alla Bolivia mescolando avventure di emigrazione e successi imprenditoriali. Fino alla costruzione di un piccolo impero commerciale
Dici Salvietti e pensi allo Spezia. Libero Salvietti è stato un mito delle aquile negli anni Trenta, passato alla storia per i suoi gol direttamente da calcio d’angolo, quindi, è stato allenatore nella stagione 1953-54, di nuovo agli inizi degli anni Sessanta e per l’ultima volta nel 1969. Ma pochi sanno che un altro Salvietti è diventato un marchio conosciuto in tutto il Sud America. Finita la Prima guerra mondiale, Dante Salvietti nel 1918 partì dalla Spezia, lasciando in Italia i genitori, nella loro piccola mescita di vino e dieci fratelli. Voleva andare in America per assicurarsi un futuro migliore. Cercava gli Stati Uniti, ma a Genova salì su un transatlantico che lo portò in Sud America, attraversò lo stretto di Drake, voltò dall’altra parte del Pacifico e lo scaricò ad Antofagasta, in Cile. Non si sentiva troppo contento di quella destinazione e con spirito d’avventura salì sino in Bolivia con in tasca un biglietto con l’indirizzo di un’altra famiglia spezzina, i Mosca, immigrati anche loro, che vivevano lassù. Raggiunse a La Paz, si spostò a Chulumani e cominciò a mettere in pratica i suoi progetti. Si ricordava di una ditta che vendeva gazzose alla Spezia e lui voleva avviare una fabbrica di bibite e sciroppi.
Fu proprio in quella cittadina che Dante iniziò a sperimentare la miscela di estratti di frutta, acqua di sorgente e ginger seltz. Un po’ scienziato, esploratore e uomo d’affari, scoprì per caso un frutto speciale, dalla polpa fresca e dal sapore incantevole, la papaya di Chulumani. Avviò un impianto di lavorazione piuttosto rustico, a mano, nel clima tropicale e subtropicale della jungla boliviana, utilizzando come assaggiatori i contadini e i proprietari terrieri che vivevano negli Yungas. Nel 1920, l’imprenditore riuscì a introdurre per la prima volta nel mercato boliviano un prodotto chiamato “Champan Cola” in un contenitore di vetro importato dall’Inghilterra, allora all’avanguardia. Ma il suo design è stato cambiato più volte. Una notte un branco di muli che trasportava un grosso carico si imbizzarrì, entrò nella piantagione di papaya e la distrusse interamente. Fu la spinta per tornare nella capitale, come racconta Mauricio Belmonte Pijuan nel libro Polenta, Familias Italiana en Bolivia.
In Calle Loayza avviò un vero impianto industriale, chiamando dalla Spezia i fratelli Ruggiero e Pierino che arrivarono a La Paz in date diverse. Tutti insieme, i tre i fratelli Salvietti avviarono la più laboriosa industria di bibite della Bolivia di diversi gusti e con colori che attraggono alla vista. Lo sciroppo di papaya dolce e aromatico prodotto negli Yungas si trasformò gradualmente fino a diventare una consistenza gassosa ed effervescente, come è noto ancora oggi. Crescendo ancora l’azienda si spostò in Calle Calama, vicina a piazza Riosinho con l’insegna Yungas di La Paz.
Sposatosi con una boliviana, Esther Nieto, ebbe tre figli, Guillermo, Mario e Anselmo. Nel 1954 decise di tornare alla Spezia, dove morì nel 1974. La Papaya Salvietti è diventata uno dei prodotti tipici della Bolivia e lui un personaggio della storia cittadina di La Paz. Ancora oggi si narra che Dante Salvetti, passeggiando nel boschetto Pura Purao, udì uno strano rumore tra i cespugli. Era un folletto che per ricompensa gli fornì una nuova ricetta per la papaya in cambio di comparire sulle etichette delle bottiglie. Così la Papaya Salvietti ha come immagine un ometto barbuto con un’enorme papaya che non svelerà a nessuno la formula segreta della sua invenzione. La ditta è però fallita nel 1995 per riaprire 2015, quando la soda è stata rilanciata sul mercato e il folletto è ricomparso negli scaffali dei negozi. In piena salute, la fabbrica Gaseoas Salvietti del Sur, trasferitasi a Sucre dal 1977, ha compiuto cento anni, gestita prima da Anselmo Salvietti, successivamente dal figlio Armando, adesso da Gabriele Salvietti, pronipote di Dante. Oltra la tradizionale papaya e all’acqua gassata e naturale, la società produce bibite al chinotto, alla cola, all’arancia, limone, pompelmo, fragola, ananas e da ultimo al ginger, un prodotto speciale fabbricato dal 2013 e succhi di frutta in bustine, simili a quelli che Dante inventò per la prima volta a Chulumani.
Oggi i Salvetti hanno aziende nei dipartimenti di Santa Cruz, Potosí, La Paz, Cochabamba e Sucre. Un colosso da 100 mila bottiglie al giorno, frutto di un visionario che è partito dalla Spezia per giungere nel cuore del continente latino-americano.