Paola Benadusi Marzocca
“Crocifisse di Ruggero Marino

La Poesia contro il femminicidio

Una raccolta di versi limpidi e diretti “come un pugno nello stomaco”. Dedicati alle donne vittime di violenza, per rendere loro omaggio, per risvegliare le coscienze su un dato inconfutabile che riguarda tutti: nel 2022, ogni tre giorni è stata uccisa una donna

C’è un quadro di Goya in cui una dama vestita di bianco si stacca dallo sfondo nero con sguardo stizzito e un po’ folle: suscita un senso di morte. Lo stesso che avvertiamo nelle suggestive e limpide poesie di Ruggero Marino raccolte nel suo ultimo libro, Crocifisse (FlyBook 5.0, 11 pagine, 15 euro): ragazze, donne, bambine, vittime innocenti, costrette a viva forza a recitare un ruolo, con la rigida stereotipicità dei manichini. Uccise da uomini malvagi, e non da “bestie”, come qualcuno ama definire gli assassini. È l’uomo il più sfrenato e crudele predatore del pianeta. “Orrore” è la parola più adatta dinanzi a questi fatti di cronaca nera, poiché, come diceva Bernard Shaw, «un leone ben nutrito è meno pericoloso» di molti esseri umani. 

Ed eccole le donne evocate da Marino. Jenniver: «Diciotto anni/ riversi nell’erba/ della grande mela/ fra gli scoiattoli / del Central Park…». Strangolata dal fidanzato. Ursula: «Ursula a dieci anni attraversa/ il bosco della Baviera/ con la bici rossa/ come nelle favole…». Sparisce, passeranno troppi anni per ritrovare la sua bara: «È una scatola di legno… Una bara per prigione…». Anche lei è stata uccisa. E come loro tante, troppe per essere contenute in un libro; quante ancora dovranno essere uccise solo per il fatto di essere nate donne? Così il doloroso elenco si svolge, pagina dopo pagina. 68 poesie, quasi delle “ballate”, dove oltre alle vittime appare qualche carnefice, “Ed il macellaio”, il “Serial killer”, e quell’atto indicibile, “Lo stupro”. La violenza estrema che investe ancora oggi più che mai le donne non solo nel nostro Paese, ma in tutto il mondo, ricorda quanto per loro – donne, bambine o adulte – sia difficile affermare il proprio diritto alla vita e alle proprie scelte. 

Colpisce, a questo proposito, ciò che spiega Giuseppe Carrisi nella Prefazione: «Certo l’Italia non è il Messico, il Paese dei femminicidi per eccellenza. Oltre tremila la media delle donne uccise in un anno, in un mix di criminalità e cultura machista. Ma anche noi stiamo vivendo un’emergenza sociale senza precedenti. Lo dicono i numeri. Freddi, impressionanti, che però fotografano una realtà inconfutabile. Un dato, in particolare, colpisce più degli altri: nel 2022, ogni tre giorni circa è stata uccisa una donna. E i conti sono presto fatti. Cambiano i luoghi, cambiano i pretesti, cambia l’età delle vittime e dei carnefici. La violenza assassina è sempre la stessa». Il tema della violenza investe in pieno anche gli uomini. Tanti sono gli interrogativi senza risposta, è una pretesa impossibile pretendere spiegazioni univoche. Si dovrebbe partire dall’origine della vita: è nata da una casuale sequenza di fatti inverosimili, o c’era all’inizio un disegno preciso? Perché ci sono due sessi? Si può distinguere fra il principio maschile e quello femminile? L’attuale e giusta tendenza all’uguaglianza dei diritti si scontra con una verità che non è soltanto storico-sociale. C’è un personaggio in un racconto di Karen Blixen che dice, a proposito dell’emancipazione femminile: «Per un certo periodo di tempo Adamo poté vagabondare a suo piacimento su una terra nuova e serena, tra gli animali, nel pieno possesso dell’anima sua… ma la povera Eva trovò l’uomo già insediato sulla terra con tutte le pretese su di lei sin dal primo momento in cui vi pose piede…». Le pretese si sono attenuate, forse, ma se diamo la caccia al tempo passato «dobbiamo accontentarci di acchiapparlo per la coda e alla rovescia».

All’inizio del movimento femminista parecchie giovani donne, le più intelligenti e geniali, uscirono dalla penombra di millenni per vivere libere, per recuperare il tempo in cui erano state in qualche modo prigioniere. Avevano fretta di assaporare fino in fondo i doni della vita. La propria esistenza sembrava a ognuna più importante di qualsiasi altra cosa. Destinate per tradizione a rimanere ferme, scoprirono per vari motivi l’avventura, la ricerca, cioè un altro modo di essere se stesse. E proprio il viaggio fu uno dei banchi di prova della libertà, perché anche se si rimaneva chiusi in una stanza come Emily Dickinson, c’era sempre uno spostamento, cosicché nessuna che attraversasse la poesia, o l’amore o la ribellione ritornava mai uguale a prima. Nell’area occidentale il femminismo si è affermato da tempo, le donne sono entrate nelle roccaforti del potere, della scienza, della legge. «Come gli Achei a Troia, si sono introdotte dentro le mura nascoste nel ventre di un cavallo di legno», possono ora procedere a fronte scoperta, abbandonando i travestimenti usati per imitare le professioni virili. Nonostante questo, spesso sono ancora schiave dell’armamentario psicologico e mentale degli uomini, della deformante influenza dell’altro sesso. 

Le poesie di Ruggero Marino hanno il merito di riportare l’attenzione proprio su questo. Come lui stesso spiega: «Nel nuovo secolo la brutalità non si arresta, anzi. E il virus, reclusi nelle case, ha moltiplicato gli agguati. Questa è la realtà di cui i versi si fanno portatori per scuotere le coscienze, con un pugno allo stomaco per chi legge… Sperando che almeno la poesia possa toccare gli animi. Un’opera dedicata alle donne, ma che andrebbe letta soprattutto dagli uomini». Un incoraggiamento a parlare senza nessun timore dell’essere umano femminile, a riconoscere la validità dell’elemento proprio della donna nel suo desiderio e nella sua volontà di scegliere se agire come persona insieme all’uomo. È la diversità che favorisce l’intesa e stimola l’ispirazione fondamentale per lo sviluppo e l’arricchimento di ognuno, uomo e donna che sia. Riconoscerla con rispetto aiuterà a riscrivere le storie interiori, forse a celebrare la rinascita di un nuovo umanesimo.

Nella foto vicina al titolo: “Desdemona” di Alexandre Cabanel 

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