Canto alla Resistenza
«E come potevamo noi cantare / con il piede straniero sopra il cuore…?». Se lo chiede Salvatore Quasimodo nei giorni dell’occupazione nazista. Versi che ancora ci raccontano e ci fanno ricordare i tanti che hanno combattuto e sono morti per la libertà. Nell’imminenza del 25 Aprile, festa della Liberazione. Per sempre
Il piede straniero sopra il cuore è quello dell’occupazione nazista, i poeti non potevano cantare, le cetre appese al triste vento, i figli crocifissi sul palo del telegrafo…Questo è il nostro paese, l’Italia, negli anni repellenti e nefasti del fascismo. Il grande poeta Salvatore Quasimodo rappresenta la tragedia della voce e del canto strozzati dalla violenza della dittatura, con la forza incantata e tragica di un lirico greco: traducendo quei poeti, in un’opera straordinaria, Quasimodo portava Mimnermo e Simonide e Saffo in lingua italiana, in una nuova voce.
E tragicogreco suona questo fermo e straziante lamento: da una parte il fascismo, con tutte le dittature, naziste, comuniste, tutte, dall’altra la poesia, la voce, il canto. La vita. Sono due realtà inconciliabili.
Dopodomani, 25 Aprile, si celebra l’anniversario della Resistenza, che per opera dei partigiani restituì all’Italia la dignità umiliata e sepolta da fascismo.
Ricordiamo Matteotti, e Piero Gobetti, e i fratelli Rosselli, i primi antifascisti, martiri, e poi i partigiani che insorsero contro nazisti e i loro alleati repubblichini fascisti.
Ricordiamo Fenoglio, il nostro maggiore narratore del Novecento, combattente partigiano negli Azzurri, e Italo Calvino, partigiano in un’altra formazione, ma sempre contro il Male e la volgarità incarnati e vestiti d’orbace dal fascismo.
Oggi, in un’Italia che da questi eroi e da tanti partigiani fu salvata e rifatta degna dei suoi padri, oggi persone legate ideologicamente al fascismo occupano importanti cariche politiche. Legittimamente: sono stati eletti democraticamente, esiste libertà di pensiero, e si tratta di persone che nulla hanno compiuto di illegale. Ma è triste che l’Italia di Pertini e di Ciampi, partigiani e padri della patria, sia finita così.
Povera patria mia, Resistenza, sempre!
Alle fronde dei salici
E come potevamo noi cantare
con il piede straniero sopra il cuore,
fra i morti abbandonati nelle piazze
sull’erba dura di ghiaccio, al lamento
d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero
della madre che andava incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafo?
Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento.
Salvatore Quasimodo