“La linea delle ali” di Donata Berra
Se le immagini generano i pensieri
Incisività e discrezione, forza, bellezza e «una lingua poetica squisita». Sono le peculiarità della voce dell’autrice milanese. Nella calibratissima raccolta antologica sulla soglia di oltre 30 anni di scrittura
Nella generale e forse fin troppo discussa difficoltà che incontra la poesia contemporanea – almeno in Italia – nel trovare ascolto presso un pubblico non circoscritto ai proverbiali “addetti ai lavori”, accade spesso di stupirsi della resistenza, e della perseveranza, che le piccole case editrici di qualità mettono in opera, a segno di una fiducia che parrebbe, ma per fortuna non è, degna di miglior causa. A tali piccole imprese si devono infatti scoperte e riscoperte significative, tuttoché fuori mercato, proposte che sfidano la cautela dei librai senza lasciarsi scoraggiare. La proposta di una raccolta antologica della poesia di Donata Berra, autrice milanese ma bernese di adozione sulla soglia di oltre trent’anni di scrittura, rientra certamente fra queste e va pertanto lodata (La linea delle ali, Manni, San Cesareo di Lecce 2022, 123 pagine, 16,50 euro). Il volume si presenta esile e dunque studiatissimo e calibratissimo nel dar conto di un percorso di singolare ricchezza e complessità espressiva, cui ci avvicina il bel saggio in postfazione di Pietro De Marchi nel porre in luce le due linee di fondo che a esso compresenziano: una affatto sperimentale, tendenzialmente ludica, l’altra di sapore elegiaco. E sono linee che balzano agli occhi nella loro nettezza di scansione e appaiono tuttavia connesse da imprestiti, legami segreti, in una resa sempre sorvegliata e senza smagliature. Sembrano, suggerisce con finezza ancora De Marchi, nutrirsi vicendevolmente conferendo alla voce quella peculiarità di timbro che la segnala a un tempo per incisività e per discrezione non di rado elusiva.
Tra tali coordinate prende posto una materia tra le più varie e vibratili, dove la profondità che a tratti sembra insondabile di un paesaggio va insieme allo schizzo tracciato su un carnet (Al porto II e Al porto III), l’èkphrasis più suggestiva con la meditazione sul tempo e la fugacità delle cose e degli affetti. Senza dimenticare naturalmente la “corda” ludica, per la quale più che ai limerick di un Toti Scialoja viene fatto di pensare alla pronuncia impeccabile di un Sandro Sinigaglia, con il suo corredo di ombre («Delle parole laparo aedo / torna ritorna o locupleto / aprile apri le labbra rosa / era all’inizio virgo vischiosa»).
Sono bellissimi i quadri dedicati a Bocca di Magra, nome che sta come un emblema luminoso della poesia italiana del secondo Novecento e parla di una filiazione letteraria, così come le Vedute bernesi, sette acqueforti accomunate dall’immagine di un ponte («E dopo il ponte / s’aprono a miglia i piani / su fino a nevi azzurre, fino a lontane / cime ineguali, digradanti / in cembri, larici, laghi, a eco: / per perdersi poi, lasciare / noi, qui, fuori misura […]», laddove il cammeo manzoniano viene dalla ventisettana, come tiene a precisare l’Autrice in una delle sue preziose note al volume, “per motivi fonici intrinseci al testo”). Colpisce la qualità visiva di questa poesia che tocca forse uno dei suoi vertici nella rappresentazione di un acero autunnale a sbalzo su un indimenticabile «sipario di aria purpurea», ed è la costruzione della mente a renderlo unico e irripetibile: «E tu lo guardi, allora, come / non più il tempo tuo / vi portasse un domani». Quanto suona conferma dell’esergo posto in apertura al libro: «Non sono i miei pensieri a generare le mie immagini, sono le mie immagini a generare i miei pensieri»; una frase di Dürrenmatt, autore di cui Donata Berra è da anni apprezzata traduttrice. E sono immagini che si segnalano per la loro forza e bellezza, e che una lingua poetica di fattura squisita, musicalissima, ci consegna nella luce di un’alba a riverbero delle Apuane come nell’ombra di un ritorno, perché se ne conservi il ricordo: «il ricordo dell’ombra del giardino / con l’odore del nespolo, e le ortensie / com’è solo delle vecchie ville, fuori tempo: / quando tu vieni dal brumoso nord, se guardi / giù dal ponte esile di Sesto Calende / vedi Casati in canoa: e ti riprende / la struggente fierezza, il male austero / di chi Milano sa, la taciturna».
Nell’immagine vicina al titolo: Carlo Carrà, Spiaggia a Bocca di Magra, particolare