Un racconto di amore inconsueto
Talia e lo psicologo
«La ragazza entrò in macchina disinvolta. Riccardo decise che l’attacco veloce e senza fronzoli fosse il più efficace, per cui, mettendo in moto, disse subito: “Come vedi, potrei essere tuo padre… ma sono contento di fare quattro chiacchiere con te, perché mi piaci molto”»...
Una volta, nelle piccole città, nei paesi, nelle culture particolari, i rifacimenti linguistici, le invenzioni espressive erano frequenti. Per esempio, in un paesino vicino casa mia, il ritratto fotografico veniva stupendamente ribattezzato: “’u tale e quale”. La stessa locuzione veniva talvolta usata per indicare l’immagine riflessa in uno specchio. Non sempre, però, l’immagine riflessa in uno specchio corrisponde alle aspettative dello specchiante, ed è quello che accadde al nostro eroe, il dottor Riccardo De Roberto, psicologo.
Il dottor Riccardo, nella sua immagine riflessa nello specchio, vide uno per niente “tale e quale” a quello che si era aspettato. Quasi un estraneo, antipatico, invecchiato, affatto attraente e, per la verità, se ne rattristò non poco, ma solo per due o tre minuti, infatti subito fu in grado di perseguire una serie di riflessioni che lo aiutarono a ritrovare fiducia in se stesso: il doppio petto in fresco lana di Cardin che avrebbe indossato, il dopobarba di Trussardi, la gestione della sua voce calda, suadente, adeguatamente modellata alla dolcezza virile e, soprattutto, i suoi modi di uomo sicuro di sé, come, del resto, ci si aspetta da uno psicologo. Insomma il dottor Riccardo all’appuntamento con la ragazza ci andò lo stesso. Gli piaceva molto questa ragazza intima della cassiera del bar da lui frequentato. L’ aveva notata in varie occasioni e aveva accettato volentieri la proposta di vedersi fuori dallo studio, come amici.
La ragazza entrò in macchina disinvolta. Riccardo decise che l’attacco veloce e senza fronzoli fosse il più efficace, per cui, mettendo in moto, disse subito: “Come vedi, potrei essere tuo padre… ma sono contento di fare quattro chiacchiere con te, perché mi piaci molto.”
La ragazza sorrise senza commenti. Riccardo proseguì secondo un modello collaudato: “Sai, stanotte ti ho sognata.”
“Davvero? E che avete sognato?”
Ho sognato, più o meno, quello che sta accadendo ora. Tu eri in macchina con me e indossavi la stessa maglietta rosa e la stessa minigonna di jeans.”
“Veramente?”
“Veramente. Il paesaggio, però, era diverso. Eravamo in un’altra città, antica, bellissima, con tante fontane. Una città completamente deserta. Solo noi due in macchina. Tu eri molto dolce e, a un certo punto, mi hai chiesto di baciarti.”
Anche questa volta la ragazza sorrise senza parlare. Riccardo guardò le cosce, erano fin troppo tornite, proprio quello che ci voleva per il genere di avventura che si immaginava si stesse profilando. Fece qualche considerazione sul traffico, poi aggiunse en passant: “Tu, ieri, hai chiesto di parlarmi. Allora, di che si tratta?”
“Forse, dottore, è meglio che prima troviamo un posto tranquillo – No di qua no, ci abita gente che mi conosce – Prendete la strada del Castello!”
La strada del Castello era la strada delle coppiette. “ Perfetto” pensò Riccardo.
“Come ti chiami?”
“Talia”
“Talia, per Bacco. Sai chi era Talia?”
“No!”
“Non lo sai? Talia era la musa della commedia. Ecco, tu potresti essere una bellissima attrice, che fai, frequenti l’università?”
“No, frequento un corso di taglio e cucito della Regione.”
“Ah, bene!… Ti piacerebbe diventare una sarta di alta moda?”
“E come no? Magari.”
Era maggio, faceva caldo. Riccardo imboccò la strada del Castello e si fermò apena vide un po’ d’ombra sotto un tiglio.
“Senti che profumo! Qui va bene?” Estrasse un pacchetto di Marlboro. “Fumi?”
Talia prese dal pacchetto una sigaretta, l’accese con un suo grazioso accendino Zippo e la mise sorridendo tra le labbra di Riccardo, poi ne prese un’altra e l’accese per sé.
Riccardo pensò che si fosse spontaneamente raggiunto un certo grado di intimità e che si potesse andare al sodo senza problemi. Invece i problemi c’erano e comparvero subito.
“Allora, Talia, ti ascolto, dimmi tutto.”
La ragazza sembrò raccogliere un certo numero di pensieri, poi parlò con voce pacata: “Io so che voi siete dottore in psicologia. Io sono fidanzata. Cioè… insomma sto con un ragazzo…”
“Cristo! – pensò Riccardo deluso – ci risiamo”. Gli seccava molto dover rientrare negli schemi mentali della sua professione.
“Allora?” disse con tono meno caldo e fascinoso.
“Voi mi dovete aiutare!”
“Che posso fare per te?”
“Il mio ragazzo si fa… si buca.”
“Eroina?”
“Si!”
“Da molto?”
“ Saranno un tre anni”.
“E anche tu hai fatto l’esperienza della droga?”
“No, no! Mai, non mi piace.”
“Gli vuoi bene?”
“Si, molto!”
“Beh… senti, i vostri rapporti sessuali sono buoni?”
“No, per niente… Cioè, quasi mai. Lui non può…”
“Capisco”.
“Insomma, io vorrei che voi… Insomma se potete aiutarci. Noi non possiamo pagare, però.
“Aiutarvi? E in che modo? Talia, personalmente non mi occupo di tossicodipendenti… Poi la psicologia clinica può ben poco in questi casi. La problematica della droga è vasta, le variabili che entrano in gioco sono molteplici…” Talia lo interruppe: ”Sentite, io vi piaccio?”
“Si! Te l’ho già detto, mi piaci molto.”
“Fareste l’amore con me?”
“Che domande, certo che farei l’amore con te.”
“Allora facciamo un patto: per ogni seduta che voi fate al mio ragazzo, dato che non possiamo pagare, io sono disposta a….”
“Ma tu sei semplicemente pazza. Ma chi credi che io sia?”
“Lo so che siete buono!”
“No, io non sono buono, ma non sono nemmeno una bestia. Come ti vengono in mente certe idee?”
Talia si commosse e con gli occhi lucidi lo guardò dolcemente, poi con uno slancio un po’ infantile lo baciò sulla guancia. “Grazie! Allora ci aiuterete?”
Talia, te lo ripeto, si può fare ben poco… Però… La vostra generazione… Non vorrei fare del moralismo, ma è difficile capirvi… comunque, fallo venire allo studio dopodomani… alle… aspetta!” consultò il taccuino degli appuntamenti. “dopodomani alle cinque, alle diciassette. Ora andiamo. – Guardò l’orologio – porca miseria, è tardi!”
Il ragazzo era un bel ragazzo, ma di quelli strani, astratti, quasi afasico. Venne per un paio di sedute, poi non si vide più.
Dopo quasi due mesi (la famiglia era in montagna), Il dottor Riccardo pensò di andarsi a fare un risotto alla marinara in un ristorante alla periferia della città, di fronte al castello medioevale. Era un ristorante famoso per la buona cucina e d’estate ci si stava bene, sempre che non ci fosse la baraonda dei banchetti nuziali. Ma proprio in quel giorno il locale era pieno di gente, che appunto festeggiava un matrimonio. Lui dette una sbirciatina nella sala e ritenne di andarsene, quando si accorse che la sposa, in posa per una foto di gruppo con i parenti, era quella Talia che gli piaceva. Lei lo vide e lo salutò con la mano, allegramente, col suo solito fare un po’ da bambina. Riccardo le si avvicinò.
“Ciao, Talia. In abito da sposa sei un sogno. Come stai? Ti auguro una grande felicità.”
“Venite! Vi presento mio marito. Questo è mio marito. Questo è il dottor De Roberto, dottore in psicologia”
Il marito di Talia era un giovanottone rubicondo, vestito da sottoufficiale dei carabinieri e con baffetti alla Clark Gable. Si inchinò, dando una mano gagliarda da agricoltore.
“Passavo di qua e avendo saputo che eri tu la sposa, ho voluto salutarti”
Lei divenne improvvisamente seria, si allontanò di qualche passo dal carabiniere e a voce bassa, disse: “Vi ricordate di quel ragazzo?”
“Certo, mi ricordo.”
“E’ morto. E’ morto una settimana fa.”
“Mi dispiace. Overdose?”
“Si!”
“C’era poco da fare, te lo dissi subito. Comunque ho piacere di averti rivista in questo giorno così importante per te”.
La baciò sulle guance, strinse la manona del carabiniere e se ne andò.
Rivide la ragazza esattamente dopo un anno.Talia si presentò nello studio, attiguo all’elegante appartamento della residenza familiare, quando lui aveva terminato l’ultimo colloquio clinico della giornata. Anche questa volta indossava la minigonna, ma era pallida e senza trucco.
“Madonna, quanto è bella” – Pensò Riccardo. “Che ti è successo, Talia?”
La ragazza guardava il pavimento e sembrava indecisa a doversi aprire. Riccardo osservò le lunghe ciglia nere e la dolcezza dell’ovale del viso, proprie di una giovane meridionale nel meglio della sua fioritura.
“Talia, ti vedo sconvolta. Che ti è accaduto?”
“Mio marito si droga!”
“Tuo marito? Il carabiniere?”
“Si, il carabiniere!”
“Questa poi…Ma come è possibile? E da quanto tempo?”
“Da sei mesi, da quando l’hanno messo nel reparto narcotici. C’è cascato come un fesso e non riesce più ad uscirne… Sapeste quanti ricatti dobbiamo subire.”
Aveva gli occhi lucidi. Riccardo ricordò il carabiniere rubicondo e un po’ gli venne da ridere. All’improvviso la t shirt nera, gonfia del petto generoso della ragazza, sussultò come un vulcano alla mercé di un bradisisma e Talia scoppiò in irrefrenabili singhiozzi, coprendosi il viso con le mani.
“Su, Talia, non fare così! Ti conosco come una ragazza piena di allegria e ora mi vuoi privare del tuo sorriso favoloso?”
A poco a poco, la ragazza si calmò e sollevò il viso rigato teneramente di lacrime. Lui, allora, lungamente la baciò. Quando le labbra si separarono, lei, con uno sguardo smarrito, disse: “Sono disperata, che devo fare?”
“Intanto spogliati!” E nel pronunciare queste parole con voce assai mascolina, il dotto De Roberto si sentì come il protagonista di un film americano che lo aveva fatto sognare negli anni giovanili.
Talia rispose: “Si, si!” E mentre si sfilava con qualche difficoltà la minigonna di jeans, gridò: “Fammi godere, ne ho bisogno, Fammi godere!”
Riccardo orgogliosamente non si risparmiò nelle prestazioni, ma, alla fine, avvertì il peso della strapazzata.
La ragazza, nel congedarsi, sussurrò: “Grazie, sei stato una potenza.” Poi aggiunse, toccandogli la bocca lievemente con un dito: “Non potrò più fare a meno di te. Ci vediamo domani.”
“Domani? Come domani? No, no, sono impegnatissimo. Ci vediamo nella settimana prossima.”
Rimasto solo il dottor Riccardo De Roberto psicologo accese una Malboro e passeggiò tutto nudo nel salotto di casa sua. Guardò l’orologio. “Strano che ancora non si siano fatti vivi”. Ma proprio in quel momento squillò il telefono. Era la moglie da Cortina.
“Come va, Tesoro? Io, pensa, ho finito adesso, Sì, sì, un caso particolare. Mi chiedi se sono stanco? Sono distrutto. Senti: i ragazzi? Dormono? Un bacione!Sì! Fa ancora molto caldo qui. Beati voi! Okay, Okay! Buona notte amore!”
Passeggiò ancora un po’, poi decise di trasgredire la dieta e si versò due dita di Chivas.
Stravaccato nell’ampia poltrona in cuoio, accese il televisore col telecomando. Sul terzo Gassman col figlio Alessandro recitavano Affabulazione di Pasolini.
Riccardo sbadigliò, sentì qualche battuta: “Te lo dico bonariamente, con la tua ironia che ti distacca dalla violenza della vita e della tua coscienza; ma questa tua vecchia abitudine al possesso è la tua morte. Morte che nessuno, mai, in nessun luogo piangerà…”
Ma ormai il dottor Riccardo De Roberto, psicologo, era stato vinto dal sonno e dormiva rumorosamente a bocca aperta.
La fotografia accanto al titolo è di Roberto Cavallini