Every beat of my heart
Nel tram dei sogni
Un «joyciano movimento delle parole in cui memoria e presente si fondono e confondono». Questo, secondo Roberto Mussapi, sono i versi di Franco Manzoni dedicati a Luciano Erba, poeta maestro, un «padre metafisico tra foglie a forma di cuore/ lungo un viale alberato in fiore»
Una lirica su un poeta che ti è stato maestro, o comunque il poeta che come un padre ti segue e accompagna. Franco Manzoni incontra, ricorda in questi versi, Luciano Erba, il poeta anziano che lo aveva seguito, ascoltato, forse anche indirizzato. Anche se poi ogni autore trova la prova via, quella di Manzoni è solo apparentemente lombarda quanto è lombardissima quella di Luciano Erba, la cui erba non evoca certo quella di Leaves of grass di Whitman, non “foglie d’erba” ma strade, case, mondo urbano e respiri agresti, un dettato originale raffinatamente semplice, lontano da quello di Manzoni, dove sentiamo come l’incontro, gli incontri e il ricordo del poeta maestro generano una sorta di stream of consciuosness, flusso di coscienza.
Niente di crepuscolare in questa memoria, ma la lucida resa in versi di come un poeta che ammiri e ti ascolta operi in te uno sconvolgimento. L’incontro con Luciano Erba non suscita commozioni, ma accende visioni, crea quel joyciano movimento delle parole in cui memoria e presente si fondono e confondono.
Il passeggero metafisico
a Luciano Erba
ogni mattina senza mai sognare
salgo sul 12 obliterando ove stai ritto distinto
a manovrare il tram dei sogni tuoi
puoi vedermi ringraziarti convinto
perché mi hai preso su con dolcezza
di padre metafisico tra foglie a forma di cuore
lungo un viale alberato in fiore
alla fermata facoltativa forse ultima
o ultimativa di chi è rimasto a mani vuote
di famiglia grande e figli o cavallina storna
quella di un tempo sospeso che non torna
per sempre si è dissolto se n’è andato via
così la tua voce di giovane saggio mi risuona
tuona lungo il verde di una Villapizzone anni ‘60
mi rincuora oltre le rotaie di stazione e la periferia
quando saturi le mie vene dilaniate dalla Bestia
portandomi tra campi incolti e soglie di vario paradiso
mentre dalle cicatrici in fine di un calvario
sboccia tra cipolle una Milano sempreverde di onde
marine le conchiglie empiono la Darsena o l’anima
tuberose germogliano nel cortile del Castello
quando a spaventapasseri e zombi tocca di sparire
sul più bello ti guardo gli occhi limpidi sereni divenire
santi, sai, mi esce poi un largo atteso sorriso
improvviso che quasi non ci credo se lo vedo
tu canti leggero in un fruscio di nebbia che fonde le cose
zitto passeggero tra nebulose mi confonde
Franco Manzoni
Da Nel temperamento disequabile, 2010