A proposito di "Voltami"
Scolpire i pensieri
Il nuovo romanzo di Savina Dolores Massa racconta la storia di una donna dell'altro secolo, sospesa tra pittura e scultura, che per vive realizza "protesi". Fino a cercare di ricostruire i pensieri e gli stati d'animo dei suoi "pazienti"
La possibilità di ricrearsi un volto e far dipendere da questo un nuovo percorso di vita è una fantasia che forse a molti è capitato di inseguire. La riconfigurazione di sé può essere attraente, e sul fascino (o la necessità?) di questa possibilità Savina Dolores Massa imbastisce l’intreccio di Voltami (Il Maestrale, 304 pagine, 18 euro), il suo nuovo romanzo. L’oristanese dimostra ancora, come già nelle precedenti uscite, di essere un’ingegnosa lettrice di desideri, di saperli portare in superficie da un pozzo per dargli un’esistenza che si mostra in un lento susseguirsi di immagini. Ci si ambienta subito in questo mondo in cui il confine tra umano e non umano, definito e fantasmagorico, è sottilmente tracciato, una dimensione dove le ombre attuano volontà proprie e gli edifici sono impregnati di sentimenti stantii, compartecipi dei vissuti di chi li abita.
A fare da sfondo è una suggestiva Parigi martoriata dalla Prima Guerra mondiale: vive qui colei che aiuta, Ophelia Andersen, personaggio liberamente ispirato a Anna Coleman-Ladd (nella foto accanto al titolo), pittrice e scultrice in attività tra Ottocento e Novecento che conosceva la necessità di un costante esercizio di immaginazione e che, grazie a Massa, ci diventa familiare. Di quest’artista è ripresa in particolare l’attività di protesista, e come lei Ophelia si dedica alla cura di volti sfregiati scolpendo dei calchi su misura. Nel farlo, non si limita mai al mero aspetto esteriore: è vero che quando sarà realizzata la protesi i pensieri resteranno ma è vera anche la speranza che Ophelia riesca, nel tempo, a dipingere anche quelli, i pensieri; per questo si adopera con la maestria di chi sta per affrontare uomini rotti non solo nei volti.
Le vicende individuali degli sfigurati sono narrate combinando con estrema attendibilità passato e presente, reale e irreale, delicato e brutale (il volto di quella donna diviso in due dal tempo in disaccordo sul da farsi), per il tramite soprattutto di una scrittura che sa mutare forma adattandosi a contesti e soggetti. Nelle pagine dedicate a Louis-Ferdinand Céline, ad esempio, balza all’occhio la messa in scena di una lingua sfacciata e al contempo poetica, tipicamente céliniana. Oppure, si noteranno elementi di ironica verosimiglianza che, in concomitanza con il ritrovamento di svariati pesciolini d’oro (e l’omaggio a Cent’anni di solitudine è evidente),ricordano il realismo magico di Márquez. Certo, alcune allusioni sono più chiare di altre, ma la curiosità di scoprire tra le righe chi sono gli artisti di volta in volta chiamati in causa è lasciata, in linea di massima, a chi legge (raramente ci si imbatte in secche spiegazioni). Non è sempre facile – e questo è anche il bello –, serve una lettura attenta per cogliere, citiamo un caso, il richiamo a Virginia Woolf: in una donna a te sconosciuta, si pone domande come le tue, di fronte al fiume Ouse. E poi torna alla sua stanza ci sono l’Ouse, fiume in cui la scrittrice inglese si è suicidata, e la stanza, rimando a Una stanza tutta per sé. Fa tutto parte di una già menzionata tendenza a creare piani diversi di narrazione che, nello sfruttare reale e irreale, configurano un dualismo tra ciò che accade e ciò che potrebbe accadere.
Questo impianto dualistico emerge anche tra quanto appartiene alla Massa narratrice (ossia il suo stile) e quanto alla Massa inventrice di storie, relazioni e labirinti; infatti, l’autrice non manca quasi mai di affiancare momenti prosaicamente lirici, alti, a espressioni marcatamente triviali, come nei dialoghi con Désirée, bancarellara e prostituta per cui Ophelia nutre un intenso amore. Si trovano perciò in stretta vicinanza passaggi come terrorizzate da una libido sconosciuta, tornano nei giorni gettandomi sul banco, sui libri o gli occhiali, cappello e disprezzo. Ma non chiedono i soldi indietro con perché arrossite? il piacere ha un prezzo. Puttane!; e ancora ogni cappello ritorna da me: nuovo, ma usato da loro per una sberla d’estasi affiancato a soltanto una notte, in assenza di cazzi da accudire nei miei buchi; oppure e intanto Parigi scuriva al suo meglio, tra corteggio di lampioni a gas, anche per le Désirée esposte nei lastricati bianchi seguito da per orinatoi. Come letti verticali per copule irrimandabili, o per dispiaceri masturbati.
Sempre proseguendo con lo stile, del modo di strutturare le frasi è impossibile non vedere una tendenza a collocare in ultima battuta i momenti di maggiore impatto emotivo. Ecco che si hanno soluzioni quali Ophelia scostata da tutto osservava comunque, salvando soltanto di Roma le stelle. E il giuramento fatto al padre di tornare non deflorata, ma artista. Povera Ophelia distante dall’essere conscia che nessun artista autentico nasce vergine; oppure perfino pentiti per aver osato desiderare un vero pane, e non l’ombra di esso sul tavolo della cucina di casa: divorata per nulla sprecare, l’ombra che contribuiscono a generare in chi legge un crescente stato di attesa che, a seconda dei contesti, sfocia nella piacevole scoperta o nell’angoscia. La climax ascendente con cui il romanzo è architettato trova una chiusura armonica che, a dispetto della tragicità di alcuni eventi, è di conforto, pur se amaro, perfettamente in linea con l’organizzazione generale che mantiene una profonda delicatezza dall’inizio alla fine. Per concludere, niente, come sarebbe naturale aspettarsi in un’opera realizzata con cura, è menzionato a caso e i riferimenti alle situazioni e ai personaggi storici sono intrisi di un carattere intimo che emerge bene e arriva a momenti di forte coinvolgimento: l’Arte è qui e io non voglio essere altrove, capì Ophelia di fronte ai cenci umani; non era più tornata da lei nella convinzione che dimenticarsi sarebbe stato più potente dell’amarsi; due sfigurati nel cuore, per rispettare Peter Miller, non si incontrarono mai più; qualsiasi schifo fossi diventato, volevo vivere.