Paolo Petroni
Al Teatro Vascello di Roma

Ritorno a Cassandra

Il mito e la contemporaneità, il corpo e la parola, la devastazione ambientale e gli allarmi inascoltati: ecco la Cassandra di Sonia Bergamasco in un bel monologo scritto da Ruggero Cappuccio

Cassandra entra in scena come una bambola ottocentesca, figurina di un carillon nero, una sorta di robot la cui voce è scandita in un’eco basso e maschile, per raccontarci della sua resurrezione oggi, il ricomporsi del corpo e del mito sparso sulla terra come le sue visioni e parole d’ammonimento, dono di Apollo che poi, da lei rifiutato, le rese sempre inascoltate sin dai tempi della guerra di Troia. È l’inizio di Resurrexit Cassandra,  rinascita della tragedia greca in un ambiente contemporaneo ideato dall’artista e regista Jan Fabre per una prova d’attore magistrale di Sonia Bergamasco, performance di grade impegno su un testo difficilissimo e affascinante di Ruggero Cappuccio, capace di restituirci il mistero e la potenza della scrittura drammatica classica con un gioco verbale, di immagini, allusioni, provocazioni poetiche e concrete, ora al Vascello a Roma, dove si replica sino a domenica. 

Un percorso questo del ritorno di Cassandra tra il passato remoto e il futuro, tra la Grecia classica e il nostro drammatico presente che prefigura il catastrofico domani «se non lascerete che le mie parole lavino i vostri cuori», ovvero se non purificate i vostri sentimenti e prendete atto, invertendo la rotta, che il mondo e il mare sono coperti di plastica, mondezza, veleni di ogni genere e le foreste stanno sparendo. È il momento green e perno dello spettacolo, scandito in cinque parti, che lo spogliarsi ogni volta del suo guscio come una farfalla di Sonia Bergamasco, che si muove sempre sinuosamente, quasi per una continua lenta danza, rende visibile nei colori dei suoi abiti (costumi di Nika Campisi): nero cupo, rosso brillante di lustrini, blu cangiante, verde, bianco argenteo.

Il corpo del testo e il suo corpo si muovono all’unisono sinuosamente, le braccia, le mani, sono impegnate in una continua danza e simbolico distendersi o distorcersi, quasi un rimando alle sagome di serpenti di cui Fabre ha cosparso la scena nuda, riferimento a altra leggenda che vuole il dono a cassandra sia arrivato dai rettili sacri del tempio e, forse, per quella lingua biforcuta che dice la verità e appare menzogna.

Una nebbia metaforica che avvolge, diradandosi all’inizio e invadendo il palcoscenico alla fine, una fiamma che brucia, una pioggia che lava e un continuo ribollire silenzioso nelle proiezioni, nelle apparizioni, nella lotta disperata per far luce di Cassandra proiettata sullo sfondo, mentre in primo piano si mette a nudo in un magmatico disvelarsi, in un tradursi in parole rivelatrici e oscure, immagini poetiche, allusive a spirito e materia, in cui l’attrice si perde e ci fa perdere rivelando tutta la potenza, la dolcezza e la repulsione del suo essere, del suo vissuto, del come è percepita, santa e prostituta, sempre accompagnata dalla musica originale di Stef Kamil Carlens, in un variare di tensione e toni di rara forza e intensità, grazie a un’intonazione che si fa quasi canto, quando non lo è proprio, magari intonando come tra sé e sé versi dei Beatles («Cerca la ragazza / con il sole negli occhi / ma lei se n’è andata / Lucy In The Sky With Diamonds»).

Uno spettacolo da non perdere, uno spettacolo che si spera possa essere riproposto e con tenute meno brevi, entrando nel repertorio di questa stupenda attrice.


La fotografia dello spettacolo accanto al titolo è di Marco Ghidelli

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