Tra pensiero e politica
La filosofia di Petro
Da Deleuze a Derrida: il nuovo presidente della Colombia, Gustavo Petro, rappresenta una novità assoluta nel panorama del potere in America Latina. Ma, forse, un'eccezione in assoluto, grazie alla sua formazione filosofica
Gustavo Petro è il primo presidente di sinistra della Colombia: la sua elezione, avvenuta nel mese di giugno di quest’anno, rappresenta l’etichetta politicache segnala una svolta storica nei paesi dell’America latina.Anche se, con tutta evidenza, è ancora troppo presto per presumere le realizzazioni future del programma di Petro, una cosa, tuttavia, è sicura: da Deleuze a Derrida, passando per Foucault e Toni Negri, il suo pensiero politico si nutre di cospicui riferimenti filosofici.
«Non farti nauseare dal potere». Per Gustavo Petro, queste parole sottendono una duplice avvertenza: non lasciarsi divorare dal desiderio di potere e, al tempo stesso, resistere al disgusto che può indurre il suo esercizio in un mondo in cui, inevitabilmente, gli ideali entrano in conflitto con la necessità di accettare compromessi.Quest’appello all’«umiltà» e alla «coscienza critica» è l’ultimo consiglio di un vecchio maestro, Salvador Medina, 73 anni, che è stato il professore di filosofia del nuovo presidente della Colombia. È stato, infatti, Medina che ha accompagnato Petro durante il suo ultimo viaggio elettorale – un ritorno alle origini a Zipaquira, città appartenente territorialmente all’antica regione della Savana di Bogotá, capitale del Paese, in cui il presidente, sociologo ed ex-guerrigliero, è cresciuto. Segno, se ce ne fosse bisogno, che la filosofia occupa un posto importante nell’itinerario politico del nuovo capo di Stato.
Le «società di controllo» e il biopotere. Lettore appassionato dei classici filosofici, Petro si è interessato molto presto alle opere di alcuni dei maggiori pensatori della politica, a cominciare dal Jean-Jacques Rousseau. In lui ha trovato le idee essenziali che hanno alimentato un pensiero in gestazione, sensibile alle questioni dell’orizzontalità del politico, della democrazia e della sovranità popolare. Ne offre testimonianza la sua predilezione per Deleuze, che egli ama citare su Twitter: «Sono sempre sul punto di iniziare a studiare il filosofo Deleuze». Nel 2013, l’ex-sindaco di Bogota fu attaccato da un giornalista per le sue critiche contro la stampa: «Forse che noi giornalisti attacchiamo Petro perché siamo servi del poterse? […] Non è forse Petro al potere?». Ecco qual è stata la risposta sferzante di Petro: «Il potere non è il governo. Che ne direbbe di leggere Gilles Deleuze e il suo concetto di “società di controllo”?».
Il potere, per il nuovo presidente colombiano, come per Deleuze, non consiste soltanto nell’ordine della coercizione diretta: si insinua, in maniera diffusa e continua, nello psichismo sociale e nelle rappresentazioni collettive.
Naturalmente, Petro si riferisce altresì a Michel Fouacault, che ha largamente contribuito all’analisi dei dispositivi disciplinari. «La biopolitica per Foucault è il dominio della vita da parte del Potere; Toni Negri ne costruisce il versante positivo: il dominio della Vita sul Potere».
La liberazione è un tema centrale nel pensiero di Petro. Spesso vittima di attacchi politici, si presenta orgogliosamente come un adepto della parresia: «Foucault ha detto, analizzando il caso di Socrate, che la parresia, […] il coraggio di dire la verità, implicava una punizione: l’ostracismo, cioè l’espulsione dal paese o la morte, decretata dal tiranno che non accetterà mai la verità».
Ibridazione laica della teologia della liberazione. In questa ricerca di una emancipazione e di una riabilitazione della singolarità, Petro attinge a fonti eclettiche. Si interessa, in particolare, all’opera di Alain Badiou, e più precisamente, all’insistenza sul carattere rivoluzionaro che Badiou riconosce all’amore: «l’amore è la rivoluzione», cita il presidente colombiano ancora su Twitter. Un Badiou mescolato, in certa misura, con il cristianesimo della teologia paolina. Ma non si tratta di una mera casualità: il percorso di Petro è in parte influenzato dalla «teologia della liberazione», movimento nato in America latina che si proponeva di rendere ai poveri e agli emarginati la loro dignità. Il nuovo capo di Stato conosce le riflessioni dei più importanti rappresentanti di questo movimento, come il filosofo argentino Enrique Domingo Dussel. Condivide con lui la convinzione che «la filosofia europea non è universale» – che la liberazione passa per una «decolonizzazione» del pensiero, per un affrancamento dall’Uno, dell’universale astratto, a vantaggio del molteplice.
«Jacques Derrida parla di perdono sociale, di perdono generalizzato. […] È possibile che la Colombia, dopo due secoli di guerre continue, sia pervenuta ad un momento di perdono sociale?». Come dire che Gustavo Petro ha di mira la riconciliazione del suo popolo sotto l’influenza del pensiero di Derrida. Tra le righe dei Tweet, traspare l’importanza assegnata al riferimento a Derrida, nel quale Petro trova gli strumenti concettuali per pensare un’autentica rottura dell’ordine stabilito che non implichi, tuttavia, un’astratta tabula rasa dell’esistente: «Jacques Derrida parla di perdono sociale, di perdono generalizzato. Afferma che in certe epoche storiche, molto rare, una società può produrre l’atto immaginario, creatore e virtuoso di un grande perdono sociale per i suoi membri. […] Gli atti di perdono sociale e le rivoluzioni non si producono tutti i giorni, ma quando si producono, fanno compiere un balzo in avanti alla società […]. È possibile che la Colombia, dopo due secoli di guere continue, sia pervenuta ad un momento di perdono sociale?».
In ogni caso, è questa la cornice ideale entro la quale Petro considerava la possibilità di una sua elezione alla presidenza della repubblica colombiana: non una presidenza vendicatrice che si esaurisca nel dare comunque soddisfazione alle frustrazioni del passato, ma una presidenza di riconciliazione: «Il perdono sociale non equivale all’impunità, bensì piuttosto alla giustizia riparatrice. Il perdono sociale non è una dissimulazione, ma un processo di verità storica». Quali tracce lasceranno questi riferimenti filosofici nella pratica del potere di Petro? Avranno un’influenza reale sul suo modo di governare? Al momento, è difficile dirlo, giacché, come insegnava già il nostro Machiavelli, il passaggio dalle idee alla realtà non è mai scontato. Ma la passione intellettuale testimoniata dalle letture di Petro, se non valgono come un riscatto post-moderno dell’utopia platonica del re-filosofo, rappresentano almeno un buon auspicio per il governo della società colombiana. E, in questo senso, costituiscono certamente una felice eccezione nel panorama delle stesse democrazie occidentali.