Alla fine del campionato di calcio
Il romanzo del 7%
7% per cento erano le possibilità che i bookmakers attribuivano alla Salernitana di salvarsi. Sembrava impossibile, invece è successo. Storia di un miracolo di quelli che rendono lo sport credibile e non solo una questione di affari e grandi interessi economici
«È una storia di grandi valori, fatta di tanti piccoli avvenimenti significativi, una storia che meriterebbe di essere raccontata». Si esprime così Davide Nicola (nella foto qui accanto), allenatore della Salernitana, il giorno prima della gara casalinga contro l’Udinese, ultima partita di campionato Ha già ricordato il fatidico 7% (esibito peraltro sulla maglietta), che indicava, a detta dei bookmakers, le possibilità di salvezza della squadra, relegata, all’inizio della sua avventura in granata, e già da tempo, all’ultimo posto in classifica.
I primi a tentare di scrivere un racconto sono il presidente Iervolino, da poche settimane alla guida della società, e il direttore sportivo Walter Sabatini, anche lui appena subentrato e artefice di una straordinaria campagna acquisti a metà campionato. Presidente e direttore chiamano a guidare la squadra Davide Nicola, esperto in salvezze e in prodigi psicologici. Gli assicurano che loro ci credono, che quel 7% è lì in attesa di essere contraddetto da un’impresa. «Io ho provato immediatamente gli stessi brividi che loro mi trasmettevano – dice Nicola –, brividi che poi sono cresciuti a contatto con l’entusiasmo della nostra gente. Ho capito che tutti insieme potevamo desiderare ardentemente la stessa cosa. E quando uno desidera ardentemente qualcosa, allora, come scrive Coelho, tutto l’universo trama perché si arrivi a quell’obiettivo».
L’universo trama, sul golfo, da una parte Amalfi dall’altra Paestum, un po’ si trema, un po’ si vorrebbe essere protagonisti di una bella storia.
L’avevamo scritto subito dopo l’arrivo di Sabatini e la sua incredibile campagna acquisti (clicca qui per leggere l’articolo). A Salerno si avverte il sapore di un calcio diverso, combinato con insolite (per il mondo del pallone, perché avvedute e moderne) capacità imprenditoriali. L’atmosfera, i discorsi, le citazioni, ci riportano indietro, a un calcio fatto di storie, di racconti di imprese epiche, di narratori mossi dal desiderio di regalare leggende a donne, uomini, bambini, desiderosi di stupirsi, di rimanere con il naso per aria a sognare.
«Sette per cento non è una percentuale che lascia molto margine all’immaginazione – ricordava Davide Nicola pochi giorni fa –, diciamo che rappresenta un salto nel vuoto, e quindi bisogna avere il coraggio di fare quel salto. In questa situazione, l’unico margine di salvezza è dato dal convincersi di essere in grado di riuscire a volare. È stato importante pensare che con la nostra forza, l’energia, la passione di tutta la squadra e della nostra gente, potessimo arrivare a giocarci la salvezza fino all’ultima partita».
Arrivare a giocare l’ultima partita: anche questo sa di impresa epica. Viene in mente Osvaldo Soriano, argentino, giornalista e romanziere con la passione per il calcio e la capacità di cominciare a raccontare un piccolo fatto di cronaca sportiva e farlo diventare leggenda. Se non avete letto il suo Fùtbol. Storie di calcio, o anche il meraviglioso Triste, solitario y final (protagonisti il detective Marlowe, il giornalista Soriano, Stan Laurel e l’assente Oliver Hardy) o Mai più pene né oblio, è necessario che cerchiate al più preso di rimediare. In uno dei racconti di Fùtbol, el Gato Diaz, portiere dell’Estrela Polar, squadra di nessun blasone, che partecipa a un campionato altrettanto povero di storia, para il rigore che darà il titolo alla sua squadra. Nulla di strano, non fosse che il rigore viene calciato dopo un’attesa durata sette giorni dal fischio che l’aveva decretato. È il rigore più lungo del mondo, una storia incredibile, una favola mitica. I personaggi che animano il calcio di Soriano sono artisti stralunati che scrivono vicende epiche prendendo a calci un pallone, eleganti inventori di azioni surreali, allenatori con il vizio della visione delirante.
Del resto, “il calcio è una forma artistica di espressione” si incarica di farci sapere Walter Sabatini, che ha portato a Salerno talenti con la voglia di emergere (Ederson, Bohinen, Mazzocchi) e vecchie conoscenze del calcio in vena di riscatto (Fazio, Verdi, Radovanovic, Perotti), contribuendo sostanzialmente all’impresa.
Quella della Salernitana è la salvezza più improbabile della storia della serie A. È un romanzo che comincia dal fondo della classifica, da quel fatidico e soffocante 7%, da un destino che appare già segnato a metà campionato, da quattordici punti che separano squadra, città, società dalla possibilità di rimanere in A. Ci voleva qualcuno in grado di inventarsi una storia con protagonisti che avessero voglia di stupire, una trama condita di ostacoli insormontabili, di desideri impossibili. C’era bisogno di un grande narratore, uno scrittore un po’ fanatico in vena di vaneggiamenti, uno con la voglia non solo di sorprendere gli altri, ma anche di sbalordire se stesso. Ne sono arrivati tre di romanzieri, Iervolino, Sabatini, Nicola, e con loro, a scrivere una storia stupefacente, fatta di passione, competenza e “valori umani” (è l’espressione più utilizzata da Davide Nicola, quasi un mantra), il drappello variegato e molto unito dei calciatori, e poi ancora quella folla che il mister chiama “la nostra gente”, che nel caso specifico non sono i tifosi, ma tutta quanta una città, peraltro disseminata nel mondo.
«Era solo utopia pensare alla salvezza partendo dalla situazione in cui eravamo – ricorda Walter Sabatini alla fine della partita con l’Udinese, ultima di campionato –. Quando sono venuto qui, tanti amici mi dicevano che ero un pazzo furioso. Devo ringraziarli, perché proprio in virtù di quelle tantissime telefonate che ho ricevuto, ho scelto Salerno. Ho capito che questa squadra poteva letteralmente salvarsi quando ho visto i miglioramenti consistenti, che si esprimevano tutti i giorni al campo d’allenamento. Ho visto un gruppo che pian piano stava diventando un monolite, un gruppo forte, coeso dal punto di vista psicologico, osmotico sul campo di gioco. E poi c’era il lavoro costante, fideistico dell’allenatore».
Il romanzo vuole che la Salernitana inanelli una serie di ottime prestazioni, senza riuscire a vincere. A Roma, trentaduesima di campionato, è ancora ultima, ma sta vincendo uno a zero a pochi minuti dalla fine, quando arrivano arrivano due gol della Roma. Il sogno sembra concludersi lì, ma la storia è ancora da scrivere. «La Salernitana è come una tigre che deve saltare in un cerchio infuocato, è lì lì per farlo, ma ha paura. Se ci riesce una volta, continuerà a saltare» sentenzia Sabatini. Dal salto nel vuoto di Nicola al salto nel fuoco di Sabatini il passo è breve. Una settimana dopo arriva la vittoria di Genova con la Sampdoria. Poi un’altra vittoria in trasferta nel recupero con l’Udinese, poi ancora tre punti in casa con la lanciatissima Fiorentina. Pareggio a Bergamo con l’Atalanta e vittoria nell’altro recupero con la diretta rivale Venezia. La Salernitana a questo punto sarebbe salva, ma mancano ancora tre turni, il primo con la concorrente Cagliari, chi perde è fuori.
Sul finale del romanzo, tre partite prima dell’ultima riga, piomba la tensione del thriller. La Salernitana è avanti in una partita tesa e spigolosa, ricca di colpi di scena. Sembra fatta, ma il Cagliari pareggia al 99esimo minuto. Una gara infinita e finita nella maniera peggiore. Comunque nella partita successiva, a Empoli, la vittoria della Salernitana decreterebbe la retrocessione del Cagliari. A pochi minuti dalla fine, Perotti (22 rigori in carriera, solo tre sbagliati, l’ultimo qualche anno fa) indirizza il rigore verso l’angolo, ma a una velocità da crociera. Pareggio: la salvezza si gioca all’ultima partita. Lo scioglimento del romanzo, come nella migliore narrativa, è alle ultimissime pagine.
Trentamila spettatori per le righe conclusive dedicate all’Udinese, che non ha più nulla da chiedere al campionato, ma la Salernitana deve vincere, il pareggio non può bastare se il Cagliari dovesse vincere, cosa peraltro molto probabile, contro il Venezia, già retrocesso.
La Salernitana perde 4 a 0. Il resto già lo sapete. Soriano sorride.