Gianni Cerasuolo
Viaggio a Pozzuoli/3

Magma o gas?

Francesca Bianco dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia risponde ai dubbi espressi su Succedeoggi dall'esperto di bradisismo Giuseppe Luongo: «I nostri dati ci dicono che sotto Pozzuoli si muove solo il gas. E questo ci rassicura...»

Francesca Bianco, 61 anni, dirige dal settembre 2016 il prestigioso Osservatorio Vesuviano, istituto dell’INGV che sorveglia il Vesuvio, l’area Flegrea, l’isola di Ischia. Un organismo che venne fondato dai Borboni, nel 1841 da Ferdinando II, il penultimo re delle Due Sicilie. La Bianco è una fisica – e di questa sua laurea ne va orgogliosa – che ha poi rivolto la sua specializzazione e le sue ricerche verso la geofisica e la vulcanologia. È autrice di numerose pubblicazioni, in particolare sulla sismologia nelle aree vulcaniche.

Dottoressa Bianco, avete paura che spunti un altro Monte Nuovo?

Al momento non rileviamo le condizioni che, nel breve termine, potrebbero indicare l’avvicinarsi di una eruzione. Perché questo accada, è necessario che ci siano movimenti di magma verso la superficie e i dati che abbiamo a disposizione al momento non sembrano evidenziare la risalita del magma, che dovrebbe migrare dai serbatoi profondi verso la superficie. Quello che invece ci suggeriscono, allo stato attuale, i dati del monitoraggio è che c’è, in superficie, una risalita di gas e non di magma.

Il professor Luongo, suo predecessore, parla al contrario di magma piuttosto che di gas…

La scienza progredisce attraverso la condivisione dei dati sperimentali e la pubblicazione di lavori scientifici basati sullo studio di tali dati e che abbiano superato il vaglio della comunità scientifica attraverso il sistema del peer review (revisione tra pari ndr). I nostri dati sono pubblicati, e dunque condivisi, sul nostro sito web (www.ov.ingv.it). Le analisi su tali dati, con le relative conclusioni, sono state pubblicate sulle più prestigiose riviste scientifiche internazionali, dopo aver superato il vaglio di importanti scienziati di livello mondiale. Non conosco, invece, dati o pubblicazioni scientifiche del professor Luongo che spiegherebbero, da quanto lei dice, l’attuale fenomeno bradisismico come dovuto ad una risalita di magma verso la superficie. In ogni caso, il contraddittorio scientifico è un elemento fondamentale per la crescita delle conoscenze. Ma deve essere basato sulle regole di ingaggio scientifico (dati e pubblicazioni), altrimenti qualunque discorso perde di autorevolezza e si esce fuori dall’ambito del metodo scientifico. E questo è ancora più rilevante quando si trattano materie che hanno un impatto su chi vive in luoghi esposti a rischi naturali.

Ma non è che state sottovalutando questi fenomeni?

Le rispondo sulla base di quello che noi, al momento, sappiamo. Certamente i fenomeni che stiamo osservando sono fenomeni naturali e una certa indeterminazione ci può essere. Ma i nostri studi, la nostra rete di sorveglianza, le risultanze che ricaviamo dagli strumenti (le nostre ricerche), come già detto, sono a disposizione di tutti, degli studiosi e dei cittadini. Sono consegnati alla comunità scientifica mondiale: vuole che nessuno si accorga che stiamo commettendo degli errori? Certo, i dati possono essere confutati sulla base di ulteriori dati che mostrino andamenti diversi, ma a tutt’oggi questo non è avvenuto. In ogni caso, ci sono alcuni punti chiave che ci rendono assolutamente informati sui fenomeni in atto.

Ad esempio?

Il solo sollevamento del suolo non vuole dire necessariamente risalita di magma, certamente non con la geometria che stiamo osservando adesso. Tale sollevamento è maggiore al Rione Terra ma, a mano a mano che ci si allontana dalla vecchia acropoli puteolana, questo innalzamento diminuisce anche di molto. È come una forma di campana con la sommità al Rione Terra. Questa forma di campana, insieme alle caratteristiche della sismicità (mancanza di terremoti profondi e di eventi a bassa frequenza), della composizione chimica dei fluidi fumarolici (manca di specie dovute a risalita di magma), dell’assenza di incrementi di temperatura nelle aree monitorate dalla rete di telecamere termiche all’infrarosso e di significative anomalie nell’accelerazione di gravità (che dovrebbe aumentare di molto in presenza di magma prossimo alla superficie) è compatibile con una induzione di risalita di gas piuttosto che di magma.

Le polemiche seguite al terremoto dell’Aquila hanno inciso sull’atteggiamento degli scienziati?

Con la natura riesce difficile nascondere i fenomeni. Nel 1538, quando ci fu l’eruzione del Monte Nuovo, quando certo non c’era la Protezione Civile, la gente abbandonò spontaneamente i luoghi che già da molti anni erano interessati da eventi tellurici, deformativi e di altra natura abbastanza significativi.

Forse bisogna cominciare a fare discorsi di lunga gittata che coinvolgano le future generazioni. E pensare di creare altrove un’altra Pozzuoli?

Noi promuoviamo, d’intesa con la Protezione Civile e il Comune di Pozzuoli, molti incontri per spiegare e descrivere la situazione. Ma posso dirle la verità? Ho visto sempre poche persone. Anche sul web è difficile superare gli scogli del complottismo e del qualunquismo. Io credo che bisogna continuare a fornire alla cittadinanza tutte le informazioni sullo stato del vulcano promuovendo nuovi incontri ed elaborare piani che favoriscano la resilienza, il rimanere a vivere in questi luoghi ma con la consapevolezza – e questa sarebbe una fondamentale azione di mitigazione del rischio – che si vive su un vulcano attivo e che questo comporta la conoscenza dei fenomeni e dei rischi associati.

Guardando le zone rosse e gialle e gli eventuali piani di evacuazione, colpisce che siano coinvolti interi quartieri di Napoli…

È così ed è un risultato di importanti studi scientifici. Per la pianificazione in emergenza era necessario sapere quali erano le zone in cui c’era un’alta probabilità d’impatto di un flusso piroclastico (il più pericoloso fenomeno associato alle eruzioni esplosive). Sulla base della conoscenza degli eventi del passato e di simulazioni del processo, la comunità scientifica ha così individuato le zone rosse. Stessa cosa si è fatta per le zone gialle, che sono le aree con alta probabilità d’impatto per le ceneri emesse in caso di eruzione esplosiva. E si è così scoperto che l’area interessata era più vasta di quanto si supponesse.

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