Every beat of my life
Nel santuario di Melanconia
Nel suo «fare anima» con i versi, John Keats dedica un’ode a una condizione dello spirito «presente in molti poeti che ne fanno clima e agone». Il suo è un invito: sì, è vero che la malinconia è un pericoloso nemico insinuante, ma fa parte di noi ed è solo accettandola che si può disarmare
Quella di Jonn Keats è una delle voci più presenti nei nostri incontri settimanali. Il poeta il cui nome è scritto sull’acqua, come si autodefinì, è uno dei grandi che davvero, con i loro versi riuscirono a realizzare quello che Keats chiedeva a se stesso e a tutti gli autori di versi: «fare anima».
Il mio lungo lavoro di studio e traduzione ha avuto ora l’esito nella pubblicazione dell’antologia che ho intitolato Lucente stella, da Bright star, uno dei suoi titoli più belli, e significativi, se poesia è vedere luce nel buio, o sprofondare nel buio e poi scoprire un astro lucente, come accade nella natura, in certe magiche notti.
La melanconia, realtà psicofisica trattata dall’antichità, oggetto di un celebre saggio di Robert Burton, pubblicato nel 1642, è condizione d’anima presente in molti poeti che ne fanno clima e agone, come Baudelaire… In Keats è affrontata come un pericoloso nemico dello spirito.
Non crudele, ma insinuante, non estraneo, fa parte del nostro mondo… e come un saggio orientale il poeta invita a accettarla, non respingerla, e poi annullarla.
Ode sulla Melanconia
I
Non sprofondare nel Lete e non spremere
le radici dell’aconito per farne vino venefico,
non sopportare sulla tua pallida fronte i baci
di Belladonna, il grappolo rossastro di
Proserpina,
non infilare il rosario di bacche di tasso,
non lasciare che siano tua lugubre Psiche
lo scarabeo e la falena, né il gufo piumato
partecipi ai misteri del tuo dolore,
perché l’ombra sull’ombra crea sonnolenza,
e affoga l’ansia vigile dell’anima.
II
Ma quando piomba l’attacco di melanconia
di colpo come uno scroscio di nuvole dal cielo,
che nutre all’improvviso i fiori afflosciati
e cela il verde colle in un sudario d’Aprile,
trova conforto in una rosa mattutina,
o un arcobaleno sull’onda e la risacca,
o l’opulenza tonda delle peonie;
o se la tua donna sembra incollerita,
imprigiona la sua morbida mano nel delirio,
e godi fino in fondo dei suoi occhi fatali
III
Lei vive, coabita con la Bellezza,
con la Bellezza che dovrà morire,
e con la Gioia sulle labbra per il bacio d’addio,
la tocca il Piacere doloroso che è veleno
se la bocca lo succhia come un’ape,
sì, nello stesso tempio della Delizia
Melanconia velata ha il suo santuario,
nessuno la può vedere, ma soltanto chi schiaccia
con la sua lingua un chicco di Gioia sul palato.
La sua anima gusterà il tuo crudele potere
sospesa lì, tra i nebulosi trofei.
John Keats
Da John Keats, Lucente stella, Poesie scelte, traduzione e cura di Roberto Mussapi, Feltrinelli, maggio 2022