Teresa Maresca e il Giappone
Il Kimono rivisitato
Prende spunto da una vicenda d’amore la personale dell’artista milanese che si confronta con un’antica passione, l’arte giapponese, coniugandola con la propria arte e con l’utilizzo di nuovi materiali, e dando vita così a opere nuove. Fino all’11 giugno Galleria Asian Art di Milano
Si dice che la realtà superi la fantasia. Ma è anche vero che la fantasia, nella forma della poesia, del racconto, dell’arte, è in grado di addolcire il dolore e di arrotondare e illuminare gli angoli oscuri della realtà. «È questo, infatti – afferma l’artista Teresa Maresca – uno dei pregi dell’arte, quello di potere riscrivere le storie della vita, spostandole da un senso a un altro, che a volte è più fiabesco quindi più accettabile per il cuore». Il Kimono della nostra storia (e che dà il titolo alla mostra di Teresa Maresca, Il Kimono d’oro dell’Imperatore, che si è appena inaugurata a Milano, ndr) è un oggetto due volte prezioso, ricamato con fili d’oro e dono d’amore. Viene però respinto dalla casa nella quale era stato accolto con gioia e amore quando, per l’oblio dovuto alla malattia, non viene più riconosciuto né ricordato dalla sua proprietaria. Viaggiando lungo i binari delle relazioni e dei legami umani, il Kimono giunge dal Giappone tra le mani dell’artista Teresa Maresca che, commossa dalla sua triste storia, la riscrive in un delicato e prezioso libro d’artista rilegato e dipinto a mano, compiendo così la magia di trasformarla in una favola colorata, foriera di bellezza di rinascita e di speranza. Ma la magia dell’arte non può stare ferma e il filo d’oro di cui il Kimono è intessuto, dipanandosi per il mondo, sguscia fuori dal libro dando vita a una serie di opere nelle quali l’artista milanese coniuga la sua passione per l’arte giapponese con la sua propria arte e l’utilizzo di nuovi materiali.
Il filo d’oro del Kimono vola così fino ai piedi di un Monte Fuji di calce e sabbia scintillante sotto una lieve luna di cemento. Si immerge nel blu di un lago di seta tra carpe guizzanti, assiste alla nascita di un fiore di loto che, sbocciando in uno spicchio di stagno ferroso, si fa strada tra la ruggine-fango verso la luce. E si stupisce di fronte a cieli ramati contro i quali lune sottili e rami fioriti o innevati si offrono all’osservatore in tutta la loro bellezza. Sono le opere del nuovo ciclo artistico di Teresa Maresca, nelle quali i materiali usati si trasfigurano, assecondando le visioni dell’artista che li governa come una sacerdotessa di Avalon governava gli Elementi. Trasformandosi e senza snaturarsi la riflessione sul rapporto tra Uomo e Natura, che da sempre caratterizza la ricerca della Maresca, si adegua ai nuovi temi e alla narrativa evocativa del mondo orientale. Abbandona le grandi tele dei cicli pittorici Song of Myself e Swimming Pools, dei Bestioni e dei Bucrani che tanto abbiamo ammirato e amato, per raccogliersi intorno a una poetica più intima e più riservata.
Questo cambiamento nell’uso dei materiali, la svolta nello stile e nella poetica, impone, però, all’artista di confrontarsi con l’arte da cui è ispirata. Il rapporto che Teresa Maresca aveva già da tempo intrapreso con l’arte orientale e con gli illustri pittori che su questa strada l’hanno preceduta, artisti come Monet, Gaugain, Whisler o Van Gogh che al pari della Maresca hanno subito il fascino dell’arte fluttuante dei maestri incisori del periodo Edo, non poteva infatti restare muto e doveva misurarsi con l’arte del passato. Da questa necessità dell’artista e dall’incontro con il gallerista Renzo Freschi, nasce l’idea della personale all’interno della prestigiosa Galleria Asian Art sita nel Quadrilatero nel centro di Milano, nella quale le opere del presente di Teresa Maresca incontrano i preziosi oggetti di paesi e di un tempo lontani. (Fino all’11 giugno, info www.renzofreschi.com).
Attraversare la porta della Galleria Asian Art di Renzo Freschi è come oltrepassare, con un solo passo, lo Stargate e lo Specchio di Alice. Un solo unico passo per lasciarsi alle spalle l’elegante Quadrilatero, la girandola vorticosa delle vetrine dei grandi stilisti, delle incombenti immagini di cartone, dei lampeggianti spot a led, dei tiktoker e degli influencer dall’aspetto asettico e filtrato, ed entrare in un mondo sospeso tra storia e mito, nel quale le drammatiche maschere del teatro Nō e del teatro popolare dell’India, le sculture e le teste finemente lavorate rappresentanti le molteplici forme delle divinità buddiste, i fregi di pietra secolare o di antichi legni dorati, gli arazzi preziosi e le fini porcellane, raccontano, in raccolto silenzio, delle culture millenarie dell’India, dell’antico regno del Gandhāra, del Tibet, del Giappone e delle regioni più note o più remote della Cina e di tutto l’Oriente.
Nelle due sale e lungo il corridoio della Galleria, attraverso il quale si avanza con la sensazione di fluttuare immersi nella piscina del Tempo, le opere di Teresa Maresca non restano appartate e raccolte in una mostra a sé stante, ma si distribuiscono lungo il percorso inserendosi nel contesto con discrezione e armonia. L’artista ha già visto in passato le sue opere collocate lungo un circuito espositivo già esistente, ma la mostra alla Galleria Asian Art è un’esperienza nuova, un allestimento anomalo sia per la Maresca che per Renzo Freschi, per sua stessa ammissione, restio a ospitare mostre di arte contemporanea se non orientali, ma la cui pluridecennale esperienza ha saputo cogliere nelle opere della Maresca quel velo di mistero non svelato, proprio delle vere opere d’arte, in particolare delle antiche civiltà. Gli oggetti della Galleria Asian Art non sono spettatori ammaliati, ma accolgono le opere della Maresca creando insieme un elegante racconto, un annodarsi di miti poesie e leggende orientali in un dialogo aperto tra passato e presente, tra arte antica e arte contemporanea. Da vera artista qual è, Teresa Maresca si è immersa nella cultura del glorioso passato artistico giapponese immedesimandosi nei miti e nella poesia, per porsi, senza sfide ma senza paure, con raffinata maestria di fronte alla grande arte orientale con il suo sogno e la sua favola vera.
Maria Luisa Paolillo, vive e lavora in Brianza. Fotografa, appassionata di arte, poesia, letteratura, si occupa di reportage di eventi artistici e culturali, di fotografia di scena, di esplorazione dello spazio urbano, di street photography. Ha al suo attivo diverse mostre fotografiche collettive e una personale dal titolo “L’onore del visibile”, esposta per la prima volta presso il Centro Culturale Artistico Rosetum di Milano nel 2018. È l’autrice delle immagini pubblicate in questo articolo. In apertura, “Ninfea” di Teresa Maresca.