Luigi Saitta
“Short cuts” di Alberto Crespi

I battiti del Cinema

Viaggio nella settima arte attraverso “dodici percorsi” scelti in un preciso momento storico, tra il 1959 e il 1960. Da “Un dollaro d’onore” a “Fino all’ultimo respiro”, una storia che attraversa tutti i generi e le implicazioni storiche, sociali, politiche

Il libro di Alberto Crespi Short cuts. Il cinema in 12 storie (Laterza, 440 pagine, 24 euro), è un libro sul cinema attraverso una selezione di film che hanno fatto epoca. Ma come rivela alla fine della sua opera l’autore, che attualmente dirige la storica rivista del Centro Sperimentale di Cinematografia Bianco e Nero ed è un critico e uno studioso di cinema con la C maiuscola, il suo non è il libro di un critico. «Per molti versi – scrive – è un racconto orale che nasce da 27 anni di lavoro a “Hollywood Party”, la trasmissione di cinema di Radiotre Rai: e deve quindi molto al gruppo di “Hollywood Party”, da Silvia Toso che l’ha inventata a David Grieco che mi ha chiamato a farne parte, fino alle attuali curatrici Maddalena Gnisci e Francesca Levi».

Shirley MacLayne e Jack Lemmon nel film “L’appartamento” diretto da Billy Wilder nel 1960

Ed è anche un viaggio che tocca tutti i continenti perché racconta storie filmiche che riguardano 27 paesi. L’analisi di Crespi non è soltanto cinematografica ma descrive, commenta, radiografa le opere filmiche da lui menzionate inquadrandole in un contesto antropologico culturale. Le 12 storie, i 12 film o meglio i 12 percorsi (così Crespi li definisce) al centro dell’indagine, premesso che il periodo esaminato riguarda il 1959 e il 1960, danno vita a una storia del cinema che attraversa tutti i generi e le molteplici implicazioni storiche, sociali, politiche. “Un dollaro d’onore”, “La dolce vita”, “L’appartamento”, “La grande guerra”, “Nazarin”, “Il mondo di Apu”, “I magnifici sette”, “Psyco”, “La bella addormentata nel bosco”, “Historias de la revolution”, “Sabato sera, domenica mattina”, “Fino all’ultimo respiro” le opere prese in esame. Crespi illustra, spiega, vaglia i battiti di questi film alla stessa maniera di un medico che opera con il suo stetoscopio, realizzando un appassionante saggio cinematografico di assoluto rilievo.

Quasi impossibile soffermarsi ad analizzare in profondità i vari capitoli che Crespi “percorre” nel suo viaggio. Fra tutti sono da segnalare quelli sul free cinema e sulla nouvelle vague, quanto mai ricchi di citazioni e di particolari. Le riflessioni dell’autore assumono poi una grande attualità quando descrivono lo “sconvolgimento della tradizione” che sta producendo la fine del rituale della sala cinematografica che sembra finito. Se poi questo, come commenta l’autore, «porterà ad un rinnovamento dell’umanità, è tutto da stabilire». Un libro che piacerà a chi ama il cinema perché svelando al lettore i retroscena, gli antefatti, le vicende inedite che si celano dietro le riprese, Crespi lo immerge nel cuore della “settima arte”. Una definizione quella di “settima arte” non da tutti accettata, ma certo che il cinema è vitale comunicazione, sviluppo, dialogo tra i popoli. E non è anche questa una forma d’arte? Un’arte la cui storia, come scrive Georges Sadoul, è ancora agli inizi.

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