Il senso di una crisi
Putin e Filippo II
Scontro di civilità? Di culture? Di tecnologie? In Ucraina si fronteggiano due modi opposti di concepire la Storia e il mondo. Forse, Putin farebbe bene a guardare indietro fino alla curiosa avventura della Invencible Armada...
Chi avrebbe pensato, il 24 febbraio scorso, che dopo tre settimane saremmo stati ancora qui a parlare di operazioni militari in Ucraina? Credevamo piuttosto che la potenza militare russa avrebbe spazzato in pochi giorni la resistenza. E invece… Chissà se Putin ha dei consiglieri, chissà anzi se chiede consigli. Tendo a escluderlo, eppure, se ha ancora qualche amico fidato, costui dovrebbe provare a metterlo in guardia dalla Storia che, viceversa, può sempre dare buoni suggerimenti. Io so poco di guerra, ma ho qualche contezza della storia dell’Inghilterra elisabettiana: più l’invasione putinista dell’Ucraina pare impantanarsi, più mi torna in mente l’infausta avventura della Grande y Felicisima Armada, detta Invencible, con la quale Filippo II pensava di cancellare in tutta fretta le pretese d’autonomia dell’Inghilterra di Elisabetta Tudor nel 1588.
La faccenda, probabilmente, la sapete. Il re di Spagna era stato re d’Inghilterra quando il padre, Carlo V, trentaquattro anni prima, nel 1554, lo aveva dato in marito a Maria Tudor, la sorella cattolica di Elisabetta. Ma poi, quattro anni dopo, la moglie-cugina era morta e Filippo se n’era tornato a fare il re di Spagna, cacciato dalla rivalsa degli anglicani. A questo punto, voleva riconquistare alla sua supremazia Londra, ma anche umiliare le pretese autonomiste della nuova stella che brillava oltre il mare, Elisabetta, appunto. La quale, per altro, tempo prima aveva anche ricusato una sua interessata offerta di matrimonio…
In realtà, la storia ci ha insegnato che dietro le pretese di Filippo II c’era un vero e proprio scontro culturale: da una parte la forza dell’oscurantismo cattolico, usato da Filippo in chiave antropologica e nazionalista per congelare le spinte della modernità, dall’altra la rutilante, anche confusa corsa del progresso cui Elisabetta aveva aperto le porte nel suo paese puntando su due strumenti blasfemi, l’istruzione obbligatoria e il teatro. Senza contare il peso specifico di un conflitto religioso terribile per l’epoca: Filippo II doveva riportare all’ovile gli eretici anglicani. Spese tutte le fortune del suo ricco regno, in seguito, per convertire ebrei e musulmani, consegnando il suo debito pubblico alle banche genovesi e condannando la Spagna alla corruzione e al declino. (L’immagine di Putin che svende i suoi debiti in rubli a Cina e India fa oggi un po’ lo stesso effetto.)
La disavventura della Grande y Felicisima Armada si inserisce in quel contesto. La flotta spagnola non era “Invencible”: fu vinta dalle navi molto più manovriera degli inglesi e da una congiuntura metereologica inusuale (nebbia e un’alternanza di tempeste e bonacce: Dio non era con gli spagnoli, evidentemente). Le imbarcazioni inglesi non solo erano più piccole di quelle spagnole, ma caricavano cannoni di ferro anziché di bronzo, sicché meno pesanti: gli inglesi erano riusciti a fondere cannoni in ferro in un unico blocco in modo da evitare se si aprissero letteralmente a ogni sparo come quelli costruiti in due blocchi. Gli spagnoli non ci erano riusciti, quindi usavano ancora i cannoni di bronzo. Insomma, la tecnologia di Filippo II era più obsoleta.
Naturalmente, quel che sta succedendo in Ucraina è molto diverso: ma la disparità di princìpi e tecnologie pesa anche lì. Il dittatore e i militari russi, mossi da una quasi medioevale rivendicazione di “tradizioni” e valori antidemocratici, si sentono in diritto di imporre la loro visione del mondo e della vita che non sopporta (parola di Putin) «nemici che tradiscono in nome di ostriche, foie gras e libertà di genere». Così accampano diritti di invasione e supremazia. Gli ucraini difendono la loro volontà di autodeterminazione: difficile pensare, oggi come oggi, a una loro futura neutralità, dopo quel che stanno patendo. La democrazia ha molti limiti, ma finché si mantiene nell’orizzonte illuminista che l’ha consegnata alla contemporaneità, mantiene un occhio sul futuro. Compreso quello fatto di ostriche, foie gras e libertà di genere (e non solo, ovviamente). Insomma, io non so se si possa dire che è in atto uno scontro di civiltà, ma di sicuro, in Europa si fronteggiano due modi di concepire il mondo e la convivenza tra individui. E fra essi, personalmente, non ho dubbi sulla sponda dove schierarmi. Viceversa, leggo commenti accorati di protagonisti pubblici e privati del nostro Occidente i quali preferiscono non scegliere e ostentano ragioni, non sempre ragionevoli, per dirsi equidistanti in quanto pacifisti o antimperialisti o fautori di una no meglio specificata complessità. Altri, ancora più problematici, pur condannando l’evidente crimine di Putin (e dei suoi militari e dei suoi vasti sostenitori nel mondo, aggiungerei) lamentano che l’Ucraina, effettivamente, non era – non è – governata da avveduti illuministi ma da una banda di “fascisti” (è ciò che dichiara anche Putin, del resto). Ma io penso che se una qualunque potenza militare avesse invaso il mio Paese per liberarlo da Berlusconi, Salvini e compagnia quand’erano al potere, non sarei stato a guardare, non avrei berciato di pacifismo ma avrei preso le armi per difendere la mia casa, la mia identità e il mio Paese. Insomma, avrei saputo da che parte stare: non da quella di Filippo II.