Un libro di Virman Cusenza
L’azzardo di un antifascista
Brescia 1945: la storia dell’avvocato Enzo Paroli, che superando contrapposizioni politiche e ideologiche mise in salvo Telesio Interlandi, direttore della “Difesa della razza”, considerato un collaborazionista. Anche Sciascia se ne interessò
Una storia romanzesca, che ha dell’incredibile. Un episodio, che oggi, a distanza di oltre 70 anni, desta stupore e ammirazione per il coraggio, ai limiti dell’azzardo, da parte del protagonista, l’avvocato Enzo Paroli, per la sua scelta di vita in un periodo così complesso e drammatico della nostra storia nazionale. Virman Cusenza, già direttore del Mattino e del Messaggero racconta in Giocatori d’azzardo (Le Scie Mondadori, 216 pagine, 22 euro) una vicenda ambientata in pieno postfascismo che vede protagonisti due personaggi del tutto diversi per estrazione culturale, indirizzi politici, storie personali: l’avvocato penalista bresciano Enzo Paroli, socialista e antifascista, e il giornalista Telesio Interlandi, direttore del quotidiano oltranzista Il Tevere e della Difesa della razza, una rivista fondata nel 1938 allo scopo di condurre la campagna antisemita e spianare la strada alle leggi razziali. Un giornalista molto vicino a Mussolini, che lo aveva sempre protetto e finanziato.
Alla fine del fascismo Interlandi viene arrestato con l’accusa di collaborazionista. In carcere in attesa del processo, l’avvocato Paroli accetta, dopo non poche perplessità, di difendere il giornalista, che, successivamente, a causa di alcuni clamorosi errori, viene scarcerato. Le autorità dell’epoca, preso atto dell’errore, cercano di rintracciare Interlandi che – e qui è il nodo di tutta la vicenda – viene nascosto dall’avvocato Paroli per ben otto mesi, insieme con tutta la sua famiglia, proprio nella sua villa. Fino all’amnistia e all’archiviazione del caso. Un gesto, quello di Paroli, dettato da uno spirito di umanità, di solidarietà verso un personaggio lontano anni luce dalle sue convinzioni politiche, personaggio oltretutto sconfitto ma non pentito. E proprio per questo un gesto da ammirare. Anche se – è bene rilevarlo – nella parte finale del libro Cusenza solleva qualche interrogativo sulle motivazioni e sui perché alla base del comportamento dell’avvocato.
C’è da aggiungere che molti anni dopo il suo svolgimento, questa storia era venuta a conoscenza di Leonardo Sciascia, il quale aveva raccolto del materiale per un libro che però non fu mai scritto. Cusenza, grazie alla disponibilità della famiglia Sciascia, ha potuto consultare le ricerche dello scrittore e anche i carteggi relativi al caso. Affascinato dalla vicenda, da giornalista ha scoperto la sua vena di storico di razza, dedicandosi allo studio e alla consultazione di libri, articoli, lettere, documenti in parte inediti che gli hanno consentito di ricostruire l’intera storia.
Un libro che investe la nostra attualità (non solo italiana) segnata da contrapposizione politica sempre più forte, più acre: una figura coraggiosa ed anticonformista come quella dell’avvocato Paroli, merita di essere rievocata e sottratta all’oblio del tempo.
(Nella foto vicino al titolo Mussolini e Interlandi)