Il senso di una crisi
Storia di Ihor e Vasyl
Storia di Ihor e Vasyl, due ragazzi ucraini uccisi otto anni fa, nel 2014, perché sognavano l'Europa e la libertà. Ecco perché in Ucraina si sta combattendo la guerra. Ecco qual è la posta in gioco
Зубрець (Zubrets) è sito a un’ottantina di chilometri a sud-ovest da Ternopil. In questo paesino stanno delle case contadine e una piccola cappella a pianta quadrata dove si celebrano riti molto intimi. Lì, nel 1991, era nato Ihor Ihorovyč Kostenko. Lì per decenni è rimasto un segno atroce di storia patria, di quei primi tremendi anni Quaranta quando Ternopil fu dapprima occupata dall’Armata Rossa, l’intellighenzia polacca e i nazionalisti ucraini eliminati o deportati nelle steppe dell’Asia centrale. Poi, nel luglio dei 1941, fu presa dai nazisti che scatenarono un pogrom contro gli ebrei locali e furono a migliaia, tra morti e deportati nel campo di sterminio di Bełżec. Infine, nella primavera 1944, Ternopil fu riconquistata dai sovietici e la popolazione polacca espulsa e deportata verso la Polonia. Un incubo senza fine.
A Kiev, nella notte del 19 febbraio 2014, erano morti Ihor Kostenko e Vasyl Moisei. Igor era nato a Zubrets e in quella piccola cappella, quattro giorni più tardi, avrebbero pregato per lui. Quanto a Vasyl, verrà sepolto a Lutsk il 23 febbraio, otto anni esatti prima dell’attacco russo all’Ucraina, oggi.
Saputa la notizia, i cittadini di Ternopil aspettarono per ore il corteo funebre proveniente da Kiev. Volevano onorare la memoria di Ihor. Quel ragazzo contava 22 anni e aveva studiato Geodesia al Politecnico di Leopoli, ove era stato allievo di Kornylii Tretiak, grande studioso di geografia dei ghiacci.
Vasyl Moisey era coetaneo di Ihor; lui aveva studiato alla scuola di Zubretsk, nella regione di Buchach, poi si era trasferito a Lutsk, nell’antico collegio dei gesuiti.
Le manifestazioni “Euromaidan” erano iniziate il 21 novembre 2013, dopo che il governo ucraino aveva sospeso i preparativi per sottoscrivere a Vilnius un accordo di libero scambio con l’Unione Europea. Da quella notte in poi la presenza degli studenti in Majdán (Campo) Nezaléžnosti era cresciuta sempre di più. Si chiedevano le dimissioni di Viktor Janukovyč, primo ministro al piacer del governo russo, la messa in stato d’accusa per corruzione degli organi di governo e la fine delle violazioni dei diritti umani in territorio ucraino. Nel mese di dicembre, sotto una neve incessante, i manifestanti divennero quasi ottocentomila.
Il 18 di febbraio i due ragazzi si erano uniti ad altri amici di Leopoli per andare a Kiev. Ma, la sera dopo, le cariche della polizia divennero violentissime e fu aperto il fuoco contro gli studenti: decine di manifestanti furono uccisi. Il 21 febbraio 2014, dopo la fuga dell’ex-presidente Viktor Janukovyč, Euromaidan ebbe idealmente fine.
Il prezzo era stato altissimo. La notte del 20 il cadavere di Ihor Kostenko fu ritrovato in strada nei pressi del Palazzo d’Ottobre. Riportava ferite da arma da fuoco alla testa e all’altezza del cuore nonché fratture multiple alle gambe. Cinquecento persone si raccolsero attorno a Ihor, le candele accese. I suoi genitori, che lavoravano a San Pietroburgo, rientrarono precipitosamente in Ucraina. A poche centinaia di metri un altro cecchino aveva colpito al cuore Vasyl Moisey. Dei compagni avevano cercato di salvarlo portandolo all’Ospedale 17 di Kiev. Troppo tardi. Intervistata da un giornalista, Maria Pivovarchuk, un’insegnante della scuola di Zubretsk, ricorderà quanto Vasyl fosse uno studente bravo, amichevole con tutti, di buon animo.
Il 20 febbraio 2018 nel cortile del Dipartimento di Geografia della LNU le autorità scoprivano un busto dedicato a Ihor Kostenko. Le statue si assomigliano un po’ tutte, come se i marmi rendessero anonimi i volti a cui sono dedicate. Ma se osservate un’immagine di Ihor, vi renderete conto che quel suo viso, con la storia più brutta d’Europa, non c’entrava nulla. E se poi il sorriso di Ihor lo avviciniamo al ghigno di Vladimir, allora capiremmo tutti che la faccia più brutta della storia è tornata indietro di 33 anni, e la libertà di tanti paesi oppressi dalla dittatura del comunismo non è valsa le sorti di milioni di morti e di deportati.
Non essendo un politologo, non me la sentivo di competere con gli slavisti, gli storici contemporanei, i neo-putiniani o gli antiamericani da triplo salto mortale all’indietro. Però starei ore e ore a non leggerli.
Volevo solo raccontare di questi ragazzi morti ammazzati perché volevano l’Europa. Sono quelli che Putin chiama nazisti, le cui tombe sta bombardando.
L’Ucraina, oggi e ieri.