Itinerari per un giorno di festa
Musica per l’anima
Si apre al pubblico “Domus Artium”, il ciclo di concerti che si tengono nei salotti blasonati, patrimonio del Bel Paese. Primo di tre appuntamenti con il violino di Hilary Hahn e col pianista Andreas Haefligher, al Castello Ruspoli di Vignanello il 15 gennaio. Un “ritorno alla vita” all'insegna delle arti
C’è un orgoglio identitario, di cultura, arte, paesaggio. Un lasciapassare che vale quanto e più del green pass, perché i virus prima o poi si mettono all’angolino, il patrimonio del Bel Paese no. È anche questo lo spirito che anima Domus Artium – In intimità con la grande musica, un circuito internazionale di concerti-evento che si tengono in salotti blasonati, entro antiche mura di castelli e palazzi patrizi di Roma e del Lazio. L’inaugurazione è avvenuta a dicembre nel Castello Odescalchi di Bracciano, ora il ciclo si apre al pubblico con bigliettazione (di rigore ossequio alle norme anti Covid e prenotazione, visti i posti limitati; acquisto https:// shop.domusartium.org/products/hilary-hahn-andreas-haefliger). La prima data, il 15 gennaio, al Castello Ruspoli di Vignanello. La nobildonna Claudia Ruspoli, figlia di don Lillio, magister elegantiarum di Roma oltre che mecenate animato da passione civile e politica per la sua città, aprirà il portone sulla piazzetta del paese e nelle sale che ospitarono Haendel torneranno i suoni di un violino e di un pianoforte, modulati sulle note di sonate beethoveniane, tra cui quella dedicata a Kreuzer. Eccezionali gli esecutori, la violinista Hilary Hahn e il pianista Andreas Haefligher, poiché l’esibizione per Domus Artium sarà in sostanza l’anteprima del concerto che nel 2022 terranno alla Wigmore Hall di Londra. Lei, 42 anni, unisce talento a calore anticonvenzionale verso i suoi sostenitori, molti giovani. Lui, discendente da una famiglia di musicisti, ha dato un segno coraggioso di vitalità nei mesi più duri della pandemia: durante il lockdown sulle Alpi svizzere ha eseguito la monumentale sonata Hammerklavier opera 106di Beethoven abbinandola a interviste con l’alpinista Dani Arnold. Registrazioni e riprese dell’avvenimento hanno viaggiato per il mondo on line e poi nelle sale cinematografiche, rompendo il silenzio imposto alla musica dal vivo.
Lo stesso spirito di ritorno alla “vita” dell’animo caratterizza Domus Artium (dopo Vignanello, a febbraio sarà la volta del Palazzo Doria Pamphilj di Roma, a marzo della Villa Chigi Sacchetti di Castel Fusano). Dice il direttore esecutivo, Barrett Wissman: «La sfida, in un momento di rinascita delle arti e di una nuova convivialità, è anche quella di tornare alle esperienze live riunendo persone in contesti molto iconici per bellezza ed emozioni, valorizzando il momento della condivisione». E infatti l’incontro del 15 gennaio prende il via, alle 15,30, con una visita guidata al Castello. Ecco la Sala Rossa. Dal piccolo affaccio con la ringhiera arcuata lo sguardo s’allarga sul giardino all’italiana e, lontano, sulle alture arcigne di olivi, castagni e noccioli del Viterbese. Il balconcino sul lato opposto oppone alla Natura la pietra del borgo nella piazza alta e nella Collegiata. È un castello particolare, quello di Vignanello. Severo e aggraziato insieme. Intorno all’anno Mille era un convento, prima ancora una fortezza. Addirittura, quando papa Paolo III Farnese lo donò alla nipote Beatrice – nel 1531 – la fortunata lo risistemò ancora come fortezza, chiamando fior di architetti, il Sangallo e il Vignola. Un maniero appartato, elegante ma senza fronzoli. Fiero del «più bel parterre d’Italia», ha scritto Georgina Masson su Italian Gardens. Nell’interno palpita ancora fieramente la vicenda della famiglia. Una gloriosa stirpe romana, che ha dato alla Storia papi ed eroi, i Ruspoli. Con origini che s’innestano nel più cortese e guerriero medioevo, perché hanno inglobato i discendenti di Marius Lo Scoto, lo scozzese chiamato da Carlo Magno a combattere in Spagna, in Francia, in Italia.
Giada Ruspoli, una delle figlie di don Lillio Sforza Ruspoli, ha dato vita all’annuale premio di musica barocca intitolato all’avo mecenate Francesco Maria. E ricorda spesso che «qui è la casa madre della famiglia. In questo castello gli ideali di tutti confluiscono, dai garibadini ai fedelissimi del Papa, dagli eroi nella guerra Savoia ai santi».
Proprio così, i santi. Nel salone con fregio di affreschi monocromi e soffitto a rosette di legno intagliato, all’ombra dei merli che coronano l’edificio circondato da uno stretto fossato munito di due ponti levatoi, nella severa stanza d’armi attigua all’atrio scuro e maestoso, nelle quattro sale al piano nobile, si aggirò l’infanta Clara. Era il Seicento, sognava di andar sposa ad acconcio nobile giovane, un Capizucchi. Ma era appunto il Seicento e per lei i genitori – Ortensia Farnese Orsini, che impiantò il giardino all’italiana, e Marcoantonio Marescotti – vollero un altro destino. All’altare andò la sorella, Clara in convento. Ci visse dieci anni, da principessa. Poi venne la vocazione, prese il velo e il nome di Giacinta nel monastero di clausura di San Bernardino, a Viterbo. E visse al contrario della monaca di Monza di manzoniana memoria. Tutti i suoi anni li spese ad alleviare le pene degli emarginati, dei diseredati. Pio VII la fece santa nel 1807, la stanza dove morì è un tempio per le francescane di Viterbo. A Vignanello la cappella di famiglia espone il saio di Giacinta. Al piano di sopra l’aura è diversa. Un clavicembalo campeggia nel salone e rimanda a Francesco Maria Ruspoli, fatto principe dopo aver inviato al Papa un esercito di 700 uomini per difenderlo dagli austriaci. Amava la musica, era mecenate. Fondò a Roma l’Arcadia, a Vignanello ospitò, oltre a Haendel, Scarlatti.
Il salone dove per tradizione secolare si fa musica – fregio di affreschi monocromi color sabbia, soffitto a rosette di legno intagliato – sarà la quinta per il violino di Hahn e il pianoforte di Haefliger, nel concerto che seguirà alla visita guidata, mentre avanza l’imbrunire e un gioco di luci illuminerà il giardino. Lo scambio colloquiale con gli interpreti e con i “padroni di casa” continuerà in un convivio, allestito nella sala attigua, sotto i ritratti degli avi – tra i quali anche i due eroi della Repubblica, Costantino e Marescotti, morti a El Alamein con altri settemila della Brigata Folgore. La cena rinfresco avrà la firma della chef stellata Silvia Regi Baracchi. I brindisi saranno per un 2022 di risveglio.