Every beat of my heart
Tra vita e morte
Si interroga sull’amore Jean De Sponde, l’autore francese vissuto nel XVI secolo. Non sull’amore per una donna, ma su quello che conduce a Dio e che rende il poeta capace di difendere le ragioni del vivere pur nella consapevolezza di dover morire. Ragioni per cui «la vita chiama la poesia»...
Jean De Sponde, vissuto nel XVI secolo, è uno dei grandi della poesia francese. La fede cristiana e la disposizione alla teologia e al sermone lo possono in qualche modo imparentare all’inglese John Donne, per Eliot fondatore della poesia metafisica. Nei due poeti è comune una base d’ispirazione non petrarchesca, lontana dal canone dominante: parlare di amore significa parlare di Dio, esplicitamente. Più presente però l’amore terreno, più presente la donna in John Donne, che è quindi anche poeta d’amore in senso più stretto, mentre il rovello di De Sponde è la natura umana in assoluto, tra vita e morte.
Questo sonetto, frutto del periodo calvinista, precedente la conversione al cattolicesimo, e a una più serena visione delle cose e della religione stessa, mostra come il poeta, ogni vero poeta, sempre, in ogni età o luogo, si liberi sempre da ogni catena, religiosa o politica o culturale, come Tex Willer che anche legato e imbavagliato in cantina ne uscirà prima o poi, libero e vittorioso.
Certo la gravità protestante secentesca nutre di dolore alto e tragico i suoi versi, ma non li chiude nel reame della cupezza e della morte.
Certo, dobbiamo morire, ma qui noi sentiamo un’ardente difesa del vivere e delle ragioni in cui la vita chiama la poesia.
Nella traduzione mirabile di Alessandra Ginzburg, che nel suo einaudiano Stanze e sonetti della morte, uscito nel 1970, offre un modello di traduzione e critica fuse e ispiranti.
Ma si deve morire, e la vita orgogliosa,
che ha sfidato la morte, ne sentirà i furori,
i Soli bruceranno questi labili fiori,
il tempo romperà questa bolla ventosa.
La bella torcia, che alza una fiamma fumosa,
sul verde della cera ne spegnerà gli ardori,
l’olio di questo Quadro offuscherà i colori,
s’infrangeranno i flutti sulla riva schiumosa.
Dinanzi a me dei lampi ho veduto il bagliore,
e del tuono nei Cieli dura ancora il fragore:
da qualche parte, certo, l’uragano già esplode.
La neve ho visto sciogliersi, i suoi fiumi sparire,
i leoni ruggenti ho visti ammutolire.
Vivi, o mortale, ma si deve morire.
Jean De Sponde
Traduzione di Alessandra Ginzburg