Al Globe Theatre di Roma
Shakespeare a scuola
Una nuova edizione di "Pene d'amor perdute" diretta dal giovane regista Danilo Capezzani con gli allievi della "Silvio D'Amico" mette in luce la doppiezza di questa favola: da un lato i sogni della vita scolastica, dall'altra la buffoneria del mondo dei "grandi"
Una tra le prime opere scritte da Shakespeare, Pene d’amor perdute, affronta il tema che più di altri sarà sviluppato nei suoi drammi maturi: la potenza dell’amore, rappresentato come un istinto connaturato all’uomo, che sfugge a ogni limite che gli è imposto e che per questa sua dirompenza conduce a esiti ora comici ora tragici. In quest’opera giovanile, il Bardo si concentra soprattutto sui risvolti giocosi della dinamica: il re di Navarra e i suoi gentiluomini giurano di vivere in modo ascetico dedicandosi totalmente allo studio e non frequentando donne per tre anni. L’arrivo della principessa di Francia e delle sue damigelle, però, mette fin da subito a dura prova i loro giuramenti, facendoli innamorare – ricambiati – delle loro ospiti, e costringendoli a sottomettersi alla forza di eros. Proprio quando le coppie saranno sul punto di suggellare le loro unioni, i piani saranno sconvolti dall’arrivo di una notizia funesta, che a poche righe dalla fine disinnesca l’happy ending scontato della commedia romantica e consegna i personaggi a un futuro ricco di nuove pene…
Apparsa per l’ultima volta al Globe Theatre sette anni fa, Pene d’amor perdute ritorna sul palco di Villa Borghese in una regia inedita di Danilo Capezzani. Diplomatosi presso l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio d’Amico”, il giovane regista ha all’attivo diversi allestimenti e ha collaborato a lungo (anche al Globe, nella scorsa stagione) con Andrea Baracco, un maestro di messinscene shakespeariane. Coprodotto da Politeama s.r.l. e dalla “Silvio d’Amico”, lo spettacolo ha un cast interamente composto da allievi attori dell’accademia, molti di loro al loro debutto nel teatro intitolato a Gigi Proietti. Ultimo titolo della stagione 2021, l’appuntamento segna anche la terza collaborazione tra le due istituzioni capitoline, dopo le produzioni di I due gentiluomini di Verona e Misura per misura di cui abbiamo già parlato su queste pagine.
Nella rilettura di Capezzani, che nella regia è coadiuvato da Valentina Rota, l’opera shakespeariana viene trasportata, dal regno di Navarra di fine Cinquecento, in un tempo e in un luogo non ben definiti. I pochi dettagli di cui si compone la scenografia (due lavagne, una cattedra e delle sedie) indirizzano però verso un’ambientazione scolastica: la recita si apre emblematicamente con lo squillo di una campanella, e il giuramento di sobrietà e studio pronunciato dai personaggi della prima scena si trasforma nella fondazione di una rigida scuola privata da parte del re di Navarra, che in apertura cala la sua amata chitarra in una botola, e smette i panni di musicista per indossare quelli di rigido preside dell’istituzione. L’adattamento di Capezzani, inoltre, enfatizza gli aspetti comici dell’opera, e per fare questo interviene in maniera innovativa in diversi punti del testo, eliminando cinque personaggi della trama e le loro relative battute, approfondendo le fisionomie dei protagonisti, e modernizzando il loro linguaggio con diversi apporti dall’italiano attuale. La rilettura ha quindi il merito di tornare a cimentarsi con un dramma meno frequentato dai registi italiani e di farlo in modo nuovo, rileggendo i labours descritti dal Bardo attraverso la lente di un gruppo di giovani di oggi, contesi fra ambizioni e desideri diversi.
L’efficacia dell’operazione è garantita dagli allievi della “Silvio d’Amico”, che con la loro recitazione esuberante tengono desta l’attenzione degli spettatori per tutta la durata della rappresentazione (due ore e mezza con un intervallo). L’adattamento di Capezzani prevede che gli interpreti recitino ognuno con un accento diverso, dal napoletano del gendarme Intronato (Paolo Madonna), al romano dell’incolto Zucca (Leonardo Cesaroni), dal russo maccheronico imitato dal Re, Dumain e Bironen travesti (rispettivamente, Gabriele Gasco, Riccardo Rampazzo, Francesco Russo), fino all’irresistibile inflessione spagnola di Don Armado (Michele Enrico Montesano). Questa recitazione caricaturale risulta di grande effetto farsesco, e gli attori appaiono encomiabili nell’enfatizzarla, conciliandola, però, al tempo stesso con una grande comprensibilità. Particolarmente apprezzabili sono le interpretazioni di Francesco Russo, che dà grande spessore comico alle arguzie che connotano il personaggio di Biron, e di Michele Enrico Montesano, che conquista il pubblico con i tratti esasperati del fanfarone spagnolo. Non mancano, infine, alcuni momenti di improvvisazione, sapientemente gestiti dai giovani attori, e anche di interazione con il pubblico in sala, che aggiungono ulteriore godibilità al piacevole clima festoso della serata.
«Immagino Pene d’amor perdute come una fiaba musicale», scrive Capezzani nelle note di regia e, infatti, la presenza di accompagnamenti musicali e canzoni è una cifra di questo allestimento, che vanta la collaborazione del regista e compositore Paolo Coletta. Preparati dall’insegnante Joana Estebanell Millian, gli attori interpretano diversi brani pop internazionali, da Amore, amore mio eLa ballata dell’amore di Luigi Tenco, fino al più recente Tous les Mêmes di Stromae,tutti perfettamente inseriti per sottolineare, anche attraverso l’elemento canoro, la complessità del sentimento amoroso che è il tema al centro dell’opera. Una menzione meritano, infine, le scene e i costumi, curati da Marta Crisolini Malatesta con la collaborazione di Laura Giannisi, che risultano efficaci nel restituire il contesto scolastico e nel trasportare la scena in un tempo non ben definito, dove la moda primo-novecentesca sfoggiata dalla Principessa di Francia e dal suo corteo si unisce all’outfit ben più moderno di Jaquinette (Sara Mancuso, che appare qui una smaliziata femme fatale piuttosto che un’umile lattaia), fino alle maschere da Zorro indossate dal re e dal suo seguito nella scena del travestimento.
In conclusione, Pene d’amor perdute chiude con successo la stagione 2021 del Globe, che ha vinto ancora una volta la sfida di regalare agli spettatori un’estate ricca di emozioni e divertimento nonostante le restrizioni dettate dalla pandemia ancora in corso. Un risultato di cui il fondatore Gigi Proietti, di cui tra poche settimane ricorre il primo anniversario dalla scomparsa, sarebbe sicuramente orgoglioso.
La fotografie è di Manuela Giusto