Alla Sala Umberto di Roma
Pirandello e la bestia
Il regista Giancarlo Nicoletti ripropone, con la magistrale interpretazione di Giorgio Colangeli, “L'uomo, la bestia e la virtù” di Pirandello. Un'interpretazione inedita, che cancella gli aspetti ideologici del copione e ne esalta l'aspetto di farsa contro l'ipocrisia
Recensendo a caldo L’uomo, la bestia, la virtù, dopo aver assistito alla sua prima rappresentazione assoluta, al Teatro Olimpia di Milano il 2 maggio 1919, il critico Marco Praga affermava: «sotto l’apparenza della farsa, [l’autore] ha voluto mettere qualcosa, una satira tragica e atroce…una mascherata da trivio imposta ai valori astratti, morali, e religiosi, dell’umanità». Derivata dalla novella Richiamo all’obbligo (1906), l’«apologo in tre atti» di Luigi Pirandello è, infatti, una delle opere in cui si avverte in maniera più forte la sua critica contro le convenienze del mondo borghese, che qui è ritratto nel tentativo di conciliare – ipocritamente – maschera e vita vera, vizi privati e pubbliche virtù, e che non esita a raggiungere punte di autentico cinismo pur di raggiungere questo scopo. La prima rappresentazione fu accolta sfavorevolmente dal pubblico e dalla critica, probabilmente a causa dei suoi contenuti scabrosi e a tinte forti, ma l’incertezza iniziale si è poi tramutata in grande successo, facendo di questo testo uno dei drammi pirandelliani maggiormente rappresentati sulle scene.
Sono tre i protagonisti dell’opera – quelli espressi dal titolo. «L’uomo» è il signor Paolino, professore privato, che, dietro la sua immagine pubblica rispettabile, è, in realtà, l’amante della signora Perella («la virtù»), una donna goffamente vestita, e solo in apparenza modesta e pudica. Il marito tradito è il signor Perella («la bestia»), capitano di mare, il quale, però, ha a sua volta un’amante a Napoli, e quando torna dalla moglie usa ogni pretesto per evitare di avere rapporti fisici con lei. Il triangolo di ipocrisie e reciproci inganni procede indisturbato, fino a quando, inaspettatamente, la signora Perella rimane incinta del professore. L’unica soluzione per Paolino, per evitare uno scandalo, è gettare l’amante fra le braccia del marito, così da far passare suo figlio per l’erede legittimo dei coniugi Perella. L’operazione, però, appare più difficile del previsto, perché il Capitano si fermerà in casa una sola notte e poi resterà lontano almeno altri due mesi. In previsione di quella notte, Paolino decide quindi di architettare un piano per obbligare il marito ai suoi doveri coniugali, pur di salvare le convenienze e non infrangere le maschere delle loro immagini pubbliche.
Rimandato di 18 mesi a causa della pandemia, L’uomo, la bestia, la virtù va ora finalmente in scena a Roma, al Teatro Sala Umberto, con la regia di Giancarlo Nicoletti (il trailer è disponibile a questo link di YouTube). Realizzato in occasione dei cento anni dalla prima messinscena del testo, lo spettacolo è prodotto da I Due della Città del Sole & Altra Scena con il sostegno del Ministero della Cultura. L’allestimento ha il merito di rileggere il dramma pirandelliano in modo nuovo, concentrando l’attenzione sulle sfaccettature psicologiche dei singoli personaggi, piuttosto che sulla polemica contro il perbenismo borghese, ed enfatizzando il dato umano della trama più che quello ideologico. Se nel testo originario il signor Paolino è un uomo sulla trentina, nervoso e umorale, nelle intenzioni registiche di Giancarlo Nicoletti si trasforma in un anziano pacioso e bonario. Questo fa sì che il suo legame con la signora Perella, più che un affronto ai dettami sociali, si mostri come una protezione quasi paterna nei confronti di una donna molto più giovane di lui ed estremamente fragile, trascurata e aggredita dal marito. Sotto questa lente, l’intervento di Paolino per evitare lo scandalo della gravidanza indesiderata appare quindi salvifico, finalizzato, più che a salvare la propria rispettabilità, a risparmiare alla donna amata un’ulteriore sofferenza, e a spingerla, proprio nel momento della prova, a sviluppare quella forza di auto-determinazione che non ha mai avuto. In sostanza, piuttosto che a satireggiare le ipocrisie di queste doppie vite, l’allestimento di Nicoletti spinge a solidarizzare con Paolino, mettendo in luce la sua buona fede nell’accudire la donna, ai suoi occhi davvero virtuosa, e nel salvarla dalla «bestia».
La riuscita della rilettura è assicurata dall’ottimo cast su cui si regge la produzione. Nei panni del professor Paolino c’è Giorgio Colangeli, David di Donatello nel 2007, che appare magistrale nel conferire a questo personaggio sfaccettature psicologiche inedite, oltre che un’età differente. Accanto a lui, la signora Perella è impersonata dalla quasi omonima Valentina Perrella, che regala scene intense nel delineare la vulnerabilità di questa figura e la sua progressiva presa di coscienza. Chiude il trio un esuberante Massimiliano Benvenuto, che convince nel fare del Capitano un maschilista rozzo e prepotente. Efficaci sono anche i comprimari (tra tutti, l’esilarante Cristina Todaro, nella parte delle due domestiche), che insieme ai protagonisti offrono diversi sketch comici, all’interno di uno spettacolo in cui si ride parecchio. La messinscena si caratterizza anche per l’assenza di musiche, ad eccezione dell’aria O mio babbino caro di Giacomo Puccini che, fatta risuonare in chiusura, sembra suggellare il riconciliato rapporto padre-figlia dei due amanti. Le scene, disegnate da Laura De Stasio erealizzate da Umberto Pischedda, come anche i costumi di Giulia Pagliarulo, restituiscono efficacemente l’ambiente borghese di primo-Novecento in cui si svolge la vicenda. Una menzione merita, infine, il disegno luci di Daniele Manenti,che con grande sapienza luministica realizza il trapasso dalla giornata concitata, alla fatidica notte, fino poi all’alba successiva.
In conclusione, in questa nuova produzione il dramma pirandelliano perde i tratti di «satira tragica e atroce» individuati da Marco Praga, trasformandosi da farsa polemica contro le ipocrisie borghesi ad apologo psicologico di tre diverse umanità tutte ugualmente intense. Proprio grazie a questa nuova interpretazione, L’uomo, la bestia, la virtù si dimostra un testo esemplare, capace di far ridere, e insieme riflettere, a più di un secolo dalla sua ideazione.
Le fotografie sono di Luana Belli