Addio Alitalia/11
Le lande del Québec
«Il viaggio durò 10 ore, per coprire la distanza di oltre 7.000 km da Roma a Toronto, e non riuscii a prendere sonno per tutta l’adrenalina che avevo in corpo. Avevo un posto accanto al finestrino, e ricordo la bellezza delle lande incontaminate del Québec, che vidi dall’alto al momento della discesa verso Toronto»
AZ650: portava questo nome il primo volo Alitalia della mia vita. Una sigla apparentemente anonima e che però mi è rimasta impressa nella memoria, perché fu la chiave di accesso a una delle esperienze più importanti della mia vita. Era il 6 luglio 2009, un lunedì, e all’età di 16 anni mi imbarcavo, con grande emozione, a bordo del mio primo viaggio transoceanico. Proprio quell’anno, qualche mese prima, la compagnia era stata privatizzata, dopo il fallimento dell’accordo con AirFrance-KLM e l’acquisto da parte della nuova società C.A.I. (Compagnia Aerea Italiana), ma questi dettagli per me contavano poco ed ero entusiasta di volare, per la prima volta, sulla nostra compagnia di bandiera.
Era un volo che partiva da Roma Fiumicino alle 10.15 e arrivava in Canada, all’Aeroporto “Pearson” di Toronto, alle 14.10 locali. Lì avrei raggiunto alcuni parenti canadesi, che mi avrebbero ospitato per le settimane successive, ma l’idea di compiere quel viaggio transatlantico tutto da solo bastava a elettrizzare il mio animo di adolescente avventuroso. Ricordo che la sera prima, alla vigilia della partenza, io e i miei genitori assistemmo a un concerto della JuniOrchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia presso i Giardini della Filarmonica, su via Flaminia. Vi suonava una mia amica, e per me quella serata fu come un bellissimo saluto all’Italia, che il giorno dopo avrei lasciato per trascorrere il mio primo lungo periodo lontano da casa. Per mia madre, però, quella serata estiva non fu ugualmente piacevole. Ansiosa di natura, ancora a distanza di 12 anni ricorda come trascorse in ambasce tutto quel concerto, intenta piuttosto a farsi divorare dall’angoscia per il mio imminente viaggio che a seguire la maestria di quei giovani musicisti. A disinnescare il terrore per quel mio volo intercontinentale in solitaria ci pensò mio padre, di carattere più pacato, e che soprattutto era pilota civile lui stesso, e quindi non aveva temuto un momento a organizzare questa mia vacanza all’estero. Io, che proprio con lui come comandante avevo fatto il primo volo della mia vita, solo tre anni prima, non avevo esitato un istante a fidarmi di lui.
Fu per l’appunto il mio papà pilota che mi accompagnò a Fiumicino, quel giorno. Mi seguì al check-in di Alitalia, per la consegna del bagaglio da stiva, e fino alle soglie dei controlli di sicurezza, dove lo salutai per proseguire da solo per le tappe successive. Essendo un minore che viaggiava da solo, dovetti presentare, oltre al passaporto e al visto turistico, una «authorization for a minor child to travel to Canada», firmata da entrambi i miei genitori e accompagnata dai dati dei cittadini canadesi che mi avrebbero accolto al mio arrivo. Risposi con sicurezza alle domande dei poliziotti, che furono piuttosto rigorosi nell’accertarsi che tutto fosse in regola con la mia trasferta. Ricordo ancora l’emozione di quando misi finalmente piede sull’aereo e fui accolto dagli assistenti di volo Alitalia, che all’epoca indossavano ancora la livrea color verde bosco che Mirella Bizzini aveva disegnato per il marchio “Mondrian”, ispirandosi all’essenzialità del pittore olandese di primo Novecento. Il viaggio durò 10 ore, per coprire la distanza di oltre 7.000 km da Roma a Toronto, e non riuscii a prendere sonno per tutta l’adrenalina che avevo in corpo. Avevo un posto accanto al finestrino, e ricordo la bellezza delle lande incontaminate del Quebec, che vidi dall’alto al momento della discesa verso Toronto.
Non meno emozionante (e avventuroso) fu il secondo volo Alitalia della mia vita, che fu quello che mi riportò a casa alla fine di quel viaggio in Canada. Siglato AZ651, era il volo che partiva da Toronto mercoledì 29 luglio 2009 alle 17.10 e atterrava a Roma Fiumicino la mattina dopo alle 7.15. Nei giorni precedenti, ero partito con Wayne e Ted, i miei parenti, per un fishing trip a Mache-Kino, un lodge sperduto sul Denyes Lake, nel distretto di Sudbury, e raggiungibile solo in idrovolante dalla cittadina di Chapleau. La mattina della mia partenza, dopo essere rientrati a Chapleau per l’appunto in floatplane, prendemmo una macchina fino all’aeroporto di Timmins, dove avevamo prenotato un aereo con arrivo a Toronto in congruo anticipo rispetto alla mia coincidenza per Roma. Però, una volta arrivati nel piccolo aeroporto, scoprimmo che il nostro volo era stato cancellato per il maltempo e che dovevamo attendere il successivo, l’Air Canada AC7828 delle 14.20 che arrivava a Toronto alle 16.15. Con questo inconveniente, la mia coincidenza con il volo Alitalia si faceva strettissima e mi sembrava irrealistica l’ipotesi di riuscire a passare dal terminal domestico a quello internazionale in soli 50 minuti, includendo il check-in, i controlli di sicurezza e quelli di frontiera. Confortato dall’ottimismo tutto canadese dei miei parenti, decisi comunque di tentare la sorte e, una volta atterrati a Toronto, ci lanciammo in una corsa folle fino al banco del check-in Alitalia. Arrivando a mezz’ora dal decollo, lo trovammo ovviamente chiuso e io, che nelle ultime tre settimane avevo parlato solo inglese, rivolsi alle hostess di terra le mie prime parole in italiano, per spiegare il problema e per supplicarle di farmi partire. Dopo essersi consultate al telefono con il comandante dell’aereo, decisero di riaprire il check-in solo per me e, dopo un saluto rapidissimo ai parenti e un’altra corsa attraverso i controlli di sicurezza, riuscii a imbarcarmi sul volo per Roma a pochi minuti dal rullaggio. Sono ancora profondamente grato a quelle dipendenti Alitalia che, di fronte al contrattempo di questo loro giovane connazionale, compresero le mie esigenze e decisero di essere elastiche, evitando di farmi perdere il volo di rientro. Atterrato a Roma il 30 luglio alle 7.15, trovai ad accogliermi la mia famiglia, contentissima di rivedermi dopo la mia avventura nordamericana, ma non trovai la mia valigia, che, a causa dei tempi stretti dello scalo, non era stata spostata dai due voli ed era rimasta a Toronto. La ricevetti a casa qualche giorno dopo, sollevato dal fatto che, grazie alla sensibilità della compagnia di bandiera, ad aver ritardato il rientro fosse stato il mio bagaglio ma non io.
In un cassetto, a casa, conservo ancora le carte di imbarco di questi miei due primi viaggi Alitalia. Un po’ sbiaditi dal tempo, sono sempre rimasti lì, come testimoni preziosi di quell’esperienza indimenticabile della mia adolescenza e delle tante emozioni ad essa legate. Ormai, con la fine delle attività di Alitalia, questi ricordi saranno davvero un pezzo di storia.
Le fotografie sono di Roberto Cavallini