Gabriella Mecucci
Incontro con Marco Pierini

Il riscatto del Perugino

Parla il direttore della Galleria Nazionale Umbra: «Il 2023 sarà l'anno del Perugino. Un maestro che ha avuto due sventure: essere antipatico a Vasari ed essere considerato sempre una "spalla" di altri grandi. Da Leonardo a Raffaello»

Nonostante il terremoto e nonostante il Covid, la Galleria nazionale dell’Umbria negli ultimi 5 anni ha collezionato straordinari successi. L’ultimo arriva da San Pietroburgo e il direttore Marco Pierini non può fare a meno di sorridere nel comunicare l’inedita notizia: «La mostra sull’arte medievale umbra dell’Ermitage ha avuto più di 300mila visitatori. Un successo clamoroso». Ma risalendo indietro nel tempo, la Gnu ha incassato altri eccellenti risultati: ha raggiunto nel 2019 la cifra record di 96mila visitatori, ha prodotto mostre di grande qualità, ha intessuto collaborazioni con grandi musei nazionali e internazionali (dai musei vaticani all’Ermitage), è diventato un luogo di incontro culturale attraverso i rapporti stabiliti con altre importanti iniziative: da Umbria Jazz alla Sagra musicale, dal Trasimeno Music Festival a Encuentro (rassegna di letteratura di lingua spagnola). Insomma, è diventato un luogo dinamico e creativo di promozione di Perugia come grande città d’arte e di cultura.

Ora la Galleria è chiusa e lo resterà per qualche mese ancora: sono in corso i lavori di restauro e di riallestimento. Quando riaprirà le porte però lo farà alla grande. Sarà una seconda svolta con Perugino superstar. Una mostra per il centenario di Pietro Vannucci (500 anni dalla morte nel 2023) che segnerà il suo riscatto. Del resto Agostino Chigi lo definì: «Il meglio maestro d’Italia»

Pierini, iniziamo dal riallestimento della Galleria, a che punto è? Su cosa state puntando?

Ne avremo per altri 6-8 mesi. Abbiamo deciso di mettere al centro del nostro lavoro la conservazione. Quindi, il primo provvedimento è che le opere non saranno schiacciate contro il muro, ma sarà visibile anche la loro parte posteriore. In questo modo potremo accorgerci subito se c’è un asse che si muove o un’infiltrazione di umidità che può provocare danni. E potremo intervenire molto rapidamente in difesa della buona salute del quadro. Questa è una scelta del tutto innovativa. Così come lo sono le misure antisismiche che sin qui sono state utilizzate solo all’Aquila. L’allestimento si baserà su colori molto più chiari, luminosissimi perché quelli che contano sono i colori delle opere. Non sarà spettacolare ma al servizio delle opere.

Già dal riallestimento apparirà chiaro che Perugino è la superstar dei prossimi due anni…

Se intende che in Galleria faremo due stanze dedicate solo alle opere di Perugino, è vero. Sin qui erano distribuite in ben sei sale diverse, ci sembra opportuno riunificarle. Il visitatore potrà così ritrovare i quadri con maggiore facilità: da una parte il Perugino giovane e dall’altra quello maturo.

E poi c ‘è la grande mostra del 2023, anno del centenario della morte. Prima di toccare questo argomento, può darmi qualche informazione sul bilancio della collaborazione con l’Ermitage?

Un bilancio straordinariamente positivo. La mostra di San Pietroburgo sull’arte medievale umbra ha avuto un successo clamoroso. Fra qualche giorno avremo i numeri definitivi, ma posso già dire che siamo sopra ai 300mila visitatori. Quasinonci credo. Terminato il riallestimento della Galleria, faremo subito una mostra di opere fra Medioevo e Rinascimento che arriveranno dall’Ermitage. Ci saranno da Simone Martini al Beato Angelico. Il nostro rapporto con questo museo sta diventando sempre più stretto e profondo. Inizierà anche una collaborazione nella ricerca. Ci hanno affidato lo studio di una quindicina di pezzi provenienti dai loro depositi. È la prima volta in assoluto che lo fanno. Si tratta di una manifestazione di straordinaria fiducia. L’Ermitage è infatti tradizionalmente molto geloso delle sue attribuzioni e delle sue cronologie.

E ora siamo arrivati al progetto Perugino. E al modo in cui celebrerete il centenario della morte. Stanno fiorendo in Regione e anche nella vicina Toscana (Cortona) iniziative diverse, tese a ricordare non uno ma due centenari del 2023: quello di Perugino e quello di Luca Signorelli. Come vi muoverete dal punto di vista organizzativo?

La cosa che mi premerebbe di più sarebbe di riuscire a coordinarci. Sto però quasi per rinunciarci: lo sport di muoversi in ordine sparso mi sembra purtroppo molto diffuso. Noi come Galleria stiamo lavorando ad una grande mostra, anche se non raggiungerà le dimensioni di quella del 2004 che fu molto ricca. Esporremo una ottantina di pezzi in tutto. D’altro canto, i soldi a disposizione saranno circa la metà: noi – se tutto va bene – avremo al massimo un milione e mezzo di Euro, contro i tre di allora. Posso annunciare comunque che abbiamo già fatto l’accordo con gli Uffizi e che quindi avremo gran parte delle opere del Perugino esposte in quella Galleria, che ne ospita alcune fra le più belle. Nei prossimi giorni poi abbiamo in programma incontri con la National Gallery e con il Louvre. E naturalmente arriveranno pezzi anche dalle Marche, dalla Romagna, da Roma. Due saranno le linee portanti della nostra mostra.

Quali?

Innanzitutto non prenderemo nulla che provenga da chiese e da piccoli musei umbri. Non sottrarremo niente al territorio. Perché nel centenario è giusto che si favorisca anche la visita al patrimonio decentrato. L’asse centrale della mostra sarà il racconto della forza, della capacità di fare scuola del Perugino in qualunque zona d’Italia abbia lavorato: da Firenze a Perugia, da Siena a Napoli, dalla Romagna all’approdo romano. Vogliamo raccontare la grande influenza del maestro in gran parte d’Italia: dalla Lombardia sino a Napoli. I perugineschi non si trovano solo a Perugia e dintorni ma in quasi tutto il nostro paese.

Un Perugino superstar dunque, un artista egemone: un grande maestro da rilanciare?

È proprio così. Vogliamo che questo centenario rappresenti il riscatto di Perugino. Questo artista ha avuto due sventure: da una parte venne letteralmente massacrato dal Vasari che lo definì «un uomo duro», «un senza Dio»,«un cervello di porfido»; dall’altra fu ed è tuttora, almeno nel senso comune, associato ad altri grandi artisti. Pietro Vannucci rappresentato come il maestro di Raffaello, l’amico di Leonardo, l’allievo del Verrocchio. Insomma, un eterno numero due, una sorta di spalla. Ma non è così, e noi metteremo al centro il giudizio che ne dette Agostino Chigi: «È stato il meglio maestro d’Italia». Non lo fu per tutta la vita, ma nei venti anni finali del Quattrocento non ce n’era per nessuno.

Un’ultima domanda, lei ha detto che ritiene difficile riuscire a coordinare le iniziative del centenario, perché? E voi intanto vi state dando una vostra organizzazione?

È sempre difficile coordinarsi e poi la nostra Italia è fatta di campanili. Questo è il suo bello, ma crea anche molte difficoltà. Quanto a noi, stiamo lavorando per dar vita ad un comitato nazionale. Non c’è ancora nulla di ufficiale, ma credo che gli Uffizi – dopo di noi – dovrebbero fare un’iniziativa sui due centenari: Perugino e Signorelli. Terminata la nostra mostra dovremo prestare loro le nostre opere. Restituire cioè la cortesia.


Condividiamo questa intervista di Gabriella Mecucci a Marco Pierini, direttore della Galleria Nazionale dell’Umbria, con la rivista on line Passaggi Magazine, a questo link: https://www.passaggimagazine.it/articoli/in-300mila-allermitage-per-larte-umbra-il-direttore-pierini-racconta-successi-e-progetti-per-perugino/.

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