Nicola Fano
Capre e cavoli

Qualcosa di sinistra

La "sinistra” italiana (virgolette obbligatorie) sempre più spesso si trova a sostenere cose e politiche di destra. Come nel caso delle proteste contro la decisione Usa di non combattere la guerra civile afghana o nel caso dei sindacati che vogliono scioperare contro il green pass. Anche questa è una malattia senza cura?

Mischiamo capre e cavoli: l’Afghanistan e l’obbligo di esibire il green pass nelle aziende italiane. No, non per parlare dei due temi specifici (non ho titoli né competenze sufficienti), ma per riflettere sui commenti (e i comportamenti) correnti in margine a questi due fatti. Vedrete che, forse, alla fine sarà più semplice capire che cos’è di sinistra e che cosa no.

Cominciamo con l’Afghanistan. Vent’anni fa, quando l’America di Bush jr, in risposta all’attacco alle Torri Gemelle, lanciò la guerra contro i talebani in Afghanistan, la giustificazione addotta dalle destre guerrafondaie italiane fu quella che occorreva «esportare la democrazia». E le sinistre/sinistre d’Italia, ovviamente – aggiungerei giustamente – si sollevarono dicendo che la democrazia è un bene che non si esporta con le armi. E che bisogna sempre rispettare le diversità, anche quando sono scomode. Chi ha qualche capello bianco, ricorderà che allora la sollevazione venne guidata dai professorini della sinistra antagonista e radicale (il manifesto, ecc), quelli che hanno sempre una risposta buona per tutto. E ricorderà pure che allora, appena defenestrata dal governo (nel 2001 tornò in carica Berlusconi, dopo aver sconfitto Rutelli alle elezioni del 13 maggio), anche la sinistra moderata si accodò: mai guerra, tanto meno in nome della democrazia da esportare. Dove, poi? E se gli afghani di democrazia non vogliono saperne? Se si sentono più protetti dal clientelismo delle società tribali? Sarà pure loro diritto…, si disse.

Appunto.

Oggi, vent’anni dopo, il presidente americano Joe Biden, ha tenuto un discorso lucido e audace alla nazione per spiegare perché non ha ribaltato la decisione del suo predecessore Donald Trump (colui che ha liberato i capi talebani e ha deciso di ritirare le truppe Usa dal paese asiatico). Biden ha ribadito esattamente ciò che nel 2001 tuonava la sinistra radicale dai suoi fogli di lotta e di governo: «La missione degli Stati Uniti non è mai stata quella di costruire una nazione. Abbiamo dato al governo afghano ogni strumento per decidere il loro futuro. Continueremo a sostenere il popolo afgano attraverso la diplomazia così come facciamo in tutto il mondo». E: «I diritti umani devono occupare il posto d’onore della nostra politica estera». E infine: «Non chiedo alle nostre truppe di combattere una guerra civile senza fine. È sbagliato ordinare alle truppe americane di combattere e morire quando le stesse truppe dell’Afghanistan non lo fanno». Semplice e coraggioso: la democrazia non si esporta contro la volontà dei popoli. Il riferimento alle truppe che combattono e a quelle che non combattono è crudo ma efficace.

L’esercito talebano entra a Kabul

Ebbene, Biden ha detto una cosa di sinistra: il futuro dei popoli dipende dalla loro capacità di acquisire spirito critico e, conseguentemente, responsabilità politica e sociale. «Continueremo a sostenere il popolo afgano con la diplomazia»: esattamente ciò che la sinistra italiana, chi in buona fede chi in mala fede, sosteneva vent’anni fa. Salvo che oggi, almeno una parte di quella stessa sinistra vera o presunta che cosa fa? Attacca Biden, lo accusa di codardia: bisognava restare lì a difendere gli afghani; bisognava restare lì per non dare ai “ragazzi di Kabul” la sensazione di averli illusi. Illusi di che? Che la democrazia si protegge a suon di bombe e mitraglie? O che è una conquista civica e sociale lenta che passa attraverso la conoscenza e l’istruzione?

Quello che voglio dire è che in questa circostanza, la (presunta) sinistra ha detto una cosa di destra. E lo ha fatto per ignoranza, per moda (salviamo le donne di Kabul), per convenienza o per modesta retorica (a Kabul non volano più gli aquiloni). Come al solito, la realtà è molto più complessa: ce ne accorgeremo quando, sull’onda delle rivendicazioni di questa “nuova sinistra globale”, gli Stati Uniti torneranno ad affidarsi all’ignobile magnate Trump, fra meno di quattro anni, alle prossime presidenziali.

Fin qui, le capre. Vediamo ora i cavoli. I leader sindacali italiani si sono espressi duramente contro l’obbligo di green pass nelle mense aziendali (dopo aver chiaramente mostrato atteggiamenti critici contro il vaccino tout court). Landini (Cgil): «Le mense aziendali non sono un ristorante ma un servizio per chi ci lavora». Giustissimo! Fisascat Cisl Liguria e Filcams Cgil Genova: «La mensa aziendale è una conquista sindacale», e che «chi va a lavorare deve poter mangiare». Ci mancherebbe! La Uilm di Trieste: «I lavoratori sono costretti a consumare i pasti sui marciapiedi: scene che non vorremmo mai vedere». Appunto.

Cerchiamo di chiarire. Che cos’è il green pass? In primo luogo, un’attestazione resa dal Ministero della Salute dell’avvenuta vaccinazione anti-covid da parte del titolare. Ma siccome il vaccino è brutto sporco e cattivo, il medesimo Ministero della Salute consente l’emissione del green passa anche a chi ha fatto un tampone ed è risultato negativo. Insomma, in linea di principio, questa benedetta attestazione dovrebbe garantire che chi la possiede molto probabilmente non è nelle condizioni di infettare il prossimo. È contro questa attestazione che si scagliano i sindacati. Cioè, i leader sindacali vogliono che i lavoratori non siano “discriminati” in base alla loro possibile infettività. Ma, mi domando: vogliamo difenderci dal covid? O pensiamo che vivere di “ristori” sia meglio? O pensiamo che in fondo tocca sempre agli altri ammalarsi di Covid e riempire gli ospedali; tocca agli altri ammalarsi di tumore e non trovare posto negli ospedali? Ecco, i leader sindacali hanno detto una cosa di destra.

Saggezza no vax

Perché la protezione sanitaria di tutti e la liberazione dai vincoli emergenziali imposti dalla pandemia dovrebbero essere al centro dell’operato delle rappresentanze sindacali; che invece si occupano ancora una volta di tutelare piccoli/grandi privilegi di una parte dei loro iscritti (perché il lavoratore di una grande azienda può pranzare liberamente nella sua mensa mentre il lavoratore autonomo deve mostrare il green pass al bar o al ristorante?).

Senza contare due ulteriori circostanze: esistono altri rimedi al covid oltre alla vaccinazione di massa e la conseguente convivenza garantita tra gli individui resi immuni? Se esiste un’alternativa, qualcuno lo dica, invece di berciare. Poi: le rappresentanze sindacali sono pervase di fini scienziati i quali conoscono nel dettaglio la pericolosità dei vaccini? Perché, se così non è, ossia se i leader sindacali sanno fare il loro mestiere e non quello degli scienziati, farebbero bene come tutti ad attenersi alla preparazione di chi ha studiato anni per dire ciò che dice sull’efficacia dei vaccini. Ma questa è una assurda pretesa, in questo nostro paese che ha espunto la competenza dalla sua quotidianità in nome di un falso concetto di democrazia dal basso dove uno vale uno.

Insomma, tra capre e cavoli si deve concludere che in questo momento, nel nostro paese, è molto facile dire e fare cose di destra. Soprattutto a sinistra: la sinistra che contemporaneamente attacca Biden e il green pass.

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