Cartolina dall'America
La spia di Trump
Ecco chi è Tom Barrack, padrone di un impero immobiliare, sostenitore e finanziatore di Trump e arrestato con l'accusa di essere una spia degli Emirati Arabi. La storia di un mondo opaco tra la politica e gli affari, da Nixon all'ultima deriva repubblicana
Di questi tempi, quando si parla di ingerenze straniere negli Stati Uniti viene fatto di pensare subito alla Russia di Vladimir Putin e ai rapporti dell’oligarca russo con l’ex presidente americano. Ebbene, di questi giorni è la notizia che un collaboratore ed amico stretto e consigliere di Trump, il plurimiliardario californiano Thomas (Tom) Barrack, con possedimenti anche in Italia paese nel quale è indagato per evasione fiscale per centinaia di milioni di dollari, è stato arrestato giorni fa con l’accusa di spionaggio a favore degli Emirati Arabi Uniti. Barrack è stato l’organizzatore della cerimonia di inaugurazione di Trump alla Casa Bianca e suo assistente per la politica del Medio Oriente. Il magnate ha rivelato informazioni riservate ad una potenza straniera, per di più molto aggressiva e con una politica democratica a dir poco risibile. Questo è un atto gravissimo non solo per la sua ovvia pericolosità, ma anche perché non si è esitato a svendere la sicurezza del paese, per concludere vantaggiosi affari personali.
Di discendenza libanese, il 74enne Barrack ha costruito il suo impero immobiliare (che adesso ammonta a centinaia di milioni di dollari) attraverso fondi di investimento privati e manovre finanziarie della sua ditta Colony Capital, fondata nel 1991. Al suo attivo ci sono proprietà acquistate dal magnate in medio Oriente per circa 200 milioni di dollari, oltreché in Europa, e operazioni di occultamento di capitali per non pagare le tasse attraverso il loro dirottamento verso paradisi fiscali. Le sue operazioni finanziarie nel settore immobiliare hanno sempre avuto come base speculativa proprietà in fallimento o legate a prestiti non onorati. La sua società ha ricevuto pesanti critiche durante la crisi del 2008 sia per il trattamento degli affittuari ai quali ha aumentato inesplicabilmente gli affitti, sia per gli sfratti di gente che non si poteva permettere di pagare, sia per la mancanza del mantenimento delle proprietà date in affitto. Ma il suo pescecanismo è venuto fuori non solo con le classi meno abbienti, ma anche i con grandi nomi. Al proposito si ricorda l’acquisto del Ranch di Michael Jackson dopo la morte dell’icona musicale, quello degli Studios Miramax venduti dal molestatore seriale Harvey Weinstein dopo che è caduto in disgrazia e rivenduti ad una società in Qatar. Suo terreno privilegiato di azione è infatti il Medio Oriente.
Durante la crisi del 2008 ha accumulato una fortuna insieme a molti dei collaboratori e amici di Trump tra cui Steven Mnuchin, ex Ministro del Tesoro.
Parla correntemente l’arabo e si è sempre definito “un uomo di successo che si è fatto da solo”. Ha iniziato la sua carriera quando faceva parte dello studio dell’avvocato personale di Richard Nixon, per poi entrare nell’entourage del Ministero dell’Interno durante l’amministrazione Reagan.
La sua collaborazione in Medio Oriente con gli Emirati Arabi Uniti risale al 1970 quando divenne amico personale del principe saudita. Con lui ha negoziato diritti per l’estrazione del petrolio e ha trattato con la Investment Authority di Abu Dhabi la vendita per 41 milioni dollari di quote per un hotel di lusso.
È stato accusato di essere un agente degli Emirati Arabi Uniti all’insaputa del Ministero della Giustizia, contrariamente alle norme in vigore. È stato inoltre accusato di cospirazione ai danni dello stato, di ostruzione alle indagini e di avere mentito all’ FBI durante l’inchiesta sulle sue attività. E di avere diffuso informazioni sensibili e riservate a un governo straniero. Di fronte a questo pesante corpo di accuse Barrack ha affermato di essere innocente e che al processo si dichiarerà “Not guilty”. Secondo il FARA (Foreign Agents Registration Act) ciò che ha fatto Barrack, cioè lavorare con e per un governo straniero è un atto criminale di enorme gravità.
Il Congresso passò questa legge nel 1938 quando c’era il timore segreto che i nazisti potessero esercitare un’influenza negativa sul territorio americano. La legge richiede che gli agenti stranieri comunichino al Dipartimento di Giustizia (DOJ) i loro movimenti, le loro azioni e i loro obiettivi. È ovvio che se si è agenti di una potenza straniera questo è in contraddizione con la natura stessa di quel ruolo. Se scoperti, tuttavia, l’infrazione di queste norme comportava almeno in passato anche 5 anni di prigione o l’essere deportati nel paese per cui si lavorava, nel caso non si fosse cittadini americani. Dal 1966 al 2015 il Ministero ha avuto solo pochissimi casi e comminato solo 3 condanne. Dal 2016 (l’anno dell’elezione di Trump), però, ha registrato un numero crescente di condanne e solo in quell’anno ce ne sono state 10. Da allora il DOJ ha emanato diversi avvisi di pericolo che includevano anche studi di avvocati e compagnie di social media e media visuali.
Bisogna specificare tuttavia che questa legge ha bisogno di un update che la renda al passo con i tempi in epoca di internet: vanno infatti ridefiniti i parametri di cosa significhi propaganda straniera ad esempio e in cosa consista un intervento a gamba tesa nelle decisioni politiche da parte di uno stato estero. Le cose oggi sono molto diverse anche solo rispetto ad alcuni anni fa. Specie dopo la presidenza Trump. Altrimenti si corre il rischio che persone come Barrack o altri come lui se la cavino, almeno sul piano giuridico. Dunque sono necessari grandi cambiamenti per tutelare la sicurezza nazionale. Oggi la cyber security è un elemento fondamentale per la protezione interna di un paese e devono essere introdotti parametri adeguati a questo nuovo modo di fare spionaggio. Cosa che il Congresso non ha fatto. Sono state presentate 40 riforme di legge e non ne è stata passata neanche una. Questa è una legge che avrebbe enormi potenzialità di restringere le interferenze di paesi stranieri negli States, ma al momento può fare ben poco ad esempio per bloccare i media sponsorizzati da potenze straniere che ogni giorno fanno propaganda distruttiva o si fanno promotori di pericolosi messaggi di estremismi politici e religiosi. Il primo emendamento quello della libertà di parola e di stampa li blocca. E non è certo quello l’ostacolo. Tuttavia il Congresso e il Ministro della giustizia possono richiedere a queste presenze sul territorio nazionale, che anch’esse hanno bisogno di una regolamentazione più precisa e adatta ai tempi di registrarsi con il FARA. Questo intanto permetterebbe al DOJ, almeno di monitorare le loro attività e di consentire alla stampa di parlarne.