Anna Camaiti Hostert
Cartolina dall'America

La sentenza

Ventidue anni e mezzo di carcere: la sentenza al processo per l'omicidio di George Floyd da parte del poliziotto Derek Chauvin ha un forte valore simbolico (anche se la pena è inferiore rispetto alla richiesta). È una decisione che segna una svolta nei rapporti tra giustizia e polizia negli Usa

La sentenza che condanna Derek Chauvin, il poliziotto che a sangue freddo giustiziò nel maggio dell’anno scorso, George Floyd tenendogli premuto un ginocchio sul collo per 9 minuti e 30 secondi, mentre l’uomo, senza successo, implorava di lasciarlo respirare, è arrivata. 22 anni e mezzo. Non pochi se si pensa che una condanna di tale lunghezza per un poliziotto che ha ucciso un afroamericano non ha precedenti nella città di Minneapolis e pochi altro in tutto il paese.

La famiglia di Floyd non è rimasta soddisfatta però in quanto l’accusa aveva chiesto 30 anni. Infatti Chauvin, che adesso ha 45 anni, per buona condotta e con la condizionale potrebbe uscire tra 15 anni. Certo, a convalidare le rimostranze della famiglia, è importante ricordare che se un nero avesse ucciso un bianco nello stesso modo avrebbe avuto l’ergastolo senza condizionale. E dunque, si chiedono molti attivisti dei diritti civili, perché questo non è accaduto?

Il giudice Pete Cahill si è spinto oltre i 12 anni e mezzo prescritti dalla legge in casi del genere in virtù dell’abuso di potere cui si è servito Chauvin per uccidere Floyd e della particolare crudeltà che ha mostrato. “Solo perché la sentenza commina il massimo della pena mai prescritta prima d’ora, non significa che sia abbastanza” ha commentato una donna di colore parte di un gruppo di protesta fuori del tribunale.

L’avvocato della famiglia Floyd, Ben Crump ha detto che spera ancora che a Chauvin venga comminata la sentenza massima in un prossimo processo che sarà intentato dai rappresentati dei diritti civili, seppure si è detto contento del fatto che questa è stata la pena più lunga mai ricevuta da un poliziotto in Minnesota. Ma ha anche aggiunto un elemento degno di nota: “La giustizia vera in America dovrebbe prevedere che le donne e gli uomini neri e in generale le persone di colore, non dovrebbero avere paura di essere uccisi dalla polizia solo per il colore della loro pelle. Questa sarebbe vera giustizia” È difficile dargli torto!

Fuori del tribunale circa 50 persone manifestavano contro una condanna troppo breve per un crimine cosi efferato.

Chauvin, che è stato portato in una prigione di massima sicurezza ad Oaks Park Heights, non ha mostrato alcuna emozione quando il giudice ha emanato la sentenza. Con il viso coperto dalla mascherina anticovid, solo gli occhi si muovevano in fretta roteando nella sala del tribunale. Adesso è in una cella da solo per sua protezione dove gli vengono serviti i pasti espressamente dal personale carcerario.

Venerdì Chauvin, che non è salito sul banco dei testimoni, si è rivolto alla famiglia Floyd solo brevemente con parole dal non chiaro significato: “Voglio porgere le mie condoglianze alla famiglia Floyd. Ci saranno altre informazioni in futuro che potrebbero essere di qualche interesse. Spero che l’andamento delle cose vi aiuterà a trovare pace” ha detto senza dare altre spiegazioni.

L’avvocato della difesa Eric Nelson ha parlato del tormento del poliziotto e dei suoi interrogativi: “Cosa sarebbe successo se…? (What if… What if… What If…?)”. La madre di Chauvin che continua a difendere il figlio, proclamando la sua innocenza, ha chiesto misericordia per lui e ha dichiarato la sua indiscussa disponibilità ad accoglierlo quando tornerà a casa.

Viene fatto di chiederle dove era andata a finire quella stessa misericordia che invoca adesso per il proprio figlio quando veniva richiesta da George Floyd.

L’avvocato dell’accusa Mathew Frank ha chiesto al giudice di andare oltre le regole della pena previste in questa occasione, visto chela parola giusta per quello che è accaduto è “tortura”. “Questo non è un colpo di pistola o un pugno in faccia. Questi sono 9 minuti e mezzo di pura crudeltà nei confronti di un uomo che era impotente a difendersi e che implorava di lasciarlo respirare” ha detto l’avvocato.

I membri della famiglia Floyd, uno dopo l’altro hanno testimoniato piangendo disperati. Perfino la piccola figlia di George, Gianna, ha mandato un video dove parla delle cose che avrebbe voluto fare con il padre concludendo alla fine con “Dad, I miss you and I love you”.

Infine, a dispetto della richiesta di Chauvin di un nuovo processo, il giudice glielo ha negato. 

Questa condanna segna per la famiglia Floyd e per gli afroamericani tuttavia qualcosa di raro: in pochi casi i poliziotti accusati di brutalità o di condotta impropria contro gli afroamericani sono andati a processo e la lista di assoluzioni e di processi sospesi per irregolarità è certamente più lunga di quella delle condanne andate in porto. In anni recenti le assoluzioni hanno incluso poliziotti accusati di avere ucciso, tra gli altri, Philando Castile proprio a Minneapolis e Terence Crutcher a Tulsa in Oklahoma.

Gli altri tre poliziotti coinvolti nell’arresto di Floyd andranno a processo il prossimo marzo e sono accusati di favoreggiamento e di omicidio colposo.

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