In vendita da oggi
Ecco Succedeoggi Libri
La critica su Leone Piccioni, le invettive contro i comici di Antonio Gramsci, le donne letterate dell'Ottocento di Marise Ferro, i campioni maledetti e dimenticati di Gianni Cerasuolo: sono i primi quattro titoli di Succedeoggi Libri. Una novità pensata per i nostri lettori
A otto anni dalla nascita della nostra factory culturale, Succedeoggi, abbiamo deciso di puntare in modo organico sull’editoria. Il newsmagazine che ben conoscete ormai può vantare intorno a sé un gruppo di lettori stabili e fedeli (siamo oltre 40000 al mese): voi che ci leggete, insomma. E, dunque, da questo mese di giugno 2021 la nuova casa editrice Succedeoggi Libri si rivolgerà a tutti voi con dei libri pensati e realizzati in sintonia con i caratteri essenziali del newsmagazine. Cliccando qui, troverete tutte le informazioni specifiche e le indicazioni per procedere all’acquisto direttamente dal sito di Succedeoggi (presto i libri saranno anche nelle librerie on line e in alcune librerie “amiche” che saranno subito comunicate).
D’altro canto, il successo e la longevità di www.succedeoggi.it si fonda sulla qualità culturale degli approfondimenti e sull’eleganza grafica delle proposte: i nuovi libri di risponderanno innanzi tutto a queste due esigenze.
Sono tre le direttrici della nuova casa editrice: saggistica divulgativa (rarità bibliografiche fornite di nuovi materiali critici; saggi scritti per l’occasione); opere di Leone Piccioni (si tratta del nume tutelare di Succedeoggi, di lui, nel tempo verranno ristampate tutte le opere); libri di poeti (non sillogi originali, ma soprattutto raccolte di classici dimenticati e recuperati o libri dedicati ai poeti sotto forma di epistolari o simili). Non sono previsti libri di narrativa.
Quattro i titoli già disponibili: Leone Piccioni, una vita per la letteratura, Atti del Convegno di Studi che si è tenuto presso l’Archivio Centrale dello Stato di Roma, 27-28 maggio 2019, a cura di Gloria Piccioni e Silvia Zoppi Garampi; Antonio Gramsci, Contro i comici, a cura di Nicola Fano; Marise Ferro, Le romantiche, a cura di Francesca Sensini; Gianni Cerasuolo, Piedi per aria, Storie di campioni dimenticati e maledetti.
Vediamoli un po’ più nel dettaglio.
Leone Piccioni lettore ed esegeta della poesia italiana dell’800 e del 900, ha fatto dialogare l’accertamento analitico delle verità del testo con la visione di un suo tendere a un destino. Critico militante – dal secondo dopoguerra – su quotidiani e riviste di rilievo nazionale; autore di saggi sulla prosa, il racconto, il romanzo contemporanei; egli stesso ha firmato reportage di viaggio e una scrittura aforistica praticata fino ai suoi ultimi anni. Ma il lascito di Piccioni è stato più ampio e sfaccettato: come non ricordare il suo ruolo di primo piano nell’ideare e attuare i programmi culturali della Rai quando era l’unica emittente nazionale e nella riforma della Radio a metà degli anni Sessanta, con una visione anticipatrice che ha sdoganato in Italia esperienze musicali internazionali, dal jazz (reputato ancora un genere da evitare) ai ritmi latino-americani. E poi la sua capacità di fine, paziente tessitore, nel nome della letteratura e della poesia, capace di creare reti di alleanze virtuose. Fondatore e animatore di premi letterari sparsi per l’intera penisola. È stato messo in rilievo il suo ruolo di intellettuale di raccordo, lo spirito collaborativo pur nella fermezza dei giudizi di gusto e di valore. Gli Atti qui raccolti del convegno di studi Leone Piccioni una vita per la letteratura, che si è tenuto all’Archivio dello Stato di Roma il 27 e il 28 maggio del 2019, sono il significativo risultato di una prima messa a fuoco del singolare lascito di Piccioni, del suo impegno umano e professionale per la resurrezione culturale e morale dell’Italia repubblicana.
Antonio Gramsci, invece, ha esercitato la critica teatrale in un periodo cruciale per la scena italiana: tra il 1916 e il 1920 iniziò a imporsi il genio di Pirandello; con Virgilio Talli si consolidò la nuova figura del regista; esplose definitivamente il fenomeno della comicità popolare con Fregoli, Petrolini e Viviani. Da buon cronista dell’edizione torinese de l’Avanti!, Gramsci testimoniò in diretta questi fenomeni. Fu tra i primi a sottolineare la genialità dell’autore di Liolà e Il giuoco delle parti, fu tra i più lucidi a tessere l’elogio di Virgilio Talli ma non capì la comicità popolare che bollò come volgare, commerciale e diseducativa. E fu un peccato perché invece Petrolini e gli altri erano proprio gli interpreti di quel proletariato al quale Gramsci stesso aveva dato piena cittadinanza politica.
Curato dallo storico del teatro Nicola Fano, questo libro per la prima volta raggruppa per temi i più importanti interventi in materia di Antonio Gramsci. E, se da un lato l’autore si scaglia contro la gestione commerciale dei teatri torinesi, colpevoli di puntare solo sui comici, dall’altra egli teorizza la necessità di un nuovo teatro etico che aiuti l’uomo a definire se stesso e la propria identità in relazione alla società. Ma in queste pagine c’è anche il ritratto di un teatro in fermento come quello del primo Novecento, che faticosamente cerca le strade di una nuova arte dell’attore che cancelli un passato di mattatori gigioni e manierati. Ecco allora che brillano i ritratti di grandi interpreti come Ruggero Ruggeri o Angelo Musco; mentre all’elogio di Emma Gramatica si contrappone una geniale, argomentatissima stroncatura del mito di Lyda Borelli.
George Sand, Marceline Desbordes Valmore, Marie d’Agoult, Marie Dorval, Delphine de Girardin, Juliette Récamier, Charlotte de Hardenberg, Évelyne Hanska, Juliette Drouet, Louise Colet, Alphonsine Plessis, Emily Brontë. Dodici donne vissute tra fine Settecento e metà Ottocento incarnando, nei moti del sentimento, per l’inclinazione agli eccessi della passione e delle emozioni, le istanze del Romanticismo. Donne finite ai margini della memoria collettiva, riesumate da Marise Ferro, una delle più significative scrittrici del Novecento la cui opera – ricca e originale – ha avuto dopo la sua scomparsa lo stesso destino delle sue Romantiche, sfuggendo del tutto all’attenzione della critica.
Dodici racconti – pubblicati nel 1958 dai Fratelli Fabbri editori e oggi riproposti a cura di Francesca Sensini da Succedeoggi Libri – nello stile dell’autrice, illuminista di formazione: un mix di humor, eleganza e realismo, ma anche di impegno culturale per l’emancipazione femminile «dalle illusioni e dai sogni a cui l’educazione, i condizionamenti sociali e l’ignoranza le ha esposte per secoli e continua insidiosamente a esporle ancora ai suoi tempi». Un merito in più da ascrivere all’originalità di Marise Ferro, insieme a quello di antesignana, al di fuori delle tendenze dell’industria editoriale, di un genere, quello delle biografie di donne, oggi molto praticato.
Il libro di Gianni Cerasuolo, infine, è una galleria di campioni che hanno attraversato il mondo dello sport come una fiammata improvvisa nella quale il gesto atletico si mescola alla vita e alla storia. Gianni Cerasuolo, giornalista, per anni responsabile delle pagine sportive di Repubblica, va a ripescare nella memoria popolare le gesta di eroi irregolari e dimenticati: calciatori (Garrincha, Andrade, ma anche Best, Di Bartolomei e tanti altri) piloti (Senna), pugili (il sinti Rukeli), ciclisti (da Dancelli a Poulidor), corridori e lanciatori (Gelsomini e Consolini). Una galleria di uomini che hanno attraversato il mondo in piedi per aria. Come scrive Maurizio Crosetti nella prefazione: «Ci sono uomini che sembrano romanzi, lo sport ne ha raccontati tanti ma di più ne ha dimenticati. Vite incenerite dal lampo di una fiamma, oppure consumate nella lentezza del declino. Questo libro ne recupera una manciata e ce li offre come un mazzo di rose: ne valeva la pena. Tra le pagine che Gianni Cerasuolo ha scritto con lo scrupolo di uno storico e l’amore di un romantico, incontriamo alcuni famosissimi giganti come Garrincha, Senna e George Best, e accanto a loro figure meno ingombranti, piene di dignità e desolazione. Salgono sulla scena, la lampadina li illumina, giusto il tempo di uno sguardo, di una parola, di un ultimo ballo. A volte li chiamiamo eroi maledetti ma è pigrizia, è retorica. Basterebbe dire grandi atleti e uomini liberi».