Finestra sul mondo
Sparate sul critico
Il sindacato degli attori inglesi detta le regole che i critici teatrali dovrebbero rispettare per scrivere recensioni politicamente corrette: niente riferimenti a età, razza, genere e aspetto fisico degli interpreti. Ma la categoria sotto accusa chiede rispetto per la libertà di pensiero
Cari critici, per favore, quando scrivete la vostra recensione di uno spettacolo teatrale omettete qualsiasi riferimento a età, razza, genere e aspetto fisico degli attori. Equity, il più grande sindacato inglese dei lavoratori dello spettacolo (47.000 iscritti fra attori, ballerini, performer, tecnici e registi), ha da poco messo a punto una serie di linee guida destinate ai critici teatrali per orientarne il punto di vista (https://www.theguardian.com/stage/2021/apr/23/theatre-critics-should-consider-their-ethnicity-and-privilege-says-equity). Lo scopo? Evitare che i loro articoli siano basati su “pregiudizi inconsci” e che il colore della pelle di un attore, la sua etnia, e, in generale, il suo aspetto, siano citati senza ragioni oggettive ed evidenti.
Fondamentale, sottolinea il documento, è che i critici non dimentichino mai che siamo tutti uguali, che nessuno deve essere etichettato come “strano” o “diverso” e che anche le storie e i temi delle minoranze vanno trattati con curiosità e apertura mentale. Il razzismo ha mille modi per manifestarsi e chi scrive di spettacolo non deve mai smettere di chiedersi se la propria origine, classe sociale e i relativi privilegi lo rendano idoneo a commentare o raccontare una certa storia. L’oggettività non esiste – notano gli estensori delle regole – e chiunque scriva un commento su una rappresentazione teatrale è influenzato dalle proprie esperienze e dal proprio modo di vedere il mondo. E su questo bisogna sempre riflettere.
All’origine della presa di posizione di Equity c’è la battaglia contro le “recensioni razziste” condotta dall’attore e cantante di origine ghanese Emmanuel Kojo che, con la redazione di The Stage (https://www.thestage.co.uk/opinion/editors-view-theatre-has-made-progress-on-race–critics-need-to-catch-up) ha approfondito il tema dell’inclusività e della diversità nell’industria del teatro e dello spettacolo in un numero speciale del settimanale inglese. «Se un attore di colore recita in un ruolo generalmente interpretato da un attore bianco, nella maggior parte dei casi il colore della pelle diventa l’argomento principale dei commenti sui giornali, e questo è insopportabile», scrive Emmanuel Kojo nel suo intervento. «In Inghilterra il teatro è un’opportunità anche per i ragazzi di colore che vengono da famiglie povere, come nel mio caso. Ora sono i critici a doversi mettere al passo».
«Il fatto è che la critica teatrale è nelle mani di pochi maschi. bianchi, borghesi e di mezza età (white, male and stale)», scrive l’attrice e cofondatrice di Blacktress UK Cherrelle Skeete. Per rafforzare la tesi di un mondo della critica contrassegnato da idee ristrette e non immuni dal virus razzista, Cherelle Skete cita i dati di una ricerca sul giornalismo condotta dal Sutton Trust, la fondazione che studia e incentiva la mobilità sociale in Inghilterra. L’80% dei direttori ha frequentato scuole private, solo ‘11% dei giornalisti viene dalla classe operaia e un misero 0,2% è di colore, sebbene la popolazione nera in Inghilterra rappresenti il 3,3%. L’auspicio è che ci siano più giornalisti e critici teatrali di colore. «Francamente stalinista e inopportuno in questo momento di difficoltà per il teatro e per chi scrive di teatro», così commenta il documento di Equity il critico del Daily Telegraph, Dominic Cavendish. «E non saranno certo le regole del sindacato a farmi rinunciare alla mia libertà di pensiero».