Luca Zipoli
A proposito de "Il principe del mondo"

La saga di NY

Il nuovo romanzo di Antonio Monda, l'ottavo del ciclo di storie dedicate a New York, è un ritratto del mondo dilaniato dalla grande crisi del Ventinove, dove nascono enormi ricchezze e terribili povertà. Con l'esplosione del cinema sonoro sullo sfondo

L’avvento del sonoro nel cinema, l’ascesa dei magnati capitalisti, la crisi del ’29. Sono questi alcuni dei grandi avvenimenti storici attraverso i quali si dipana la trama de Il principe del mondo, il nuovo romanzo di Antonio Monda (Mondadori, 2021, 296 pagine). Il libro si inserisce all’interno di una saga di romanzi che l’autore ha voluto dedicare alla storia di New York, scrivendo un volume per ciascun decennio del Novecento (prima di questo ne sono stati già pubblicati 7).

Professore di cinema alla New York University e direttore della Festa del Cinema di Roma, Antonio Monda è un grande conoscitore della Grande Mela, dove vive da tantissimi anni, al punto che nel 2013 è stato definito dal New York Times come «il custode della gloria di New York». Quest’ultimo episodio della saga è dedicato agli anni Venti, e vede il narratore, Jacob Singer, attraversare alcuni degli anni più intensi nella storia della città, che hanno contribuito a plasmare quella fisionomia per cui è nota ancora oggi in tutto il mondo.

Classe 1899, ebreo di origine polacca e con il mito dell’America, Jake si ritrova a vivere in prima persona le rivoluzioni citate all’inizio grazie alla possibilità che gli è offerta di lavorare a stretto contatto con due personalità che incarnano lo spirito di quei tempi. Infatti, Jake è prima assistente personale di Sam Warner, produttore cinematografico artefice di The Jazz Singer, il primo film sonoro della storia, e poi, dopo la sua morte improvvisa, diviene segretario di Joseph Kennedy, imprenditore ambizioso e senza scrupoli, impegnato a rendere la sua famiglia una delle più potenti d’America. Cattolico, e di origine irlandese, Joseph è marito di Rose Fitzgerald e padre di nove figli, tra cui John, il futuro presidente americano assassinato a Dallas, e Bob, il candidato alla presidenza ugualmente frenato nelle sue ambizioni da un colpo di pistola. In qualità di suo stretto collaboratore, Jake conquista la fiducia del capostipite ed entra a pieno titolo nella famiglia Kennedy, sperimentando quella vita dorata tra le tenute di Hyannis Port e Riverdale che negli anni Sessanta i giornali avrebbero ribattezzato con il nome mitico di “Camelot”.

Incaricato di seguire molte delle manovre imprenditoriali di Joseph Kennedy, Jake, oltre che il bel mondo dei miliardari, arriva a conoscere anche il lato oscuro del “sogno americano”, che dietro la sua maschera di positivo ottimismo cela un sottobosco fatto di accordi malavitosi, operazioni controverse, e comportamenti amorali. Non a caso, il “principe di questo mondo”, da cui deriva il titolo, è l’inquietante definizione che, nel Vangelo di Giovanni (Gv. 12, 31), viene data del Diavolo, che – come il libro dimostra efficacemente – assume diverse forme nella vita di Joseph Kennedy, e finisce per incrinare quell’immagine di olimpico patriarca da lui costruita e ostentata. Alla figura chiaroscurale di Kennedy e al suo assistente inquieto, si associa un altro personaggio cardine del romanzo. È la città di New York, che – come negli altri episodi della saga – è descritta egregiamente in molte belle pagine e appare come la vera protagonista dell’opera. «Città di infiniti mondi» (p. 235), ricca e povera, depressa e vitalistica, divisa tra altezze vertiginose e inquietanti bassifondi, New York sembra incarnare l’essenza contraddittoria del mondo e riassumere in sé i contrasti di tutta l’America. A testimonianza della natura paradossale che la connota, il romanzo ricorda come in quegli anni la città sviluppa due degli edifici più alti e spettacolari del mondo – l’Empire State Building e il Chrysler Building – proprio mentre combatte la sua peggiore crisi finanziaria, in seguito al crollo di Wall Street.

Il libro di Antonio Monda, scorrevole e avvincente, ha il merito di offrire un affresco vivido e affascinante degli anni Venti, riuscendo a restituire in maniera efficace le atmosfere di quel decennio. Molto felici, tra le altre, sono le descrizioni degli incontri di boxe, lo sport icona di quel decennio, che non a caso viene ripreso anche dal bel quadro di G. W. Bellows stampato in copertina. Il libro non è, però, solo un romanzo storico, e getta più di un ponte verso il presente, verso questioni per noi attuali, come, per fare un esempio, la definizione della propria identità in una società multiculturale e le ambiguità di certa aristocrazia capitalistica. Il principe del mondo si pone, in definitiva, come una lente privilegiata attraverso cui leggere la complessità dell’America sia di ieri sia di oggi, e per indagare le sfide che la attendono nel futuro. Perché «niente come New York ti dà l’idea di vivere il futuro» (p. 22).

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