La biografia di Philip Roth al rogo
Censura immorale
La "condanna" che ha colpito il libro di Blake Bailey dimostra che siamo di fronte a una grottesca, ridicola, assurda farsa collettiva di moralismo e ignoranza. Nessuna persona dotata di buon senso dovrebbe arrogarsi il diritto di calare la scure censoria sui libri
Quanto abbiamo amato e continuiamo ad amare Salinger, Woody Allen, Amos Oz, Celine, Philip Roth pur con le loro fedine “morali” a volte non ortodosse? E di nomi se ne potrebbero fare molti altri. Scrittori e artisti sono persone umane, e se anche sfiorassero atteggiamenti che umani non paiono al comune senso del pudore conta solo il fatto che il giudizio sulle loro opere si dovrebbe basare su canoni di bellezza, canoni estetici: leggere i loro libri, vedere i loro film ci rende felici, ci fa viaggiare lontano, in mondi possibili, ci fa sognare.
Chi può decidere di allontanare dalle puntate di un celeberrimo serial televisivo un attore eccellente e amato perché grava il sospetto di un comportamento sessualmente disinibito? E se poi le accuse cadessero una per una e si scoprisse che dietro ci sono moti di vendetta? Persino una canzone, anni fa, rischiò di essere ritirata dal mercato italiano, mentre all’estero ridevano di noi. Parlo di Je t’aime moi non plus (1969) che solleticava la pruderie di certi benpensanti, per le parole, i sospiri allusivi di Jane Birkin e Serge Gainsbourg. Per fortuna in Italia di recente la censura cinematografica, retaggio di una superata morale cattolica (che si abbatté persino su certi film neorealisti: «I panni sporchi si lavano in casa», ebbe a proclamare Andreotti di fronte a un allibito Zavattini), è stata abolita ufficialmente, fatto storico che apre le porte alla libertà di espressione. Potremo finalmente vederci in tutta tranquillità le scene tagliate con Marlon Brando e Maria Schneider nella versione integrale del film Ultimo tango a Parigi di Bernardo Bertolucci (1972).
Se mettessimo le mani nel passato della storia letteraria di tutto il mondo e scoprissimo nefandezze commesse dagli amati autori classici, che cosa dovremmo inutilmente scoprire? Rinnegare le nostre letture migliori che ancora oggi ci tengono compagnia di fronte a una produzione a volte fiacca, ripetitiva, monocorde? Eppure qualcuno si è spinto anche lì con stupidità grottesca: la direttrice della casa-museo di Jane Austen a Chawton ha demonizzato la stessa Austen, colpevole – a suo dire – di appartenere a una famiglia implicata nella tratta degli schiavi (il padre, colonialista, amministrava una piantagione di zucchero ad Antigua! E la povera Jane che cosa c’entra con tutto questo?).
Quando si arriva a tali limiti di ignoranza è lecito aspettarsi di tutto. Persino che la casa editrice americana di W.W. Norton & Company decida di ritirare e mandare fuori produzione la biografia scritta da Blake Bailey, Philip Roth, dopo le accuse di molestie da lui commesse in passato. Parliamo del macero di un libro di 900 pagine, di chissà quale tiratura, dato il risalto enorme, mediatico su tutti gli organi di stampa e le aspettative del pubblico in tutto il mondo. Per di più la scure si è abbattuta anche su un libro precedente di Bailey, pubblicato nel 2014, dal titolo The Splendid Things We Planned. Ma che senso ha? Se un ignaro marziano “colto” capitasse sulla Terra e gli si spiegassero le manifestazioni di questa isteria, di questa grottesca, ridicola, assurda farsa collettiva di moralismo e ignoranza, sarebbe capace di provare orrore e portarsi via i modelli digitali di tante opere della mente e della fantasia?
Ogni frutto della mente di protagonisti delle arti nel corso del tempo – libri, pellicole cinematografiche, quadri persino – sono patrimonio di una cultura inalienabile, sulla quale nessuna persona dotata di buon senso dovrebbe permettersi, arrogarsi anzi, il diritto di calare la scure censoria, persino bruciare (il rogo descritto in Fahrenheit 451 di Roy Bradbury ce lo ricordiamo?): si tratta soltanto di menti “malate”, fanatiche, che in nome di una legge, di una censura immorale distruggono la bellezza, la grandezza di chi è stato capace di dare vita a capolavori della storia. La cultura è storia che va onorata, conservata, tramandata, dice Elisabetta Sgarbi: «Cultura e memoria viaggiano insieme, cancel e culture non possono stare insieme». Gli editori dovrebbero limitarsi a giudicare il valore di un’opera e a pubblicarla, senza lasciarsi influenzare da ragioni di altro genere, da giudizi morali. È illegale decidere di sopprimere libri, di toglierli dal mercato, di privare il pubblico del privilegio di leggere. «Confondere il grado di “moralità” dell’autore con la ragion d’essere della sua opera – ha scritto Paolo Di Stefano sul Corriere della Sera – è un errore prospettico e un’immoralità speculare a quella che si vorrebbe censurare».
Impossibile non indignarsi. Con la consueta ironia Natalia Aspesi su Repubblica, ridicolizzando questa «onda massiccia, vendicativa e triste» che produce anche evidenti fastidi, si è chiesta: «Distruggeranno i romanzi di Roth e quelli di Houellebeck? Cambieranno il finale di Anna Karenina o di Madame Bovary?».
«Stanno vincendo loro: i censori, gli oscurantisti, i fanatici – sottolinea Pierluigi Battista sull’Huffington Post –. Stavolta lo sciocchezzaio della cancel culture esce dal recinto della setta, abbandona i territori del ridicolo in cui si sono radicati per diventare potere intimidatorio vero, potenza di fuoco…».
La graticola del #MeToo sta precipitando verso una grottesca vicenda, la sua rivoluzione mangia se stessa (Il Foglio). È quasi comica la situazione? Sì, se non si considerasse persino la inutilità di questi gesti assurdi: sospendere pubblicazioni e pubblicità, bloccare spedizioni, cancellare seconde tirature di chissà quale entità e guadagni. «Come avresti potuto fare con il lancio della comunicazione?», mi ha chiesto un’assidua frequentatrice della rete, una opinionista che giudicherei innocente se non cercasse di avere una visione «capziosa e superflua» (come qualcuno con me l’ha giudicata), per il solo gusto di provocare, credendo di essere originale andando contro la comune ragione. E se non fosse che l’intera, ridicola faccenda è vanificata dal fatto che il libro di Bailey è vivo e gode di salute e diffusione: come tanti lo sto leggendo magno cum gaudio nella edizione di Amazon in lingua originale. Verrà soppressa anche questa? Di certo Einaudi lo starà traducendo, evitando di cadere nella medesima palude, nell’immenso sciocchezzaio.
Una risata li seppellirà? È ciò che pensa Maria Rosa Mancuso, sul Foglio, una sghignazzata liberatoria («Ridere dei fessi e dei tartufi è sempre liberatorio»). Sì, molto meglio riderci sopra, lo scandalo sarà un boomerang che finirà in un enorme danno, ovvero in una bolla di sapone che farà ridere lo stesso Philip Roth, di lassù.