Anna Camaiti Hostert
Cartolina dall'America

Lo stile Biden

Sono bastate tre settimane al nuovo presidente Usa per cambiare totalmente volto al rapporto tra Casa Bianca e cittadini. Tutto va nella direzione dell'uscita dal clima di "Incivil war" instaurato dal suo predecessore (sotto processo per la seconda volta)

È uno stile di essere, di agire e di reagire, come ci ricorda Baltasar Gracian, gesuita del seicento, amato da Schopenhauer e da Nietzsche, a guidare quella “saggezza civile” che non rinuncia alla dignità personale e tiene conto di quella altrui nel servire il bene comune. Questa descrizione si adatta bene ai tratti peculiaridella leadership di Joe Biden. La differenza tra il suo modo di porsi e quello sgangherato di Donald Trump e del suo altrettanto sgangherato staff e gruppo di amici salta agli occhi.

Basta vedere la penosa manfrina che gli avvocati di Trump e alcuni repubblicani stanno mettendo in atto in Senato, (commettendo anche, nei loro discorsi di difesa dell’ex presidente, alcuni madornali errori storici) per evitargli il secondo processo di impeachment, cominciato ieri.  Un record presidenziale che, se confermato, non è mai stato raggiunto nella storia americana.

Viceversa Biden sta dando prova di una compostezza e di una serietà che il difficile momento richiedono.

Nel suo Oracolo manuale ovvero l’arte della prudenza Gracian ha raffigurato la virtù e l’indipendenza dell’uomo politico laico, ma cristiano sul piano personale della decisione e dell’azione, una militia sine malitia improntata appunto alla prudenza nel senso dell’equilibrio delle scelte, ma anche dell’abilità nel battersi per realizzare la propria agenda politica. Queste qualità devono caratterizzare il foglio di viaggio di un leader.

E in effetti le prime tre settimane della presidenza Biden sembrano proprio muoversi in questa direzione e confermare questo stile. A cominciare dal suo discorso inaugurale del 20 gennaio. Lo stesso linguaggio del corpo e la sua gestualità ci hanno immediatamente rivelato un uomo composto e equilibrato, umano ed empatico nel rivolgersi in prima istanza a una comunità che sa essere profondamente ferita dalla pandemia e dalla crisi economica che ne è la conseguenza e del cui dolore, è evidente, si sente partecipe.

A tratti il suo appello all’unità del paese e ad abbandonare questa “uncivil war” arrivata al suo culmine con l’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio e incitata da Trump che proprio per questo sta affrontando il suo secondo impeachment, è stato accorato. La condanna della violenza, del razzismo e l’esaltazione dei principi della democrazia sono state pacatamente ferme e senza eccessi; i suoi richiami al rispetto reciproco, alla solidarietà, alla dignità, al trionfo della verità vigorosi e senza tentennamenti. Ma mai esacerbati dal risentimento.

Inoltre le prime decisioni prese dal presidente Biden confermano questo suo stile personale oltre ovviamente alla sua agenda politica e contravvengono molte delle scelte trumpiane, a cominciare dal rapporto con il mondo dell’informazione. Alle tradizionali conferenze stampa giornaliere tenute dall’addetto nominato dal presidente, Trump aveva infatti preferito quelle che sono state definite “chopper talks” cioè quelle brevi esternazioni informali, fatte nello spazio di minuti che intercorrono tra la Casa Bianca e l’aereo o l’elicottero presidenziali e che necessariamente con la fretta del momento fornivano solo poche informazioni spesso date da alcuni del suo staff o dal presidente stesso. Egli, con l’arroganza che lo contraddistingueva nei confronti dei rappresentanti di certa stampa, li escludeva dalle domande e li tagliava fuori dal dibattito definendoli semplicemente parte delle fake news. Il 23% delle informazioni fornite alla stampa durante la presidenza Trump non sono state date dall’addetto stampa, di contro al 14% di quelle sotto la presidenza Obama e al 4% di quelle sotto Bush.

Ebbene, Biden, per bocca di Jen Psaki, la nuova addetta stampa ha ristabilito le conferenze stampa giornaliere. A questo va aggiunto che è difficile ricordare quanti addetti stampa si sono succeduti durante la presidenza Trump; di sicuro almeno 4.

Molte altre sono le decisioni di Biden che hanno contraddetto quelle del suo predecessore. Tra di esse solo nella prima settimana quella di avere un piano preciso per le vaccinazioni con l’intento di velocizzarle, di rientrare negli accordi per il clima di Parigi, di rimanere nell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e di nominare Anthony Fauci a rappresentare gli Stati Uniti nella stessa organizzazione. E poi quella di eliminare il divieto di entrare nel paese da parte di alcuni paesi musulmani, di interrompere i fondi per la costruzione del muro con il Messico; solo per citarne alcune.

Purtroppo i danni che ha fatto Trump al paese non se andranno cosi presto, ma è importante che sia cominciato il processo di guarigione delle ferite che ha inflitto al paese e proprio lo stile che contraddistingue il nuovo presidente sembra essere il rimedio migliore. La sua ferma umiltà e la sua determinazione con un tocco di gentilezza e priva completamente di arroganza sembra essere un buon antidoto se non a riportare il paese a quello che era prima, certamente a far presente che l’attenzione alla salvaguardia dei principi della democrazia, minacciata ora più che mai, deve mantenersi sempre vigile. “Ll disaccordo non deve portare alla mancanza di unione” ha detto Biden nel suo discorso inaugurale. Cosa che porterebbe alla rovina il paese. Quella milita sine malitia, come avrebbe detto Gracian, potrà forse salvare e rafforzare quello che di buono ancora è rimasto nel paese.

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