Lidia Lombardi
Lo scaffale degli editori

Per non dimenticare

“I libri sono la luce” ricorda la protagonista de “La biblioteca di Parigi”. Uno dei titoli in uscita per il Giorno della Memoria. Alcuni necessari, come il dialogo tra Liliana Segre e Gherardo Colombo, insieme ad altri destinati a suscitare polemiche, come quello che accende dubbi su Bartali eroe

«Auschwitz? Quando, anni dopo, studiai Dante mi resi conto che eravamo delle dannate, condannate con delle pene. Entrando lì, pensai di essere impazzita. Era un luogo progettato a tavolino da persone stimate nel loro mondo, un luogo che avevano pensato per l’“altro”…». Liliana Segre, la senatrice novantenne, dialoga con Gherardo Colombo, il magistrato del caso Gelli e di Mani Pulite, sulla più terribile delle tragedie del Ventesimo Secolo nel libro La sola colpa di essere nati che Garzanti manda in libreria a ridosso della Giornata della Memoria, il 27 gennaio prossimo (128 pagine, 16 euro). Aveva compiuto da poco otto anni quando, con l’emanazione delle leggi razziali, le venne impedito di tornare in classe: alunni e insegnanti di “razza ebraica” sono espulsi dalle scuole statali. «Ero a tavola con mio papà e i miei nonni, quel giorno di settembre del 1938 quando mi hanno fatto diventare l’“altra”», racconta a Colombo, che rilancia: «Per me è molto importante sentirmi sulla tua stessa strada. Perché hai vissuto ciò che io ho solo letto e perché, avendolo vissuto, non hai assecondato l’istinto di rispondere all’odio con l’odio».

Un libro necessario perché sincero: «Io non ho perdonato, non ho questa forza», confessa la senatrice. «Però una volta vidi per un attimo una pistola a terra. Pensai di raccoglierla. Ma non lo feci. Capii che non ero come gli assassini nazisti. Non abbiamo bisogno di eroi, però dobbiamo sempre tenere viva la capacità di vergognarsi per il male altrui, di non accettare le ingiustizie». Così lei e il suo interlocutore, oltre a ripercorrere la discesa all’inferno degli ebrei – licenziati dalle amministrazioni pubbliche, dalle banche, impediti a sposare ariani, possedere aziende, scrivere sui giornali, infine deportati e uccisi nelle camere a gas – si interrogano sulla profonda differenza che esiste tra giustizia e legalità.

Nel catalogo Garzanti c’è anche un romanzo sugli anni più bui del Secolo breve e sulla caccia agli ebrei. La biblioteca di Parigi della statunitense Janet Skeslien Charles (400 pagine, 17 euro) è insieme una fiction e un omaggio ai bibliotecari di quella istituzione che durante la seconda guerra mondiale furono i difensori della cultura attraverso la lettura. L’autrice, che ha lavorato presso la Biblioteca Americana di Parigi, fa partire la sua storia nel 1940. «I libri sono la luce», legge emozionata Odile, la protagonista, sulla facciata della raccolta libraria. Sta per cominciare il suo impiego in una delle biblioteche più prestigiose del mondo, là dove sono passati Edith Wharton ed Ernest Hemingway. E che è minacciata dall’invasione nazista, perché i totalitarismi calpestano la conoscenza, mandano al rogo i libri, nei quali si trovano parole e concetti proibiti. Ma non deve solo salvare quelle pagine, in modo che possano nutrire la mente di chi verrà dopo di lei, Odile. Deve difendere gli ebrei della Ville Lumière, che nella Biblioteca vengono a nascondersi, cacciati come sono dalle loro case. Celano il volto dietro le copertine spalancate, abbassano la testa sulle pagine. Il libro della Skeslien Charles, atteso nella scorsa primavera dai distributori alla Fiera di Francoforte e uscito in contemporanea in tutti i Paesi, si snoda su due livelli temporali. Gli anni del conflitto e gli Ottanta del Novecento, con l’entrata in scena della giovane Lily, alla quale Odile consegna il suo segreto, una colpa commessa proprio per coprire i braccati. E in questo secondo spazio temporale la storia trova le pagine meno convincenti, indebolite dalla scomparsa dell’epos drammatico che anima gli accadimenti del ’40 e scava nell’animo dei tanti comprimari.

Uscirà il 21 gennaio ma sta già suscitando un ampio dibattitoL’ossessione della memoria. Bartali e il salvataggio degli ebrei: una storia inventata (Castelvecchi, 104 pagine, 13,50 euro) di Stefano e Marco Pivato, padre e figlio (il primo ordinario di storia contemporanea all’Università di Urbino, il secondo giornalista scientifico). Insieme smontano il Gino Bartali “Giusto” fra le nazioni, secondo il riconoscimento conferitogli nel 2013 dallo Yad Vashem. Non ci sono documentazioni né testimonianze dirette – argomenta Stefano Pivato – che tra il ’43 e il ’44 “Ginettaccio” – già vincitore di due Giri d’Italia e un Tour de France – abbia collaborato alla rete clandestina che permise a molti ebrei di sfuggire alla deportazione. La convinzione sarebbe stata sostenuta – la tesi del volume – da memorie ripescate a distanza di decenni, da voci di seconda e terza mano, da dicerie, peraltro confluite nel mare magnum incontrollato della Rete. Insorgono in tanti contro lo smantellamento della figura di Bartali eroe. La nipote Gioia torna a spiegare che il suo compito erano le traversate in bicicletta dalla stazione di Terontola-Cortona ad Assisi, per prelevare dai frati francescani documenti e fototessere destinati agli ebrei in attesa di procurarsi una falsa identità. Il giornalista Marco Pastonesi ripubblica una intervista fatta nel 2012 a una suora ultranovantenne di Assisi che conferma, per aver incontrato Bartali e averlo visto riporre le buste con i documenti nei tubi della bicicletta. C’è solo da attendere l’uscita del libro per registrare la più vasta reazione degli “addetti ai lavori” e dei fan del campione toscano.

L’Olocausto spiegato anche ai bambini per non dimenticare: Piemme manda in libreria ben tre libri sull’argomento. Il giorno della memoria raccontato ai miei nipoti (160 pagine, 14 euro) nel quale Lia Levi chiarisce, servendosi di un dialogo fitto con i piccoli, il significato del Giorno della Memoria e, attraverso le date, a partire dal 27 gennaio 1945, ripercorre la sua infanzia segnata dalle leggi razziali e dall’irrompere delle SS. 
Vogliamo ricordare di Teresa Buongiorno ed Eliana Canova (Il Battello a Vapore, 460 pagine, 16 euro) accoglie storie realmente accadute, di amicizia come in Io e Sara, Roma 1944, o di vittoria sulla disperazione narrata nel capitolo “Ho visto i lupi da vicino”. La conclusione “Che cos’è l’antisemitismo?” è ancora firmata da Lia Levi.

Una musica più forte delle bombe (Il battello a vapore, 192 pagine, 16 euro) di Mona Golabek anticipa, in una riduzione per giovani lettori, il film della Columbia Pictures intitolato La pianista di Vienna. Si chiama Lisa e possiede un grande talento musicale. I suoi genitori, ebrei, furono costretti a prendere un’amara decisione: scegliere chi, tra lei e le altre due sorelle, inviare a Inghilterra con il Kindertransport, un programma volto a trarre in salvo bambini ebrei. Lisa fu “premiata” per non mandare sprecato il suo prodigioso genio di pianista. Un plot molto poco politicamente corretto che potrebbe far passare il messaggio di una selezione dei più dotati, fin da bambini. 

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