Roberto Mussapi
Every beat of my heart

La cosa più bella

Misurarsi con la traduzione di poeti, facendo proprio il loro canto a più voci, «creando un libro nuovo» nella propria lingua. È quello che tenta di fare Roberto Mussapi nello scegliere e tradurre i suoi ideali Lirici Greci. Dal libro in uscita da Salani, ecco Saffo ispirata da Eros, da Amore…

Sto correggendo i miei Lirici Greci, che tra pochi giorni consegnerò all’editore, Salani. Ne avevo tradotti, specie per Salani, per un volume in cui proponevo mie versioni di poeti greci e latini. Qui è un’altra cosa. Ho scelto e tradotto un mio libro ideale di Lirici Greci, uno dei momenti magici della poesia universale, con i poeti Romani dell’età di Augusto, gli stilnovisti e Dante e Petrarca, gli elisabettiani che fanno esplodere Londra e il mondo nel sedicesimo secolo, i Romantici…
L’intuizione (e quindi il merito, o la colpa, si vedrà) fu di Giulio Guidorizzi, non solo insigne grecista, ma uno dei maestri dell’anima del nostro tempo, collega non solo di Vernant ma di Jung e Ries, nonché anima a me legata da affinità elettive. Guidorizzi, presentando l’edizione completa della mia opera poetica fino a quell’anno (2014), il volume Le poesie edito da Salani, dopo aver pranzato con me in un eccellente ristorante del Salone del Libro a Torino Lingotto, ospiti dell’editore e amico incancellabile Luigi Spagnol, mi presentò al pubblico affermando, tra l’altro, che da me, dalla mia lingua poetica, si attendeva, era necessaria una nuova traduzione dei Lirici Greci.
Un nuovo libro nella lingua italiana, da un poeta italiano, nel Duemila. Il riferimento a Quasimodo era esplicito: dalla sua opera, settant’anni fa, sono proliferate traduzioni dei lirici, insieme o autore per autore, ma il libro di Quasimodo, piaccia o non piaccia, con i suoi pregi e i suoi difetti, è il modello che mi riguarda: un poeta che fa sua una poesia a più voci, creando libro nuovo nella sua lingua, quella di Dante, Foscolo, Leopardi e oggi di Luzi e Beppe Fenoglio.
È ovvio che i miei Lirici saranno molto diversi da quelli di Quasimodo, è necessario, scontato. Ma tengo sempre presente che egli ha reso vivi e immediati nella lingua più cantabile del mondo (come l’inglese è la più epica) poeti strepitosi, immersi nel fuoco di una civiltà splendida per altezza e profondità spirituale, quanto primitiva e barbarica nelle sue divinità, e nebulosa, iperconcettuale, iperintelligente nella sua lingua più da filosofi che da poeti (al contrario del latino).
Bisognava, bisogna che tutto quel calderone prodigioso rinasca in una lingua semplice. Quella che cercò e trovò Giacomo liberandosi della Biblioteca, per divenire poeta e scrivere come un fanciullo. Non l’ha trovata Quasimodo e non la troverò io: non siamo Leopardi. Ma siamo anche suoi onesti discepoli, e io vorrei che la mia Saffo, forse il poeta più potente dei Lirici, splendesse nell’aurea e tempestosa violenza del suo spirito che è eros in senso greco, assoluto, che è esperienza spirituale e fisica, ove mente e corpo pulsano all’unisono, nei battiti del verso, nel cuore della poesia.
La cosa più bella, scrive la grande amata Saffo, che amava uomini e donne, ispirata da Eros, da Amore, non è nulla di ciò che puoi sognare se non l’insognabile, eppure a te prossimo: quello, quella persona che ami.

La cosa più bella

Dicono alcuni che sulla terra nera 

la cosa più bella sia un esercito di cavalieri,

alti di fanti, o una flotta di navi.

Io dico: quello che ami.

È cosa facile da capire,

perché la donna più bella di ogni tempo,

Elena, giudicò l’uomo migliore

Paride che distrusse lo splendore di Troia,

dimenticò la figlia e i genitori…

Afrodite la trascinò via nell’amore.

Saffo
Traduzione di Roberto Mussapi

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