Ancora su "Il mio amico"
Storia di Mauro
Mauro è il protagonista del romanzo di Daniela Matronola che riesce a esprimere il mondo proprio attraverso la lente di un individuo. Anche quando c'è da difendere la dignità umana con il dolore e la sofferenza
Capita spesso ad un autore che quando un personaggio gli si presenta alla mente con l’urgenza di esser raccontato, questi arrivi già carico del suo bagaglio di esperienze, affetti, peregrinazioni, illusioni, traumi, speranze e non chieda nient’altro che di adoperarsi presto a una fedele “trascrizione” di questo suo universo. Sono questi i momenti in cui, insieme allo stupore e alla gioia di questo incontro, l’autore avverte anche il bisogno immediato di mettersi al lavoro, poiché, insieme alla felicità per questa epifania, egli avverte anche un sentimento di timore – timore che il personaggio, offeso dalla sua titubanza, lo abbandoni per sempre, portando con sé la sua storia e lasciando spazio al rammarico e alla nostalgia
Non deve esserselo lasciato sfuggire, il suo protagonista, Daniela Matronola, che ne Il Mio Amico – sua recente pubblicazione per l’attenta casa editrice Manni (clicca qui per leggere la recensione di Andrea Carraro) – ci racconta, attraverso quattro momenti, la storia di un uomo dall’apparenza comune, Mauro, un eroe moderno, capace di far innamorare non solo lo scrittore ma anche colui che legge. E pare quasi di avvertirlo in ogni riga tutto l’innamoramento, ma si tratta di una passione che però non viene narrata con l’entusiasmo di una scoperta ma è ponderata, rescissa, oserei dire, attraverso il felice scollamento e la dovuta e credibile distanza da se stessa. Una distanza che non è mai troppo poca e mai troppa nel corso della narrazione dei quattro momenti della vita del protagonista. Momenti canonizzati in senso matematico e musicale, quelli nei quali egli si muove (ed è mosso) con una luce tutta sua, priva di quell’enfasi virile che ci si potrebbe aspettare, eppure felicemente credibile nel suo fluido avanzare lungo i sentieri dell’ordine e del disordine quotidiano.
Ed è attraverso questo avanzare e tornare indietro che Daniela Matronola riesce a raccontare una storia prescindendo dalla catena degli eventi da cui si produce il finale, preferendo, con l’arguzia del linguaggio poetico, consegnare al lettore una serie di improvvise rappresentazioni, quattro appunto, in cui l’immagine emozionale si sovrappone all’evento con tutto il proprio peso visivo, così da materializzarlo e consegnarcelo netto, pulito, privo di retorica. Forse ciò è soprattutto la “conseguenza” della natura limpida e misurata di Mauro, un uomo che ha scelto di stabilire una distanza tra sé e il resto del mondo che non deriva da paura, reticenza o arroganza, ma proprio dalla calma interiore con cui si pone di fronte a qualunque cosa e che gli impone, perciò, una certa lontananza da ogni sentimentalismo; il che, però, non determina in lui una condizione di alessetimia, ma lo porta piuttosto a vivere una dimensione essenziale e asciutta nel relazionarsi agli altri e nel prodigarsi, non solo perché medico, per loro. Ed è un impegno il suo, che Daniela Matronola ci presenta anche attraversando alcuni temi etici di scottante attualità, come quello che vede il nostro protagonista impegnato a maneggiare una materia incandescente come quella del diritto sacro e inviolabile alla dignità umana, conquistato attraverso la lotta al dolore fisico. E questo, non è certo impegno da poco o privo di conseguenze dal suo punto di vista. Ecco allora l’esigenza di Mauro di mantenere una “distanza di sicurezza”. Ma chi di noi è in salvo dall’essere coinvolto? Ecco è questa la domanda che Daniela Matronola ci consegna ed è un interrogativo importante e prezioso, un dono in più lasciato al lettore tra gli innumerevoli spunti per riflettere e per godere del piacere di questo bel libro.