Giuliana Bonanni
Finestra sul mondo

Brexit è un fake?

Alan Rusbridger, uno dei giornalisti indipendenti più apprezzati in Gran Bretagna, ha scritto un pamphlet sulle distorsioni dell'informazione. Fino a dimostrare la responsabilità della stampa nel trionfo della Brexit

Fra le innumerevoli perdite causate dalla pandemia, ce n’è una che ha toccato tutti noi: la credibilità dei media tradizionali, la cui salute, in verità, era già molto compromessa da anni. A chi credere, proprio ora che l’informazione è diventata, letteralmente, questione di vita o di morte? Come combattere le teorie complottiste indissolubilmente legate alla disinformazione?

È proprio per vincere lo scetticismo e il disorientamento, mettere dei punti fermi e ristabilire un patto chiaro con il pubblico, che Alan Rusbridger (nella foto) – dal 1995 al 2015 direttore del quotidiano inglese Guardian e oggi rettore di uno dei college di Oxford – ha scritto il suo nuovo libro News and How to Use it (Canongate, 316 pagine, £18.99). Lo scopo – lo dichiara in copertina, “what to believe in a fake news world” – è di esplorare quegli elementi del giornalismo che possono aiutare il lettore o ascoltatore nella decisone di credere o meno a ciò che legge o ascolta. Lo fa con una serie di brevi capitoli, ordinati alfabeticamente dalla “A” di Accuracy alla “Z” di zoomer, nel tentativo di dare un senso a “quell’affare caotico e confuso “, che è il mondo dell’informazione. Rusbridger crede in un giornalismo collaborativo e inclusivo in cui il lettore/ ascoltatore o addirittura la comunità può dare il proprio apporto e il giornalista imparare da chi ne sa più di lui.

Del libro ci parla John Naughton (https://www.theguardian.com/books/2020/nov/24/news-and-how-to-use-it-by-alan-rusbridger-review-an-insiders-appeal-to-sceptics), esperto di media e scrittore, in un articolo curiosamente intitolato “Il nocciolo sfuggito”.  Rusbridger viene definito il migliore direttore di giornale degli ultimi 50 anni (a pari merito con lo scomparso Harry Evans), maestro nel descrivere chi o che cosa è oggi un giornalista, come si conduce un’inchiesta investigativa, o nel fare luce sull’omertà (usa proprio l’italiano) che regola i rapporti all’interno del sistema editoriale inglese. E a ragione, perché sotto la sua direzione il Guardian ha condotto inchieste memorabili e ha pubblicato documenti che nessun altro giornale inglese ha avuto il coraggio di rendere pubblici.

Come lo scandalo del “tabloidgate”, che nel 2011 ha scosso l’opinione pubblica, ha fatto tremare l’impero mediatico di Rupert Murdoch e ha messo in seria difficoltà l’allora premier David Cameron. Un’inchiesta del Guardian ha rivelato, infatti, che alcuni dei giornalisti di News of the World, vendutissimo tabloid domenicale del gruppo Murdoch, intercettavano – con l’aiuto di investigatori privati e poliziotti corrotti – i cellulari di politici e   personaggi famosi, fra cui Carlo d’Inghilterra, Camilla, il principe William e altri membri della famiglia reale. Un caso di giornalismo investigativo da manuale, cui è seguita un’inchiesta giudiziaria e un processo che ha coinvolto i vertici di News International, il ramo inglese del gruppo Murdoch, con la conseguente chiusura di News of the World.

Un successo per l’unico quotidiano inglese veramente indipendente perché di proprietà dello Scott trust, e quindi senza un padrone, come dichiara con orgoglio chi ci lavora. Un successo per Alan Rusbridger, che ne è stato direttore per 20 anni e che, nel 2013, si è coraggiosamente battuto per pubblicare l’enorme massa di documenti forniti dall’allora sconosciuto Edward Snowden su come i cittadini inglesi fossero “spiati” dai programmi di sorveglianza della National Security Agency (NSA). Per questo, nel 2014 il Guardian ha vinto – insieme al Washington Post – il Pulitzer Prize for Public Service (https://www.the-tls.co.uk/articles/edward-snowden-alan-rusbridger-whitleblowing/).

Naughton, tuttavia, non è tenero verso quella che definisce “sorprendente tolleranza” di Rusbridge nei confronti della stampa tradizionale che “quotidianamente distilla xenofobia, sessismo e razzismo”, mette in dubbio la bontà del sistema sanitario e in generale si presta a fare da cassa di risonanza per i propri editori di destra. Se oggi l’Inghilterra è ingovernabile a causa della Brexit – conclude – non è certo colpa dei social media ma dell’incredibile irresponsabilità di chi manovra le leve del comando dell’informazione. Insomma le fake news non riguardano solo i social media ma tutta l’informazione. E questo è il nocciolo della questione che, secondo Naughton, è sfuggito ad Alan Rusbridger.

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