Rocco Civitarese
Parole e ombre/14

Ti devo parlare!

«Alza il viso contro il getto d’acqua. Si tira indietro i capelli. Ripete il gesto. Due mani sulla fronte, la nuca. I pollici gli sfiorano le orecchie. È una bella sensazione. È calmo, caldo e solo. Ma da solo c’è sempre il rischio che arrivi»

Immagine di Ernesto Fiorentino


Andrea
– Aspetta! Dove scappi? Fammiti dare un’ultima sistemata.
– Non troppo pesante il trucco, Marlena.
– Giusto un po’ di fondotinta per il lucido. Ecco, fatto. La nostra Star.
– Pronti con la 4? Partiamo con la 4, poi un’inquadratura sulla schiena con la 6.
Francesco, il regista, cinse per le spalle Andrea, la Star.

– Come ti senti?
– È la solita roba.
– È la solita roba. Però io ti ho chiesto come ti senti.
Andrea si guardò intorno sul set. Greta ancora non si vedeva.
– Mi sento bene.
– Vuoi rivedere il copione?
Andrea decise che un’ultima ripassata per ottenere quel tono di confidenza in più non guastava.

  • Ma sì.

Francesco strappò il foglio dalle mani di un ragazzotto.
– Da’ qua. Allora, sono sempre le solite stronzate. Non c’è una scaletta precisa, basta che di volta in volta peschi una battuta dalla lista. Vuoi che faccia la vocina, faccio Greta?
– Ok.
– Andrea, – la vocina da femmina di Francesco era un falsetto lamentoso, – c’è qualcosa che non va?
– No – Andrea rispondeva con tono inflessibile. Spettrale. E quindi sincero.
– Perché non usciamo mai?
– Pensavo ti piacessero i nostri pranzetti.
– No, cazzo! – Francesco aveva ripreso la sua voce. – Qui devi fare la vittima, ti deve dispiacere, tu ce la metti tutta a fare il fidanzato perfetto e lei vuole sempre di più. Intesi?
– Francesco, dobbiamo cominciare!
Francesco si rivolse ad Andrea: – Ma come, avete già finito? Quanto sei durato, cinque minuti?
Spinse Andrea verso il set.
– Coraggio. Via con la 4 in tre, due, uno… azione!

In quell’istante le tette di Greta smisero di ballare sotto il petto di Andrea. Le orecchie gli smisero di soffrire per gli urletti trapananti e lei lo strinse in un abbraccio-morsa.
Amore.
Finiva il sesso e cominciava la recita.
Andrea le stampò un bacio sulla guancia. Sopportò la morsa per i dieci secondi standard e scivolò via.
Ma non si sentiva disinvolto come al solito. C’era una parte della sua testa che rifiutava di credere che fosse stato capace di un sesso così scadente.
Ecco l’ultima misera prestazione di Andrea Dionisi: la giuria ai voti: 7… 3+… 4/5… La media con Greta si conferma la stessa della settimana scorsa, di un punto inferiore a quella stagionale.
Se Greta avesse deciso di spargere la voce che Andrea era il peggiore con cui fosse mai andata a letto, Andrea non si sarebbe neanche preoccupato di smentirla.
Ma come faccio a concentrarmi con quei cazzo di sì sì sì isterici e oooh? E con la preoccupazione di quello che dovrò dirle dopo, e il copione, e le misure di sicurezza per mantenere la copertura?
Era una copertura di basso livello che si reggeva su un copione usurato. Con Francesco le chiamava Bubbole.
Quando questo tipo di situazioni lo galvanizzava e lo faceva sentire lo «stronzo» di cui tutte si innamorano, Andrea aveva provato a darne una definizione scientifica sul suo taccuino:

«Bubbola: insieme di frasi semplici, completamente false, da recitare con tono neutro quando il partner dubita apertamente del nostro coinvolgimento. Situazioni come: Mi sembri distratto, Quando non scopiamo sembra che ti annoi, C’è qualcosa che non va?,o di emergenza: Ma tu mi ami? Pensi ancora a lei? Perché non mi hai mai chiesto di fidanzarci ufficialmente? Verrai a trovarmi quando andrò a Varsavia? possono essere affrontate con: Non credo nelle relazioni a distanza, Con te sto bene, No, .
Note: la disparità di sentimento all’interno della coppia deve essere rilevante. La brevità è il miglior indice di una buona risposta. Si raccomanda cautela, il partner può diventare aggressivo. L’atteggiamento, i nervi saldi, l’impassibilità e la noia che si riesce a trasmettere, sono più importanti delle parole in sé. attenzione: nel caso il partner si accorga che state mentendo, abbandonare il dialogo e ricorrere a: lacrime, vittimismo, sesso di pacificazione».

Ma da qualche tempo le menzogne gli appesantivano le ossa. La mattina la mandibola gli faceva male: mentre dormiva digrignava i denti. L’unica persona con cui riusciva a essere vero era Francesco, il suo migliore amico, con cui architettava tutte le falsità della sua vita.
L’ultima della lista era Greta: chioma scarlatta, due master e il bilocale sui Navigli, ma lo trattava come un pulcino ed era troppo frettolosa mentre si depilava. Andrea non era riuscito a innamorarsi di lei, non si godeva neanche il sesso, odiava ogni momento in cui Greta era con lui o nei suoi pensieri tranne quello in cui la poteva presentare come l’ultima conquista.
Vieni qui, – mormorò lei.
Ti spiace se mi faccio una doccia?
Andrea entrò sotto la doccia.
Alza il viso contro il getto d’acqua. Si tira indietro i capelli. Ripete il gesto. Due mani sulla fronte, la nuca. I pollici gli sfiorano le orecchie. È una bella sensazione. È calmo, caldo e solo. Ma da solo c’è sempre il rischio che arrivi. E Andrea la sente arrivare, è arrivata, non si sente più tranquillo ma soffocare soffocare soffocare. Qualunque automatismo abbia governato la sua respirazione è svanito. Andrea deve pensare a ogni respiro, coordinare il diaframma con gli intercorstali, la sua mente è impegnata in una decisione dopo l’altra. Espandi il petto, l’acqua cade sul petto, rilascia. Espandi l’addome, pausa, espira. Respira, respira più a fondo, troppo, compensa inspirando di meno, riduci la frequenza. Si lascia andare in apnea. Forse è questo che gli sta suggerendo la scomparsa di un controllo involontario: non hai più bisogno di respirare, è per questo che io non ci sono più. So che ti fa paura smettere del tutto, ma fidati non ti serve più. Andrea resta in apnea. Venti, trenta secondi. Il suo record è di due minuti. Sente il cranio diventare acciaio rovente, i neuroni vibrare affamati, boccheggia e inghiotte aria e acqua. Ne ha bisogno. La vocina mente. Andrea apre gli occhi contro il fiotto d’acqua. Irritazione, ma sollievo quando li richiude. Ce l’ha fatta! Per un momento si è dimenticato di decidere come respirare. Ma ora è di nuovo lì. Il torace è stretto e lo aspetta. Andrea dà il comando: inspira. Trattiene. Espira. Si passa le mani sul viso, le appoggia sulla fronte, tira indietro i capelli. È una bella sensazione. Non aveva mai provato nulla per nessuno. Mai nulla. Qualche batticuore, qualche mattinata a guardare il soffitto, pieno di malinconia. Ma faceva sport, o rideva con Francesco o leggeva un libro, e così si riprendeva super veloce. Quando leggeva non era più solo. Anche il soffitto non era più un vuoto bianco che lo voleva inghiottire, ma le righe della pagina vi si stampavano rosse e lo rendevano tigrato.
Chiuse la doccia. Tornò in camera da letto che grondava acqua.
All’improvviso il petto gli si sollevò senza che avesse dovuto deciderlo. Una risposta sincera gli crebbe in gola e rotolò sulla lingua e l’aria entrava entrava e lui si espandeva e non provava più nulla, ma in senso buono, era libero da ogni peso, bastava solo dirle la verità. Dire e respirare. Essere se stesso e essere sereno.
Greta, ti devo parlare…

Greta

– Mi sa che Andrea ti sta mollando. Come procediamo? Cascata di lacrime o lo lasciamo andare?


Rocco Civitarese, classe ‘99, è nato e vive a Pavia. Ha cominciato a scrivere cinque anni fa. Nel 2016 si è piazzato tra i venticinque semifinalisti del “Premio Campiello Giovani” con il racconto Bianca spuma e ha pubblicato, da finalista del concorso “Caratteri di donna e di uomo”, il racconto Colpa del jazz. Nello stesso anno, al “Premio Calvino” ha ottenuto una segnalazione speciale per il romanzo Miele. Nel 2017, sempre al “Calvino” ha ricevuto una segnalazione per Ho una spina in gola. Nell’aprile 2018 ha esordito per i tipi di Feltrinelli con il romanzo Giaguari invisibili. Sta lavorando a un nuovo libro e frequenta il terzo anno di Medicina a Pavia.


Ernesto Fiorentino è un “fotoamatore di professione” che scatta ormai con continuità da diversi anni ed i suoi lavori sono comparsi su riviste di settore ed in diverse mostre collettive in giro per l’Italia e per due anni consecutivi all’ interno della rassegna internazionale Voies off di Arles. L’autore dice di sé stesso: “Tanti fotoamatori sognano di diventare professionisti, la mia pigrizia e il desiderio di poter continuare a scattare come e quando voglio, mi impediscono di condividere quel sogno”

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