Parole e ombre/12
Equazione
«Aspettammo la battuta d’attacco e ci sporgemmo in avanti, l’uno verso l’altra, in modo da mostrarci al pubblico e inscenare dalla finta finestra un breve dialogo tra innamorati. Alla fine lui mi baciò sulle labbra. Senza preavviso»
Immagine di Carmine Frigioni
“E’ una troia che non te la dà”. Lo disse mentre, vestito da cavaliere, si nascondeva dietro le quinte di legno dipinto, appena spostato indietro col volto e il busto, quel tanto che gli permetteva di non essere visto da quel pubblico di adolescenti rumorosi poco abituati a stare a teatro.
Lo disse a qualcuno della compagnia, non ricordo chi, mentre io ero là, davanti a lui, anch’io nascosta agli sguardi della platea.
“E’ una troia che non te la da’”. Pensai che aveva ragione. Che quella definizione mi calzava proprio a pennello.
Aveva parlato a bassa voce, ovvio, per non disturbare chi in quel momento era di scena. Non certo per non farsi sentire da me. Quando lo disse non notai malizia sul suo volto. Era serio ma neutro, come se stesse dicendo una cosa qualsiasi. Non c’era in quelle parole l’intenzione di offendere. Ma se anche questo fosse stato il risultato non se ne sarebbe comunque curato.
Aspettammo la battuta d’attacco e ci sporgemmo in avanti, l’uno verso l’altra, in modo da mostrarci al pubblico e inscenare dalla finta finestra un breve dialogo tra innamorati.
Alla fine lui mi baciò sulle labbra. Senza preavviso. Chiudendo la scena con un gesto che il copione non prevedeva. Dopo l’ultima battuta mi attirò a sé afferrandomi per un braccio senza che io potessi, davanti a tutti, respingerlo. Poi il sipario si chiuse. Staccò le sue labbra dalle mie e si allontanò lasciandomi lì, ancora seduta sullo sgabello, con un’aria insieme stupita e lusingata. Sì, lusingata, per quanto di lui, da quel punto di vista, non mi fosse mai interessato niente.
Fine del primo tempo. Caffè. Sigaretta. Fuga veloce in bagno prima di ricominciare.
Non ci aveva mai provato con me. L’avevano fatto tutti in compagnia, chi più chi meno seriamente, nonostante sapessero della seria relazione che avevo ormai da molti anni. E nonostante i miei continui e scanzonati rifiuti. Ma lui no. Anzi, avevo al contrario sempre trovato curioso il fatto di non aver mai suscitato in lui alcun interesse. E quel bacio arrivava proprio inaspettato.
Dietro le quinte lo guardai con un’espressione divertita, che voleva essere d’intesa. Lui invece fece finta di niente. Allora, per stare a quello che credevo il suo gioco, mi avvicinai sorridendo e, mentre chiacchierava con gli altri attori, mi sedetti sulle sue ginocchia. Una cosa che mi piaceva fare spesso e con tutti in realtà. Sapere che l’altro, chiunque fosse, godeva di quella confidenza, mi gratificava.
“Avete visto? Questo furbo in scena mi ha baciata!”.
Sollevai qualche risata nelle colleghe donne, negli uomini qualche sguardo di invidioso apprezzamento e commenti di gelosia bonaria.
“Be’, che c’è di strano? Siamo attori, no?” disse lui. “Ci stava bene. Tutto qui”.
Quelle parole arrivarono al mio cervello come pioggia fredda.
Lui non mi piaceva. Non mi era mai piaciuto. Lo trovavo anzi poco empatico, quasi incapace di provare emozioni vere. E, seppur nell’insieme riconoscevo fosse un bel ragazzo, non l’avevo mai considerato attraente. Poi d’un tratto quel bacio. E subito dopo l’indifferenza.
Rimasi seduta sulle sue gambe, continuando a ridere e parlare, ma alla prima occasione mi alzai subito, stizzita senza darlo a vedere, e mi allontanai trascinandomi dietro l’ampio e lungo vestito color porpora e la pesante acconciatura ottocentesca.
Sipario aperto. Terzo e ultimo atto.
Io intanto torno nei camerini. Ho ancora un po’ di tempo prima di rientrarein scena.
Mi siedo davanti allo specchio. Con quell’abito antico e la collana preziosa sembro una regina seduta sul trono. Ho lo stomaco chiuso e il fiato corto. Una regina tradita. Apro la pochette dei trucchi e con l’eyeliner allungo e ingrandisco la linea nera sopra gli occhi. Lo sguardo si fa più accigliato. Profondo. Con la matita rossa faccio passare lenta la punta morbida intorno alle labbra protese, che sanno di ciliegia, pensando che quel sapore, così dolciastro, deve averlo sentito per forza. Lui. Ancora un po’ di fard sugli zigomi alti. Ancora un po’ di cipria. Più nera. Più rossa. Più bianca. Sono.
Mi rialzo. E prima di uscire dalla porta allargo sul petto i lacci incrociati del vestito, tirando su i seni che, in questo modo, sembrano ancora più grandi.
Feci la mia entrata in scena più sicura che mai. Lui era già lì, stava terminando il suo monologo. Nel momento esatto in cui incrociò il mio sguardo capii che era fatta.
Lo percepisco sempre nel lieve movimento che fanno con gli occhi. Li spalancano un attimo. Per pochi secondi. E indugiano su di me con la bocca semi aperta. Una reazione che ho visto fin troppe volte, negli uomini, per non riconoscerla all’istante. Un’equazione matematica. Che conosco a memoria.
Ti voglio. Vedere. Sbavare.
Anche la mia voce in scena era diversa. Più potenza. Più colore. Persuasiva. Tanto che pure il pubblico si ammutolì. E, forse per la prima volta, vidi anche in lui un trasporto diverso. Più calore nelle battute, più forza. Pareva volesse sul serio, divorato dalla gelosia, strapparmi dalle braccia dell’altro cavaliere. Pareva sul serio, con la sua finta spada, volerlo uccidere per portarmi via da lui.
Numeri e segni. La mia equazione è fatta della stessa materia di cui è composto l’universo.
Sipario.
Dietro le quinte mi volto subito in direzione dei camerini ma procedo senza fretta. Sono accaldata. Avverto qualche perla di sudore scendere tra i seni e sulle tempie. Lui mi segue e mi afferra una mano. Ha la fronte bagnata e quasi ansima. Mi attira a sé senza dire niente. Mi stringe per la vita. Da quel contatto col suo corpo, nonostante gli strati del vestito, riesco a sentire quanto mi desidera.
E di colpo tutto svanisce.
“Ma che fai?” Gli dico ridendo. Il fuoco nei miei occhi non c’è più.
Prova a baciarmi di nuovo e io lo respingo con delicatezza. Mi guarda stupito, confuso. Il suo volto è ancora sudato e io penso che tutto quel rossore non gli dona affatto.
“Dai, andiamoci a cambiare adesso”. Gli sorrido liberandomi dalla presa. “Lo spettacolo è finito”.
Manuela D’Aguanno è nata a Roma nel 1980 e si è laureata in Lettere Moderne con indirizzo storico-artistico a Roma Tre. Specializzata nel campo del mercato dell’arte e dell’antiquariato, ha lavorato presso diverse case d’asta del centro di Roma. Collabora con riviste on line e cartacee. Nel 2015 ha pubblicato la raccolta di racconti È tutto il resto che fa impressione, suo esordio narrativo,e nel 2016 il romanzoLei è lì, entrambi editi da Alter Ego Edizioni.
Carmine Frigioni nasce ad Aielli (Aq) nel 1955. Nel 1996 crea uno dei primi portali che mostrano fotografie dell’Abruzzo, www.abruzzovirtualtour.it. e fonda l’Associazione Culturale INABRUZZO onlus. Con le sue foto, ha partecipato a diverse mostre collettive: alla Tevere Art Gallery di Roma dal 2016 a oggi; al festival Voies Off di Arles nel triennio 2017-19; partecipa alle mostre del gruppo Tag-Factory nel 2017-2018 (Endorfine, Lost-memories e La bellezza ferisce); all’attività di fotografia e performativa nel progetto “Parole e Ombre”, su parole di Lorena Fiorelli. Al momento è impegnato nella creazione di eventi per la promozione dell’Abruzzo: nel 2018-19 il concorso “La giornata Romantica in fotografia” con relativa mostra a Scanno; nel 2019 concorso e mostra “Fresa Bella Me” a Fresagrandinaria, nel 2019, una mostra fotografica collettiva itinerante “Il Nostro Abruzzo Insolito” ospitata a Sulmona, Scanno, Civitella Alfedena, Fresagrandinaria.