Anna Camaiti Hostert
Cartolina dall'America

Il giorno più lungo

Gli Usa scelgono il proprio futuro in un clima di odio e violenza diffusa: è la deriva finale del trumpismo che in quattro anni ha stravolto la faccia di quella che era la cattedrale della democrazia mondiale

Con il fiato sospeso attendiamo i risultati di una delle tornate elettorali più sofferte della storia americana non solo per quello che c’è in ballo e per la polarizzazione della battaglia politica tra i due candidati, ma per il contesto entro cui queste elezioni si svolgono. Infatti, la pandemia del coronavirus costringe molti americani a votare per posta e dunque rallenta il processo elettorale e la conta dei voti. Mio marito ed io abbiamo votato la settimana scorsa in Illinois e abbiamo avuto ieri la ricevuta che la nostra scheda è arrivata. Ma la complessità del processo elettorale americano e la lentezza dovuta alla conta delle schede che arriveranno per posta – unita alla caparbia e ostinata dichiarazione di Trump di voler contestare i risultati se non saranno a suo favore – rallentano il procedimento finale e non fanno sperare niente di buono.

Trump cerca inoltre di bloccare la validità delle schede che arriveranno dopo il 3 novembre anche se sono state impostate entro quella data. Soprattutto in Pennsylvania uno degli swing states essenziali nella tornata elettorale. Impensabile che questo stia accadendo nel paese che ha avuto un ruolo di leadership nel mondo occidentale!

L’ansia di ognuno di noi non deriva solo dal fatto che in bilico c’è la sopravvivenza della democrazia americana e dei suoi valori che Trump ogni giorno calpesta. Adesso si temono anche disordini postelettorali.

Le beffarde considerazioni di Donald Trump su Joe Biden o su Kamala Harris sono costanti continue e offensive, e la sua ripetuta volontà di non arrendersi al risultato elettorale sono preoccupanti e inusuali per qualsiasi campagna elettorale in cui la paura e lo spettro della violenza si trova dietro l’angolo. Una cosa mai avvenuta prima d’ora negli Stati Uniti. Negli scorsi giorni in uno dei suoi comizi Trump si è rivoltato contro i medici (dopo che il dr. Fauci ha fatto previsioni terribili per il futuro se non si cambia direzione, tanto che Trump ha minacciato di licenzialo al più presto) e ha affermato che in fondo per la categoria dei medici il covid è una manna dal cielo, perché su di esso possono lucrare e fare molti soldi. Di fronte a queste meschinità e piccinerie enunciate dal commander in chief del paese non c’è da spettarsi niente di buono nelle strade. Non dimentichiamo che il presidente degli Stati Uniti dai cittadini americani è considerato una guida e un esempio da seguire e di cui fidarsi. La sicurezza e la pace sociale non paiono elementi di cui Trump si preoccupa. Ogni giorno ci sono segnali allarmanti che rendono queste elezioni molto pericolose e indicative di cosa sta diventando l’America. L’episodio di seguaci di Trump che inseguendo un autobus di Biden-Harris in Texas lo hanno fatto andare fuori strada non promette niente di buono.

Questi quattro anni di governo di Trump hanno lacerato il tessuto sociale, spingendo a una conflittualità pericolosa per la salute di ogni democrazia, alimentando invece la violenza che la fa ammalare, la rende traballante e incerta di fronte ad un uomo forte, come lui, che può assicurare la stabilità.

A New York, come ha mostrato CNN in questi giorni, la catena di negozi Macy’s, uno dei più grandi magazzini del paese, ha eretto barriere di legno di fronte agli ingressi dei suoi negozi che blindano le porte di vetro per paura di possibili riots dopo i risultati delle elezioni. Inoltre, l’acquisto delle armi dalla scorsa primavera con l’inizio della pandemia è salito in modo esponenziale (sono state vendute quest’anno 17 milioni di armi più di quanto sia mai avvenuto negli ultimi venti anni, secondo le stime di analisti dell’industria di armi da fuoco). Questo è avvenuto nei primi mesi dell’anno a causa del virus e poi durante l’estate per le manifestazioni contro il razzismo avvenute in tutte le più grandi metropoli americane e adesso in previsione dei risultati elettorali. Non c’è davvero da stare tranquilli!

E, certo i democratici avranno anche delle colpe, nessuno lo nega, ma certo non inseguono gli istinti più bassi del ventre molle americano, come fa Trump. Quello si chiama populismo. Qualcuno suggerisce che la sinistra la smetta di vivere isolata nella sua condizione privilegiata nella quale non ha contatto con la gente vera, facendo sentire tutti gli altri inadeguati. E provocando reazioni a volte esasperate. E anche violente. Così, ho letto da qualche parte, che il comportamento cool di Obama in Michigan che segna 3 punti facendo per caso un canestro e dopo, scherzando, afferma That is what I do (questo è quello che faccio io!) sarebbe un mondo per dichiararsi superiori agli altri. E invece quella reazione non significa necessariamente che lui è più ganzo del resto del mondo. Non significa dire che tutti gli altri sono incapaci di fare quello che fa lui. È semplicemente un modo di rimarcare la sua sorpresa per una cosa che non si sarebbe certo aspettato neanche lui e che, ripeto, scherzando, fa finta di dichiarare essere un dono che gli appartiene geneticamente. È una reazione spiritosa in casi di eccezionale fortuna. Ma certo questo non può essere il motivo per cui l’americano medio a cui con quelle parole verrebbe ricordato che non sarà mai cool come Obama e sceglie di votare Trump che invece suggerisce di scendere in piazza dopo le elezioni o ammira quei suoi supporter che hanno fatto andare fuori strada il pullman elettorale di Biden e Harris. Perché questo, a casa mia, si chiama squadrismo.

Altro che frustrazione della maggioranza silenziosa! In democrazia esiste la rappresentanza popolare e quei rappresentanti certo hanno dei privilegi e delle facilitazioni ma dovrebbero avere anche dei doveri e degli obiettivi che li guidano nei loro comportamenti in direzione del bene comune. Ma questo è il compito dimenticato della politica; di quella politica che, come ci ricordava Hannah Arendt, significa relazione tra corpi e socialità diffusa. Non è importante essere parte del giglio magico: è importante recuperare il senso etico del significato della politica un compito che, prima che venissero completamente dimenticati e isolati, apparteneva ai filosofi e agli intellettuali in generale.

Facebooktwitterlinkedin