Every beat of my heart
Altre eternità
Yves Bonnefoy alla ricerca di Dio. Che è metamorfico e ubiquo, è nuvola, è infante, è vascello... Una ricerca drammatica la sua che si manifesta però in una poesia quieta, piena di incanto. E potentemente religiosa «nel senso della tensione massima dell’uomo verso una realtà prima e ultima»
Uno dei massimi poeti del Novecento, Yves Bonnefoy vive la pagina come Pietra scritta, un suo titolo famoso: materia dove le parole poetiche non scompaiano, ma restino, impresse come pietre miliari. L’immaginazione stessa può essere un inganno per il poeta, che deve trovare, non immaginare.
Non l’immaginazione manca all’uomo, ma la realtà.
Cercare la realtà significa anche cercare Dio, che può essere metamorfico e ubiquo.
In tanti oggetti lo puoi rinvenire, a tante cose puoi dare il suo nome, ma la realtà dominante è il suo mistero.
Bonnefoy è potentemente religioso nel senso della tensione massima dell’uomo verso una realtà prima e ultima. Non nel senso di una conquista di certezze, ma semmai certezza che sta, drammaticamente, lottando per una conquista. Drammatica, la sua poesia, ispira inaspettatamente un senso di quiete, di agonismo e non di strazio, di incanto e non di illusione: palpita nei suoi versi l’incessante pulsazione, l’insaziabile ricerca dell’uomo. E, come recita il verso di un suo discepolo, «il poeta è la quintessenza di un uomo».
E tanto è il valore del giorno che sta finendo,
così preziosa la qualità della luce,
e semplice il cristallo un po’ ingiallito
questi alberi, questi sentieri tra le fonti,
e così appaganti l’una per l’altra
le nostre voci che ebbero sete di ritrovarsi
e hanno errato a lungo, l’una accanto all’altra,
interrotte, e oscure,
che ora puoi nominare Dio questo vaso vuoto,
Dio che non è ma salva il dono,
Dio senza sguardo ma le cui mani riannodano,
Dio nuvola, Dio infante e non ancora nato,
Dio vascello per l’antico dolore ora compreso,
Dio volta per l’incerta stella del sale
nell’evaporazione, ed è la sola
intelligenza, qui, che sappia e provi.
…………….
E siano le nostre mani, nel cercarsi,
la pietra nuda
la gioia condivisa
il fascio d’erbe
Poiché se anche tu, se io stesso
nel grido siamo solo un anello
di fuoco chiaro
che un vento disperde,
così che nemmeno mai si saprà
presto nel cielo
se veramente vi fu quel grido
che fece nascere;
ma nonostante questo, nel trovarsi
le nostre mani consentono
al desiderio
di altre eternità, ancora.
Yves Bonnefoy
Da Nell’insidia della soglia, traduzione di Roberto Mussapi