Pier Mario Fasanotti
Consigli per gli acquisti

Net e Carofiglio

Andrés Neuman racconta il mondo visto attraverso internet; Ermanno Cavazzoni approda nell'universo splatter; Gianrico Carofiglio affronta nuovi casi giudiziari. La letteratura di genere cerca nuove strade

Storia di Net. È un giovane uomo e si fa chiamare Net, anche se il suo nome è un altro. Quello vero è sostituito con Net perché ha a che fare con Internet. Sta per ore davanti al computer e, con ritmo ossessivo, scrive a Marina. A lei racconta tutto. Anche della sua famiglia disastrata (oggi si direbbe “disfunzionale”): la madre che s’imbottisce di psicofarmaci sciolti nell’acqua, il padre dal carattere instabile in quanto pensa sempre del proprio padre suicida («Per non pesare su nessuno»), la sorella Paula, sposata con un energumeno, triste per una relazione amorosa. che vuole raccontare solo al fratello.

Questo soliloquio è il baricentro del romanzo di Andrés Neuman (La vita alla finestra, Einaudi, 158 pg., 18 euro). A Marina, Net confessa che le famiglie partono sempre con le buone intenzioni, ma cambiano man mano che s’invecchia. Un po’ di normalità entra in famiglia quando invitano lo zio Miguel e sua moglie. L’armonia, vera o falsa che sia, dura il tempo del pranzo. Quando gli zii se ne vanno Net si accorge che la normalità esiste come rappresentazione e tutto ricade nell’indifferenza di sempre. Net sa che dovrebbe studiare, ma rimanda e preferisce addentrarsi nei meandri del suo mondo interiore, senza peraltro capire molto poco o addirittura nulla. Gli è naturale scrivere alla ragazza che anni prima lo ha abbandonato senza troppi preamboli. Marina diventa un miraggio. Poi l’autore, nato nel ’77 a Buenos Aires e considerato erede della miglior letteratura sudamericana, fa una virata lessicale: se prima al risveglio doveva affrontare l’angoscia, ora lo riparano le braccia di Cintia. Tuttavia non smette di scrivere a Marina, descrivendo la sua compagna e la sua nuova vita. Le racconta che ora lavora in un negozio di tendaggi e non fa il professore in una scuola. In questa maniera si sente isolato e protetto. Nelle lettere a Marina sfuma il suo vecchio mondo. Net inizia a somigliare sempre più a se stesso. Una cosa faticosa ma necessaria e agganciata al buon senso. Deve però dire, una volta per tutte, addio ai suoi vecchi fantasmi.

Delirio. Un brano delle prime pagine: «“Cosa c’è?” ha sussurrato timorosa sua madre. “Questo è un mio dito,” e l’ha messo di fianco al suo nuovo dito artificiale, per paragonarli. Erano identici, se non fosse stato che uno, l’autentico, era cucinato e si era ristretto. Sua madre ha mandato un sospiro, per segnalare il dispiacere che però non provava, ha scosso la testa e con la sua tecnica ha strizzato le ghiandole che inumidiscono gli occhi». È la storia di Andrea che si sveglia con un corpo diverso (non lo scarafaggio di Kafka): un macchinario, un congegno interamente artificiale cosparso di sensori. Il suo corpo è stato fatto a pezzi, costretto dalla madre a mangiarsi. Ermanno Cavazzoni, con La madre assassina, La nave di Teseo, 176 pg., 18 euro, ci offre un romanzo splatter. Che può rendere perplessi. L’autore che con Il poema dei lunatici ha ispirato Federico Fellini (La voce della luna) porta Andrea a indagare: la mammina non è più sua madre, ma un enorme e schifoso polipo, congelato in un frigorifero E lì troverà se stesso, in posizione fetale. Il ragazzo pensa solo alla fidanzata Alessia, con la quale cominciò a flirtare con tanti “libri” galeotti, tutti sui grandi delitti. Andrea pensa che tutti gli abitanti del caseggiato vogliano invadere la terra. Ci sarà un processo e il ragazzo viene rinchiuso in prigione, «come improvvisamente restituito a se stesso». Dirà un medico: «Si vivrà all’infinito, nella felicità». La narrazione di Cavazzoni, ispiratosi a un fatto di cronaca accaduto nel Milanese, pur essendo brillante e limpida, va a sbattere contro l’allegoria, così estrema da costringerci a tante domande. Troppe.

Donne. Forse per la sua pacata e severa allure, forse per la sua scrittura piana, forse – detto senza malignità – per le sue frequentissime comparsate in televisione (una cosa che serve moltissimo a vendere i libri o a fare carriera), è un fatto che l’ex magistrato (ed ex deputato Pd) Gianrico Carofiglio è spessissimo in testa alle classifiche. Addirittura, anche quando non ha un romanzo recente, sul piccolo schermo fa la parte del tuttologo. Lo fa con pacata maestria ed è diventato il sostenitore della gentilezza anche in campo politico. Einaudi ha mandato in libreria la sua raccolta di racconti (Non esiste saggezza, 209 pg., 16 euro). In varie occasioni si avverte che è padronissimo del lessico giudiziario rischiando talvolta di annebbiare un poco la trama. Nel racconto d’apertura, scritto in prima persona e occasionalmente autobiografico (si presenta come poliziotto), si trova dopo la mezzanotte all’aeroporto di Amsterdam. Di fronte a lui c’è una giovane donna. Dopo uno scambio di sguardi, scopre che la ragazza è immersa nella lettura delle poesie di Anna Achmatova. La conversazione è leggera, ma anche curiosa. La ragazza si sposta e si ritrova a pochi centimetri da lui. Passa un ragazzo, dall’“odore selvatico, denso e terroso”. Lei confessa d’essere particolarmente attenta agli odori, anche se alla maggior parte dei quali non si riesce a dare un nome («Qualcuno ha detto che le cose non esistono se non abbiamo le parole per chiamarle» dice la donna che alla fine della conversazione si presenta come Valeria, dandogli un foglietto con i suoi recapiti). Il protagonista, quando Valeria va al check-in, pensa che quella era una donna «con cui mi piacerebbe ridere». Due giorni dopo vede la sua foto sul giornale. Era creatrice di profumi per una famosa maison parigina e aveva ucciso il marito di sua sorella gemella, violentissimo con sua moglie. Ecco perché era ad Amsterdam: cercava di fuggire. Dopo un lungo processo cui seguì la scarcerazione per decorrenza dei termini, la polizia aveva cercato di arrestarla. Ma a casa non trovarono nessuno. Una settimana dopo il protagonista riceve una cartolina coloratissima, che raffigurava un mercato di spezie di tutti i colori. E una sola frase: «Non esiste saggezza». Il destinatario confessa di aver provato un senso di primavera e di vacanza; «una cosa cui non sono abituato».

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