Cartolina dagli Usa
Il documentario “#Unfit: The Psychology of Donald Trump” di Dan Partland analizza con grande rigore scientifico il “malignant narcissism” il narcisismo maligno, disturbo mentale da cui è affetto il presidente. Ma quali conseguenze hanno prodotto, le sue bugie, nella testa degli americani?
#Unfit: The Psychology of Donald Trump è andato in onda in prima serata su
la7 due giorni fa per la trasmissione
Atlantide di Andrea Purgatori. Il regista Dan Partland si era cimentato già con i problemi della malattia mentale con la serie televisiva
Afflicted trasmessa da Netflix nel 2018. Questo documentario – il cui titolo tradotto significa
Inadatto: la psicologia di Donald Trump – ruota attorno a quel disordine psicologico che viene definito
malignant narcissism e conclude che l’attuale presidente, che ne è affetto, proprio a causa della gravita di questo disturbo, non può guidare il paese.
Quattro sono le caratteristiche di questa sindrome mentale a cui la personalità di Trump risponde in pieno: la paranoia, (ogni giornalista che gli fa una domanda presentando una sfida o ogni componente del suo staff che non gli baci l’anello lo fanno per fregarlo), il comportamento antisociale (le costanti bugie, la mancanza di rimorso rispetto al suo spirito distruttivo), il sadismo (i suoi attacchi feroci e gli insulti ai suoi avversari o ex collaboratori) e il narcisismo vero proprio (perfino all’eulogia che pronunciò anni fa di fronte alla bara del padre trovò il modo di celebrare se stesso, affermando che aveva appreso della morte del genitore, mentre stava leggendo un articolo del
New York Times che lodava le sue imprese immobiliari).
Per dimostrare questa tesi, Partland chiama in causa psicologi, psichiatri e piscoanalisti che, pur con parole e argomentazioni diverse, affermano tutti la pericolosità di un uomo come Trump.
Non viene demonizzata la malattia mentale in generale che anzi viene riportata in primo piano quando si parla ad esempio di Abraham Lincoln la cui depressione in realtà sembra averlo addirittura avvantaggiato durante le vicende politiche del suo tempo. «Era parte integrante di quello che era – afferma lo psicologo John Gartner – e per esempio l’aiutò a sopportare l’enorme peso della Guerra civile». Il narcisismo maligno invece sì. Tanto da far parlare l’autore di paragoni con i grandi dittatori del novecento tra cui Mussolini e Hitler che sembrano condividere con Trump, oltre al disprezzo per la democrazia, tratti spiccati di quel tipo di narcisismo.
Del resto, in un libro che ho appena scritto con Enzo Antonio Cicchino intitolato
Trump e moschetto. Immagini fake news e massa media: armi di due populisti a confronto abbiamo confrontato nei dettagli l’ascesa al potere del presidente degli Stati Uniti e quella di Mussolini, notando similitudini impressionanti sia nelle loro personalità che nella scelta delle strategie politiche dalle quali tuttavia emerge che il paragone con il dittatore tedesco è più remoto. Hitler infatti si è trovato in una situazione politica ed economica diversa da quella di Mussolini il quale tuttavia ha aperto alcune piste poi percorse senza ostacoli dal nazismo.
L’altro elemento che il film analizza è la tendenza di Trump a creare e vivere in una realtà solamente sua. Si basa sull’incapacità di empatia, la stessa che definisce le caratteristiche di un individuo sociopatico che non ha nessun interesse per chiunque non sia egli stesso. Aggiusta la realtà secondo la sua convenienza. Rick Reilly, giornalista sportivo e autore del libro
Commander in Cheat: How Golf Explains Trump addirittura afferma che
The Donald bara anche quando gioca a golf. Nelle sue proprietà ha la sua
golf cart, quella macchinetta che serve a spostarsi da una parte all’altra del campo, truccata. Rispetto alle altre, la sua va più veloce, cosi può arrivare prima degli altri nel luogo dove è finita la palla e spostarla in un punto più favorevole al prossimo tiro. Ha cercato di barare perfino con il grande campione di golf, Tiger Woods, perché il presidente pur di vincere barerebbe con chiunque – suggerisce il giornalista sportivo
Il
narcisismo maligno, come dice la stessa denominazione, non si basa però solo sul disinteresse nei confronti degli altri: ha degli elementi di negatività molto forti che si manifestano attraverso attacchi alla fattualità con una sorta di strategia che tende a distorcere la percezione del reale come il film
Angoscia di George Cukor del 1944 ha ben dimostrato. In esso, una debole Ingrid Bergman diviene la vittima, da parte del marito e della sua amante, di stratagemmi che distorcono il reale fino a farle credere di stare impazzendo.
Lo psichiatra Lance Dodes discute nel film come la mancanza di lealtà di Trump – tutta la gente che ha licenziato o sommariamente dismesso da collaboratori dello staff ad alcuni ministri – è un riflesso immediato della sua mancanza di empatia. È un individuo totalmente anaffettivo. Passa in un attimo da «sei la persona più meravigliosa che abbia mai conosciuto» a «sei una persona orribile, senza alcun valore. Ti attaccherò e ti distruggerò».
Molti altri sono i personaggi che parlano nel documentario: dall’avvocato George Conway (marito di quella Kellyanne Conway che è stata la manager della campagna elettorale del presidente e una delle donne più potenti della Casa Bianca), il quale lo accusa di razzismo, a Bill Kristol stratega repubblicano ad Anthony Scaramucci che ha collaborato con Trump per soli 11 giorni e che invece disputa l’accusa di razzismo per argomentarne una ancor più grave, quella di trattare tutti malissimo perché in realtà è solo «uno stronzo». E dunque per un essere del genere «è assurdo ribaltare un esperimento che ha funzionato per 243 anni» conclude.
Ma le domande da porci adesso sono altre: quanto le bugie che Trump ci ha propinato durante questi anni hanno alterato nella testa degli americani la percezione della realtà? E in quale realtà vive Trump? Se potessimo davvero rispondere a queste domande, forse scopriremmo un nuovo disturbo mentale che probabilmente porterebbe il suo nome, cosa di cui dato il suo narcisismo fuori misura, lo renderebbe addirittura fiero.