Cartolina dall'America
Cina, ultima spiaggia?
Il Covid e Black Lives Matter hanno fatto crollare la popolarità di Trump. L'ultima trovata del presidente ora è inventare un nuovo nemico chiamando gli americani alla crociata contro i comunisti cinesi. Incanterà gli elettori anche stavolta?
Nonostante tutto, l’America non finisce mai di sorprendere. Nel bene e nel male è sempre fuori dalle righe. E se, come diceva il grande Enzo Iannacci “l’importante è esagerare” in quanto ciò spiazza ed esprime una dissonanza rispetto alla normalità, l’America lo fa alla grande. Gli eventi contraddittori ed “esagerati” di questi strani tempi vanno certamente in questa direzione. Qui sta il loro interesse, ma anche la nostra preoccupazione.
Come sempre tutto accade precipitosamente: i fatti fondamentali si accavallano l’uno con l’altro senza sosta e appaiono difficili da decifrare con quella lucidità e chiarezza logica che la storia impietosamente richiede. Dunque la narrativa è fondamentale: c’è bisogno di un distacco che non sempre, quando si vive con partecipazione dentro i fatti stessi, è raggiungibile.
Gli Stati Uniti, come si sa, sono scossi da una pandemia che ne squassa profondamente il tessuto sociale e politico, provocando malati e morti in numeri stellari. Eppure non ci sono direttive nazionali o un criterio federale che informi e indirizzi le realtà locali, uniformando le pratiche di protezione e di distanziamento sociale, uniche misure che possano assicurare uno stop alla malattia in attesa del vaccino. Le decisioni da prendere sono lasciate ai singoli governatori degli Stati e ai sindaci. Ogni giorno si assiste alla farsa che si ripete ormai da mesi secondo la quale gli esperti, tra cui brilla uno scienziato di origini italiane, Anthony Fauci, emanano direttive e regole da seguire per contenere la malattia, mentre la Casa Bianca si mantiene ondivaga o addirittura nella persona del presidente spesso le ignora o le critica, salvo poi rimangiarsi certi comportamenti contraddetto dai fatti.
L’America è come un corpo senza testa, si dibatte, annaspa senza trovare una soluzione uniforme che fermi il diffondersi del virus. Sembra costantemente in ipossia, sul punto di affogare. Lo sconcerto e il dolore sono palpabili in qualunque mezzo di informazione e in qualunque strato sociale. I cittadini sono confusi e sentono il bisogno di una guida che invece manca. Il consenso nei confronti del presidente scema costantemente e, a tre mesi dalle elezioni, diventa per il partito repubblicano un fenomeno preoccupante. Al presidente viceversa la condizione del paese e il dilagare dei contagi non sembra interessare più di tanto.
Neanche due geni come Steven Spielberg o Stephen King avrebbero potuto immaginare una situazione distopica come quella che si sta verificando oggi in America. Eccetto che ambedue avrebbero proposto soluzioni in positivo o in negativo senza lasciare che il caos e l’incertezza si protraessero troppo a lungo anche perché, si sa, né nel cinema, né nella letteratura questi sono buoni espedienti per tenere viva l’attenzione. Ma loro sono artisti e fanno parte del mondo dell’intrattenimento, non sono chiamati a dirigere un paese. A loro non viene richiesta una leadership anche se mi sembra che con la loro arte, abbiano indicato più loro la strada da seguire di chi sarebbe chiamato a dirigere il paese.
Ah no, scusate un momento, anche Trump è uomo di intrattenimento; solo che è anche il presidente degli Stati Uniti! Chissà forse non vuole assumere quel ruolo di guida, perché ritiene che basti licenziare chi, secondo lui, non risponde ai suoi criteri di gestione dell’azienda o soprattutto non è d’accordo con lui. “You are fired” urlava in The Apprentice e risolveva la situazione. Non funziona così adesso: forse qualcuno dovrebbe ricordarglielo. Ci sono vite in gioco, migliaia di vite. Per lui la famosa frase del film Matrix “Benvenuto nel deserto del reale!” non vale perché ci è sempre vissuto. Non ha empatia nei confronti di nessuno, non gli interessano i problemi della gente, tantomeno il bene comune. Come Commander in Chief dovrebbe tuttavia essere in grado di fronteggiare le emergenze come quella che il paese sta attraversando adesso.
In più in questi ultimi mesi l’America è sconquassata da continue dimostrazioni antirazziste che ormai da mesi infuocano le strade di tutte le più grandi metropoli. Come pensa di rispondere a questa emergenza il presidente Trump? Le ultime notizie informano che manda l’esercito a sedare le rivolte anche se sindaci e governatori non le richiedono, anzi lo consigliano di non farlo. E i danni che i militari combinano sono sotto gli occhi di tutti. A Seattle hanno appena compiuto 45 arresti, ci sono 21 feriti e le violenze nei confronti dei manifestanti non si contano. Black Lives Matter il movimento antirazzista giorno dopo giorno organizza proteste in tutto il paese e nella sua furia iconoclasta distrugge le statue e i monumenti dei padri fondatori americani. Le radici storiche del paese sono messe in discussione e sono scosse da azioni a volte esagerate come quella che ha visto distruggere in questi giorni anche la statua di Cristoforo Colombo a Chicago, dove il sindaco Lori Lightfoot ha affermato che abolirà le celebrazioni per il Columbus Day la data che segna la scoperta dell’America da parte dell’esploratore italiano, per conto della regina di Spagna. Non ci sono giustificazioni a queste azioni estreme che cercano ci censurare una storia seppure disseminata di orrori e di sopraffazione. Ma pur sempre storia che non può essere cancellata. Può essere emendata, criticata, spiegata. Ma non si può espungere ex abrupto. Fatto è che per troppo tempo si sono permesse violenze e forme di genocidio di diversa natura ed entità che oggi fanno esplodere una rabbia repressa a cui non sono state date risposte al momento opportuno.
Nel mezzo di tutto ciò si svolge la campagna elettorale dei due candidati alle prossime elezioni presidenziali. Biden ogni giorno sembra guadagnare terreno a dispetto delle frecciate di Trump il quale vede invece quotidianamente il suo consenso scemare. E dunque adesso, come ultima spiaggia per riconquistare il terreno perduto inasprisce i rapporti con la Cina. Aveva sempre tenuto l’asticella del conflitto ben issata anche se con alti e bassi. Aveva dato la colpa a quel paese dove inizialmente il Covid 19 era stato scoperto di averlo esportato, lo aveva chiamato il “virus cinese” rincarando la dose e chiamandolo poi successivamente con un epiteto razzista “Kung flu”. La sua posizione non era però sempre stato di scontro se, come scrive John Bolton nel suo libro The Room Where It Happened ad un incontro privato durante il meeting del G20 in Giappone nel 2019 si era dichiarato favorevole all’idea dei campi di concentramento per i musulmani che Xi Jinping gli aveva detto, stava costruendo.
Adesso con la situazione che precipita Trump riporta in primo piano il conflitto: la guerra di spie, la chiusura dei consolati, la crociata anticomunista, anche in conseguenza della repressione liberticida di Hong Kong, annunciata dal Segretario di Stato Mike Pompeo con la quale il presidente spera di recuperare una parte dell’elettorato. Le ragioni di questa guerra sono oggettivamente determinate dal fatto che la Cina è riuscita ad uscire da uno stato di relativa povertà e a divenire la seconda potenza economica nel mondo. E questo agli angloamericani non può piacere anche perché l’ha fatto sotto un Partito comunista che certo ha promosso e sviluppato un’economia di mercato forte anche attraverso quella Via della Seta (Belt and Road Initiative) che permette alla Cina di collegarsi all’Europa e all’Africa e a cui era stata invitata anche l’amministrazione Trump che invece ha rifiutato. Questo potrebbe essere infatti un trampolino di lancio per la Cina che potrebbe conquistare quel ruolo di leadership internazionale che gli americani con Trump hanno ormai abbandonato. Va detto però anche che negli Stati Uniti, Trump è stato criticato all’inizio proprio dai democratici e anche dai repubblicani per il suo volere instaurare rapporti con la Russia di Putin e con la Cina di Xi Jinping. Adesso ha bisogno di resuscitare il fantasma dell’anticomunismo per avere il partito repubblicano alle spalle e per vedere di recuperare voti dopo la disastrosa gestione della pandemia. Bisognerà vedere tuttavia quale posizione assumerà al proposito il candidato democratico Joe Biden al quale, se sarà eletto, sarà richiesta una lungimiranza che certo non appartiene al candidato Trump.