Giuliana Bonanni
Finestra sul mondo

Salvate i bouquiniste

A Parigi hanno riaperto i bouquiniste, le librerie di rarità e volumi usati (ma anche souvenir) lungo la Senna. Hanno chiesto protezione all'Unesco per non sparire. E sognano di tornare a essere "antiquari popolari"

Dopo la chiusura per il lockdown, liberati dal malefico sortilegio che li aveva fatti sparire, dall’11 maggio i bouquiniste parigini sono tornati sui lungosenna con le loro bancarelle, grandi “scatole” di metallo verde piene di vecchi libri, fumetti, cartoline e, talvolta, semplici souvenir.

Dei 227 titolari della concessione gratuita del comune di Parigi, sono stati solo fra 140 e i 150 a riaprire i loro forzieri di carte (un tempo?) preziose sui sette chilometri loro destinati fra il ponte Marie e il Louvre, dal quai de la Tournelle al quai Voltaire. Soprattutto nel week end e qualcuno durante la settimana, sono tornati a offrire i loro “bouquins”, letteralmente libri usati, diminutivo dell’olandese boek, libro, che per generazioni hanno fatto la gioia di collezionisti, studenti o semplici lettori colti ma squattrinati. Spesso le bancarelle hanno una loro specializzazione come libri per bambini, fumetti o giornali d’epoca e diventano un punto di riferimento per i clienti abituali che trovano nel bouquiniste una fonte autorevole e ricca di informazioni. In pieno quartiere Latino, molti vendono libri che possono essere utili agli studenti della Sorbona, buona letteratura a poco prezzo, anche se, «ormai i ragazzi leggono tutto sui tablet e la generazione dei bibliofili va man mano scomparendo» come dice sconsolato uno di loro.

Simbolo di Parigi, al pari della baguette come commenta scherzosamente qualcuno, questi piccoli commercianti, molti dei quali figli d’arte, escono provati dalla chiusura e dall’assenza di clienti ma sempre combattivi. In un anno che ha cancellato i mesi migliori per le vendite, da marzo a giugno, molti tirano avanti con i sussidi statali sperando nella ripresa in autunno.

Iscritti all’inventario del patrimonio culturale immateriale francese dell’Unesco, con alle spalle una tradizione di quattro secoli, molti di loro rischiano di non farcela a ripartire. «Molti colleghi ultimamente hanno guadagnato dai 5 agli 8 euro in un giorno e sono così scoraggiati che pensano di non riaprire» dichiara al quotidiano Le Parisien, Jérôme Callais, il presidente dell’associazione culturale dei librai dei lungosenna parigini che si è battuto per l’iscrizione dell’attività nell’inventario dell’Unesco e per la regolamentazione delle vendite. «Abbiamo perso il 90% della nostra clientela, fatta non solo di turisti stranieri o francesi, ma anche degli stessi parigini o provenienti dall’Île-de-France, che non sono ancora ritornati. Ci sono tanti curiosi che passeggiano ma nessuno compra. Già avevamo risentito delle proteste dei gilet gialli e degli scioperi, il nostro lavoro è in grande crisi e l’emergenza sanitaria l’ha reso ancora più precario».

Grazie ad una concessione gratuita del comune, e secondo il regolamento del 1993 firmato dall’allora sindaco di Parigi Jacques Chirac, ogni libraio ha la possibilità di allestire quattro “scatole”, le cui dimensioni sono fissate dal regolamento, tre riservate ai libri e una ad oggetti di piccolo antiquariato, ninnoli e souvenir. La battaglia che Callais porta avanti da anni contro la vendita di souvenir di dubbio gusto e provenienza – è più facile vendere una Tour Eiffel che un libro! – vuole riportare il mestiere alla sua antica natura e alle sue origini, che risalgono al sedicesimo secolo.

Invisi al potere perché si pensava che potessero diffondere testi sovversivi e a volte proibiti, osteggiati dai librai ufficiali, questi ambulanti colti e appassionati ricercatori di rarità nei secoli hanno dovuto superare prove difficili. Scacciati dal Pont Neuf nel 1649 con l’accusa di disonorare il luogo e la letteratura, usati a loro rischio dalla Fronda per far circolare le “mazarinades” contro l’assolutismo del cardinale, minacciati di essere relegati nei mercati negli anni delle grandi ristrutturazioni haussmaniane, colpiti da internet e da Amazon, i bouquinistes si trovano ora a fronteggiare un ennesimo nemico.

Per fare fronte alla crisi, rassicurare i clienti e sopravvivere, Jérôme Callais ha fatto appello al comune di Parigi. Florence Berthout, sindaco del V arrondissement e Jean-Pierre Lecoq, sindaco del VI, hanno organizzato la distribuzione di mascherine e di gel disinfettante per i bouquiniste e i loro clienti. «Dobbiamo fare del tutto per proteggere i bouquiniste e la loro attività culturale» ha dichiarato Florence Berthout a Voice of America. «Non c’è niente di più democratico dei libri – ha aggiunto –. Sono a buon mercato, facili da portare e, al contrario dei computer, non si rompono». Può ben dirlo, figlia di agricoltori del centro della Francia, ha scoperto Shakespeare e Zola grazie ai libri economici comprati dai suoi genitori e oggi è sindaco di una delle zone a più alta concentrazione culturale di Parigi e dell’intero Paese.

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