Riccardo Bravi
A proposito de “Le Tiers temps”

L’incubo di Beckett

Maylis Besserie ha trasformato in un romanzo l'ultimo, difficile anno di vita di Samuel Beckett. Quei mesi nei quali, costretto in clinica per una caduta, tradusse in francese il suo ultimo testo, Stirrings Still: la storia di un uomo che cerca di sfuggire al suo incubo

Le Tiers temps di Maylis Besserie – da poco uscito per Gallimard, pp. 155, euro 18,00 – narra con ineluttabile dovizia di particolari e con una vasta dose di humour le ultime peripezie del drammaturgo irlandese Samuel Beckett, Premio Nobel per la letteratura 1969, durante i suoi trascorsi parigini nella residenza per anziani Le Tiers temps. Scandito in tre atti, il racconto si snoda lungo l’arco del 1989, e propone una versione di Beckett tout court: alternando flashback e altrettanti monologhi interiori, Maylis Besserie trasforma la biografia beckettiana (quasi certamente rifacendosi al monumentale lavoro che Deirdre Bair dedicò quarant’anni or sono al suo più illustre conterraneo) in una sorta di romanzo introspettivo, ricreando a mo’ di prosa poetica tutti quegli elementi che hanno contraddistinto la singolare personalità dello scrittore irlandese: dal rapporto con la terra natia alle divergenze con la madre Mary, dalla venerazione per Joyce e Yeats alla scelta di scrivere in francese abbandonando l’inglese materno, dalla fascinazione per l’opera di Schopenhauer a quella per Dante e Proust. Le lunghe serate alcoliche e i vari episodi che hanno segnato la gioventù di Beckett – come quella della coltellata del ’38 – vengono trasformati in ricordi, interstizi di vissuto tra memoria e quotidianità, nella rievocazione di una accesa vitalità passata rispetto a quella che sta per affievolirsi ora dopo ora al cospetto dei medici e delle infermiere dell’ospizio parigino.

A 83 anni il padre di Godot, dopo una caduta in cucina, viene ritrovato senza conoscenza da sua moglie Suzanne, che tra l’altro morirà poco dopo; presentando alcuni sintomi della malattia di Parkinson (tremolio degli arti a riposo, lentezza dei movimenti, rigidità extrapiramidale associata ad una difficoltà di scrivere e di tenere correttamente in mano la penna) viene di conseguenza invitato a sottoporsi ad un trattamento medico in una casa di cura. Entrerà al Tiers temps smunto, solo, malnutrito ma sempre continuando a bere e a fumare – senza però esentarsi dallo scrivere. Tradurrà infatti Stirrings Still in francese, che diventerà in quei mesi Soubresauts. Vi si parla di un uomo, di cui non si saprà mai il nome, confinato tutto solo in un luogo non definito. C’è un’alta finestra, che però non si apre. L’uomo è costretto a montare su uno sgabello per poter vedere la luce del cielo e a sporgersi per vedere ciò che c’è di sotto. È seduto ad un tavolo e con la testa tra le mani viaggia interiormente. Sogna di viaggi immaginari. Ad un certo punto si ritrova ad alzarsi, sparire e poi riapparire in un nuovo posto. Ma, alla fine, si ritrova sempre allo stesso punto. Si sentono delle urla dal di fuori e un orologio lontano suona tutte le mezz’ore e le ore, segnando inesorabilmente il passaggio del tempo. Ma l’uomo resta sempre “prigioniero” dello stesso spazio. Cerca un’ipotetica porta di uscita da questo incubo ma non la trova… La troverà al Tiers temps il 22 dicembre 1989.

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