Roberto Mussapi
Every beat of my heart

Ungaretti ubriaco d’universo

«Ha sentito il pianto di Leopardi… lo ha trasformato in gioia piena, per amore». Roberto Mussapi commenta “La notte bella” e va al cuore della creaturalità del poeta de “L’Allegria”. A cinquant’anni dalla sua morte

In questi versi di Ungaretti assistiamo al meraviglioso evento notturno di un canto che si leva nell’oscurità, portando il poeta, l’uomo, da “uno stagno di buio” alla gioia primordiale di un bambino che morde lo spazio come le mammelle della madre. Dio lo fa “ubriaco d’universo”.
Cinquant’anni fa moriva il grande poeta della creaturalità, poco più di due anni fa il suo massimo esegeta, l’amico Leone Piccioni.
Ungaretti, nel secolo della crisi, è uno dei poeti che, accettandone la tragedia, la rovesciano, però, attraverso la vita. No, c’è il dolore, il lutto, ma mai “il mal di vivere” dell’universo montaliano. E nemmeno il senso naturalmente visionario della metamorfosi che ispirerà Luzi.
Vita creaturale, elementare e palpitante, quella del poeta che s’illumina d’immenso: ascoltiamo il canto di questa “notte bella”, affascinato prima ancora che affascinante, rapito per subito rapire il lettore, complice e fratello del poeta.
Miracolo primigenio: il battito del cuore, gli occhi si alzano verso le stelle, festa sorgiva del cuore che si sposa, con l’infinito.
È stato in un stagno di buio, l’uomo, come quando nuotava nelle acque primigenie, ameba, all’origine della specie, e poi in quelle del ventre materno, all’origine della sua vita individuale. Ora il bambino è venuto alla luce, è uscito da quel sacro custodente buio, morde lo spazio come alla sua nascita la mammella della madre.
Ebbro, pieno di entusiasmo estatico nell’universo.
Ha sentito il pianto di Leopardi, ne ha pianto, lo ha trasformato in gioia piena, per amore.

 

 

La notte bella

Devetachi il 24 agosto 1916

 

Quale canto s’è levato stanotte

che intesse

di cristallina eco del cuore

le stelle

 

Quale festa sorgiva

di cuore a nozze

 

Sono stato

uno stagno di buio

 

Ora mordo

come un bambino la mammella

lo spazio

 

Ora sono ubriaco

d’universo

Giuseppe Ungaretti

 

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