Schegge di vita
Conto alla rovescia per la cinquina dello Strega. Si conclude la carrellata sui 12 finalisti, con tre romanzi pubblicati da colossi editoriali con i marchi originali: Marsilio (Giusppe Lupo), Sem (Gian Mario Villalta) e Mondadori (Daniele Mencarelli)
Una settimana alla cinquina del Premio Strega, che sarà scelta il 9 giugno con modalità di distanziamento a opera dei 400 Amici della Domenica ai quali si aggiungono 200 voti espressi da studiosi, traduttori, intellettuali italiani e stranieri selezionati da 20 Istituti Italiani di Cultura all’estero, 40 lettori forti selezionati da 20 librerie indipendenti in tutta Italia, 20 voti collettivi espressi da scuole, università, gruppi di lettura per un totale di 660 aventi diritto.
Succedeoggi ha presentato finora nove dei dodici libri in corsa. Ecco gli ultimi tre, accomunati da una caratteristica: fanno parte di colossi dell’editoria italiana, perché pur mantenendo il marchio originario sono nell’orbita di acquisizioni e ingressi societari.
Come Breve storia del mio silenzio di Giuseppe Lupo (208 pagine, 16 euro) pubblicato da Marsilio, una casa divisa quanto a proprietà tra GEM, della famiglia veneziana De Michelis (indimenticabile il fondatore Cesare, illuminato critico letterario ed editore) e Feltrinelli, che nel 2017 ne acquisì il 40 per cento, arrivando l’anno scorso al 55 per cento.
Un romanzo affascinante quello di Lupo, lucano di Atella trapiantato in Lombardia dove insegna letteratura italiana all’Università Cattolica di Milano e di Brescia e che ha già vinto il Selezione Campiello nel 2011 e due anni fa il Viareggio-Repaci sempre con l’etichetta Marsilio. Annota Salvatore Silvano Nigro, che lo presenta all’alloro della Fondazione Bellonci: Breve storia del mio silenzio è insieme una «autobiografia delicatamente fabulosa e un romanzo di formazione, in particolare di educazione alla scrittura letteraria». Il silenzio del titolo è quello della prima infanzia del protagonista, che entra in scena a quattro anni afflitto da una forma di afasia causata dalla notizia che avrebbe avuto una sorellina. Il disturbo del bambino passa presto, ma un altro avvenimento ne segna davvero l’esistenza: un terromoto, che lo fa sussultare a diciassette anni. Nell’inverno, dopo lo scampato pericolo, egli comincia a leggere accanitamente, Cristo si è fermato a Eboli lo impara a memoria. Un modo per superare la paura della morte, questo suo accanimento per la narrativa. Così il romanzo va e viene nei suoi anni, più che periodi storici Lupo le chiama ere, come gli strati della terra che generano le civiltà. L’infanzia, sì, ma poi l’università al Nord, il desiderio forte di diventare scrittore, gli incontri con Raffaele Crovi e appunto Cesare De Michelis. In questo modo l’aura dolce e divertita di quand’era bambino e della Basilicata rurale si intreccia ai sussulti politici ed economici della metropoli lombarda. E Lupo miscela accortamente il prima e il dopo, le entrate e le uscite dei personaggi della sua vita.
La provincia friulana anima invece L’apprendista di Gian Mario Villalta (228 pagine, 17 euro) pubblicato da SEM, acronimo per Società Editrice Milanese fondata tre anni fa dall’ex direttore generale Mondadori Riccardo Cavallero e dall’ex Fastweb Mario Rossetti. Feltrinelli ne possiede il 37,5 per cento, quanto i fondatori, tra gli altri azionisti Maite Bulgari. Ebbene, l’editrice milanese che si distingue per pubblicare contemporaneamente ogni titolo in cartaceo, ebook e audiolibro, già lo scorso anno entrò nella dozzina dello Strega, con Amici per paura di Ferruccio Parazzoli. Villalta, poeta e narratore che vinse nel 2011 il Viareggio, fa reggere tutto il romanzo da due soli personaggi, Fredi e Tilio, l’uno sacrestano, l’altro appunto apprendista, che si ritrovano un’estate a prendersi cura di una chiesa in un piccolo paese. Nei loro dialoghi, in quel luogo simbolico e sacro, si squaderna tutta la vita del borgo, nascite, morti, piccoli e grandi accadimenti, stupori e paure, diffidenza, angoscia, fiducia, felicità. L’esistenza di ciascuno insomma, che si rinserra in quelle solitudini e che nelle riflessioni di due umili «riesce in realtà a far esplodere universi di discorsi storici, sociali e profondamente umani», osserva proponendolo allo Strega Franco Buffoni.
Stralci di autobiografia e squarci nel mondo della supposta malattia mentale nel commovente e fermo romanzo di Daniele Mencarelli, Tutto chiede salvezza (193 pagine, 19 euro) che con il marchio Mondadori esce dal maggiore gruppo editoriale italiano, composto da decine di altri marchi, come quell’Einaudi in gara con ben altri due titoli. Partendo da un’esperienza vissuta sulla propria pelle – sette giorni in Trattamento Sanitario Obbligatorio, cui fu sottoposto quando aveva vent’anni a causa di una violenta esplosione di rabbia – Mencarelli (anch’egli nato poeta, approdato nel 2018 al romanzo) immerge il lettore nella realtà di un reparto psichiatrico, che, al di là di medici svogliati e infermieri superficiali, pullula di umanità: quella dei suoi quattro compagni di stanza – il vitale Gianluca, il sempre presente Giorgio e il sempre assente Alessandro, lo strambo Madonnina, il dolce Mario – che come lui hanno diritto alla “salvezza”: il traguardo al quale, scrive Maria Pia Ammirati presentandolo al Premio, lo indirizza una “cura profonda” che non «può che essere affidata alla parola, unico e salvifico “pharmakon”». Sullo sfondo della calda estate del 1994, mentre prende Roma l’eco dei Mondiali di calcio, quella di Mencarelli è una storia di saggia solidarietà tra chi è travolto della vita tanto da apparire matto.